L’utopia è un progetto politico, sociale, religioso apparentemente irrealizzabile, ma che viene proposto come ideale e modello. Il termine può assumere connotazione negativa se si dà maggior peso alla non realizzabilità (e quindi alla poca concretezza, all’astrazione ecc.), mentre può assumere valenza positiva se si considera come punto d’arrivo per una realtà attualmente non soddisfacente.
Nella filosofia moderna, celebre è l’opera di Tommaso Moro, Utopia (letteralmente: luogo che non c’è, XVI sec.), nella quale il filosofo descrive lo Stato ideale nell’isola di Utopia, dove la vita è retta da basi comunistiche e guidata da principi di tragione e tolleranza.
Alcuni sinonimi di utopia rendono bene il carattere negativo del termine: castelli in aria, fantasticheria, chimera, miraggio.
Utopia: una visione moderna

L’utopia scientifico-tecnologica è spesso sinonimo di fantascienza
L’utopia è generalmente negativa, anche con una definizione moderna fortemente pratica:
un progetto può considerarsi utopistico se non può concretizzarsi in 2-3 generazioni.
Concretizzarsi significa essere accettato da una percentuale significativa di attori. Purtroppo, a causa del romanticismo, noi non abbiamo chiara la distinzione fra sogni e obiettivi. L’I have a dream di Martin Luther King non è utopia perché di fatto l’uguaglianza fra gli uomini è oggi ampiamente riconosciuta e del resto in quei tempi le cose stavano già cambiando, come cantava Dylan (The times they are a-changin’). Quello di King era un obiettivo.
Allo stesso modo, anche quelli di molti filosofi le cui teorie vennero considerate utopistiche per il tempo in cui furono esposte, con la definizione che abbiamo dato non lo sono affatto. Per esempio, a metà del XVIII sec. chi profetizzava un governo per il quale tutti i cittadini fossero uguali, non era un utopista perché di fatto la rivoluzione francese, di lì a breve, avrebbe realizzato quell’obiettivo (non quel sogno). Così uno scienziato che nel 1800 pensava di andare sulla Luna era un utopista, mentre non lo era Wernher von Braun che ci pensava nel 1950.
Nessuno può sapere con certezza se un’idea è utopistica oppure no, ma il buon senso ci aiuta a valutarlo. Per esempio appare un utopista chi si affida all’ibernazione sperando in un progresso tale da poter essere risvegliato dopo la morte. Occorre distinguere fra un’affermazione e la sua implementazione. Se affermo che per sconfiggere la fame nel mondo ogni individuo dovrebbe avere a disposizione 1.000 kcal al giorno, non sono utopistico, affermo una verità fra l’altro difficilmente contestabile. Posso diventare utopistico se mi limito a vagheggiare che la cosa sia possibile o se propongo soluzioni altamente improbabili.

Alcuni sinonimi di utopia rendono bene il carattere negativo del termine: castelli in aria, fantasticheria, chimera, miraggio
Politica dei piccoli passi
Una persona concreta la usa per evitare di utilizzare implementazioni utopistiche di ciò che ritiene corretto. Per esempio, per arrivare sulla Luna occorre prima compiere un volo di qualche centinaia di metri. Anziché sognare la conquista del nostro satellite, nel 1850 uno scienziato avrebbe fatto meglio a porsi come obiettivo quello dei fratelli Wright.
Così, data la riduzione dell’antropentropia come soluzione al problema ambientale, ecco che si possono stilare obiettivi intermedi. La riduzione della popolazione mondiale non è poi così utopistica. Nei Paesi più avanzati economicamente, la crescita è già sullo zero; se si pensa all’Italia di 50 anni fa e alla sua crescita demografica, non è un’utopia pensare che in molti altri Paesi si raggiunga questo obiettivo nelle prossime 2-3 generazioni. Quello che occorre è che i politici e i sociologi smettano di vedere come negativo (crescita zero) un fatto che in realtà è positivo. Ci potrebbe volere un anno o un millennio.