Per il Neocinismo la sostenibilità ambientale è uno dei dieci condizionamenti, si potrebbe parlare di condizionamento del terzo millennio. Come molti condizionamenti, la sostenibilità ambientale non è un concetto negativo, come per esempio non lo è il matrimonio (che diventa un condizionamento quando è visto come condizione necessaria alla felicità). Diventa un condizionamento quando:
la sostenibilità è ritenuta una condizione sufficiente alla difesa dell’ambiente.
Dietro a questo errore, da un lato c’è la volontà di un nuovo ecologismo (lodevole), ma dall’altro ci sono o possono esserci posizioni di comodo che si basano spesso su una miope visione del futuro.
Il vecchio ecologismo
La difesa dell’ambiente del XX secolo ha avuto il grosso difetto di parlare alla gente per simboli e per paure. Da un lato i simboli non consentivano di ottenere risultati concreti perché spesso, mentre si salvava un albero plurisecolare (di cui, alla stragrande maggioranza della popolazione, importava comunque poco), alle proprie spalle veniva distrutta una foresta (miopia ecologista); dall’altro le paure avevano un’azione prettamente negativa, di veto, senza che fossero proposte valide alternative, con il risultato che una cospicua parte della popolazione, per ragioni varie, non le prendeva assolutamente in considerazione.
Consideriamo un “vecchio” ecologista; anche se non tutte, probabilmente ha gran parte di queste caratteristiche:
- va in bicicletta e usa i mezzi pubblici quanto più possibile
- ha comprato una delle auto meno inquinanti del mercato
- fa la raccolta differenziata
- usa le lampadine a basso consumo
- sul tetto di casa sua ha installato i pannelli solari
- si nutre solo di frutta e verdura di stagione e della sua terra, per evitare l’inquinamento dei trasporti della merce
- magari è vegano, è contro la caccia e la vivisezione
- è contro grandi opere che deturpano il territorio
- fa la doccia e non il bagno per risparmiare l’acqua
- beve acqua del rubinetto per non inquinare con la plastica delle bottiglie di acqua minerale
- è contro il nucleare
- ecc.
Cosa non va nella sua posizione? La sua è una posizione soft (anche se per molti versi appare estremistica). Il vecchio ecologista sceglie delle “pezze” che prolungano l’agonia della natura. Comincia con il considerare ciò che naturale non è (l’inquinamento delle città, la città è un concetto tipicamente umano; l’allevamento degli animali, la caccia ad animali allevati o la vivisezione saranno tutte pratiche discutibili, ma con la natura non c’entrano nulla) e termina con soluzioni che sono solo provvisorie.
Ognuna delle soluzioni che attua è frutto dell’incomprensione che ritarda solo l’inevitabile perché è un miglioramento solo percentuale: la raccolta differenziata consente un risparmio notevole di risorse naturali? Vero, ma se la popolazione raddoppia o i nostri consumi raddoppiano, la situazione peggiora; risparmiamo il 30% di energia elettrica, ma se sul pianeta la popolazione aumenta del 40% è peggio di prima.
Certo, un ventenne di oggi può sostenere che, se tutti facessero come lui, prima che la situazione peggiori, sarà già morto.
Questa però è una posizione egoistica, del tutto simile a quella del cinquantenne che sostiene che “non fa nulla perché per almeno altri 30 anni la natura continuerà a vivacchiare, poi a lui non interesserà più”.

La locuzione sviluppo sostenibile (da cui deriva il concetto di sostenibilità ambientale) è stata introdotta per la prima volta dal Rapporto Brundtland della Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo (1987)
Sostenibilità ambientale: la nuova “magica” strategia
L’elenco precedente può essere sensato, ma da un lato non basta e dall’altro ogni azione appare non coordinata con le altre.
Ecco allora che entra in gioco la sostenibilità ambientale definita come
la caratteristica di un processo o di uno stato che può essere mantenuto a un certo livello indefinitamente.
Provate a rileggere la definizione e troverete facilmente il punto debole.: la parola “indefinitamente”.
Provate a pensare che se invece di 8 miliardi sulla Terra fossimo 80 miliardi. Anche un bambino capirebbe che le soluzioni “sostenibili” non sarebbero più tali e collasserebbero travolte dai numeri. Già oggi, molte soluzioni sostenibili (come megaimpianti di energia fotovoltaica che si sono mangiati chilometri quadrati di verde o impianti di energia eolica talmente estesi e fitti da essere un pericolo ambientale per la fauna o la nozione stessa di plastica riciclabile che comunque richiede imponenti risorse umane per la raccolta e il riuso ecc.).
La sostenibilità ambientale diventa l’alibi del trucco dell’illusione applicato all’ambiente: illudiamo la gente che una soluzione possa avere risultati definitivi semplicemente perché si scoprirà la verità fra tanto tempo, un tempo al di fuori dello spazio temporale di chi propone la soluzione.
Sostenibilità ambientale e coscienza ambientale
Una coscienza ambientale moderna non può accontentarsi della sostenibilità ambientale, ma deve passare anche attraverso il concetto di antropentropia, una grandezza che può misurare oggettivamente il livello di invasione della natura da parte dell’uomo.
Scopo di una moderna coscienza ambientale è il controllo dell’antropentropia.
Ovviamente non è pensabile che si possa affidare un controllo così importante solo al singolo (che comunque deve fare la sua parte!); come per la legge e la solidarietà, deve essere la società a farsi carico di mediare gli egoismi individuali, cercