La strategia del giovane è una strategia di vita molto importante perché consente di opporsi in maniera convincente a negative strategie “adulte” come quella del carcerato e a molti condizionamenti che avvelenano la vita. Innanzitutto, facciamo notare che molte persone rimpiangono i migliori anni della loro vita, quelli delle scuole superiori e dell’università. Anche chi cresce con un’ottima qualità della vita spesso deve riconoscere che il livello di qualità di quegli anni è stato avvicinato, ma non superato. Solo se in quegli anni si sono vissute esperienze negative (per esempio episodi di bullismo, difficoltà familiari ecc.), si tende a dimenticarli e a passare oltre.
Si direbbe che il giovane sia facilitato nell’essere felice. Poi cresce e, distrutto dai condizionamenti, entra in un’esistenza né carne né pesce, che, nella migliore delle ipotesi, può andare dalla sufficienza a un buon voto, ma mai al top.
Il giovane studia e non lavora. Per quanto lo studio lo impegni, molti ragazzi riescono a ottenere buone prestazioni senza dedicare allo studio tutta la giornata, il che permette loro di vivere momenti ben più intensi. Anche a scuola ci si può divertire, molto di più di quanto possa fare un adulto sul posto di lavoro. L’adulto è condizionato dal fatto che si “deve lavorare”, il giovane sul fatto che si deve studiare, ma è ben conscio che lo deve fare con l’efficienza migliore (a seconda dei suoi obiettivi), non è necessario studiare otto ore al giorno.
Il giovane può dare importanza al denaro, peraltro fornito spesso dai genitori, ma non come ostentazione del proprio stato, quanto come mezzo per vivere meglio. Solo i giovani più “vecchi” vogliono maggior denaro per apparire, sono gli apparenti del futuro.
Il giovane può innamorarsi, ma pochi pensano al matrimonio o, addirittura, ai figli: avere un figlio mentre si studia è spesso visto come una mezza sciagura, a riprova che il giovane ha ben presente che la sua vita peggiorerà. Solo il giovane già spento dai condizionamenti si vede “con la sua famiglia”.
Il giovane “maturo” si è staccato dai genitori e non si vede certo come il bastone della loro vecchiaia.
Tranne casi pesantemente condizionati fin da piccoli (diventeranno mistici da adulti), il giovane non è particolarmente attratto dalla religione, molti sono “agnostici naturali”.
Anche se hanno molto tempo libero, la solidarietà e i doveri sociali sono tipici di quei giovani già vecchi che sentono la pressione degli adulti e “crescono prima del tempo” spesso senza avere la maturità dell’adulto, quindi con azioni e idee che appaiono ingenue e inconcludenti.
Fra i giovani la personalità del contemplativo, dell’intellettuale (per il quale la cultura non è solo condizione facilitante, ma addirittura necessaria per la massima qualità della vita) viene bocciata con la classica figura del “secchione” che non è quella di chi ha scuola ha tutti dieci, ma quella di chi studia otto ore al giorno!
Alla fine di questa analisi molti penseranno che il giovane sia solo un immaturo, senza capire che questo giudizio è frutto della loro invidia per non riuscire ad avere quella libertà che il giovane porta con sé e che gli permette una migliore qualità della vita.
Concludendo
(1) la strategia del giovane è il primo passo verso una vita orientata alla ricerca della felicità e della massima qualità della vita.
In altri termini,
(2) ognuno non dovrebbe rinnegare la mentalità che aveva quando era giovane. Crescere vuol solo dire perfezionarla ulteriormente.
Degenerazioni della strategia del giovane
“Cresci, diventa adulto” è spesso l’assurdo consiglio dato a giovani che vogliono evitare gli aspetti più negativi dei condizionamenti. L’esortazione in sé è troppo vaga e, se data da una persona che ha i problemi di tanti adulti, è senza nessuna particolare credibilità.
D’altra parte, una volta finita la scuola, le cose cambiano e quindi come fare per rispettare la (1) e la (2)?

Evitare i condizionamenti è per il giovane una condizione necessaria per non riempire la propria vita di tanti problemi
Switch da scuola a lavoro – Molti giovani non capiscono che è necessario scegliere una strategia in funzione delle loro condizioni di partenza e delle loro potenzialità. Invece, molti:
- Continuano a pretendere che i genitori li mantengano; cioè rinunciano a essere persone autosufficienti (i cosiddetti bamboccioni)
- Continuano a pretendere che lo Stato li mantenga; un conto è perorare il reddito universale (peraltro non ancora attuato in nessun Stato) per perseguire la strategia dell’artista e un conto è cercare scappatoie per lavorare il meno possibile. Il giovane diligente dovrebbe aver capito che il lavoro è una necessaria condanna sociale: che poi decida per la strategia del traguardo, per quella della libertà ecc. questa comprensione è il primo passo per accettarla.
- Scelgono un’errata strategia lavorativa. Hanno dato scarso peso agli studi e pretendono di avere lavori dove le competenze hanno una grande importanza; altri non riescono a capire che non hanno le caratteristiche per una strategia dell’artista e insistono, collezionando una serie innumerevoli di fallimenti.
- Confondono il concetto che il lavoro è una condanna sociale con quello che si deve lavorare il meno possibile e spesso male. Più si lavora meglio e più di ottiene dalla propria condanna. Chi persegue la strategia del traguardo più lavora bene e prima arriverà alla meta; chi persegue quella libertà più lavora bene e più libertà (e meno problemi) avrà ecc.
- Hanno la possibilità di lavorare poco (grandi condizioni facilitanti), ma per i condizionamenti ricevuti, peggiorano la loro vita autoconvincendosi che “a loro il lavoro piace”. Occorre metterli alle strette con il domandone sul lavoro: “se prendessi la stessa cifra senza lavorare (cioè se non fossi pagato dal tuo lavoro), continueresti a lavorare?”. Molti risponderebbero “ma che senso ha lavorare gratis?” di fatto ammettendo che a loro il lavoro non piace (una qualunque attività che piace la si fa gratis); altri “no, ma potrei lavorare di meno (part-time)”, senza capire che, se lavorassero di meno prenderebbero di meno e il domandone si riproporrebbe. Quelli che sarebbero disposti a lavorare non ricevendo nulla dal proprio lavoro dovrebbero capire che quello che fanno è un’attività economica, non un lavoro (strategia dell’artista al 100%).
Switch da scuola a famiglia – Pressati dai condizionamenti sociali, molti cambiano idea sul matrimonio o sui figli. Nel primo caso, anziché soluzioni meno coinvolgenti (come convivenza o relazione senza convivenza), decidono di sposarsi perché pressati da genitori, esperienze simili di amici, eventi (la classica gravidanza indesiderata): analogamente, dopo qualche anno di convivenza/matrimonio decidono di avere figli perché si “deve”. Quella che da studenti era una mezza sciagura diventa una “scelta matura”… sì, matura per peggiorare la qualità della propria vita, basta notare quanti genitori parcheggiano i figli di qua (nonni) o di là (asilo) non solo perché è necessario, ma per “respirare un po’”…. Il matrimonio dovrebbe essere scelto da chi è assolutamente convinto che durerà decenni, chi ha dei dubbi o peggio pensa che il divorzio sia una soluzione se l’unione non funzionerà, dovrebbe astenersi e puntare su altre forme di relazione. Analogamente, avere figli ha senso solo se si fanno per amore e questo amore deve essere presente già da giovani; inoltre, non deve essere una scelta fatta per sé (per avere uno scopo nella vita), ma per i figli, chi non è convinto della relazione con il partner dovrebbe astenersi: troppo coppie continuano a litigare per i figli (e quindi a peggiorare la propria vita) proprio perché la coppia è… scoppiata.
Tempo libero – Le scelte che si fanno quando si diventa adulti, seppur corrette (switch ottimali), non dovrebbero penalizzare la ricerca e la possibilità di vivere oggetti d’amore. Anche se alcune scelte possono limitare i propri oggetti d’amore, una scelta è corretta solo se tale limitazione è consapevolmente temporanea (come nella strategia del traguardo).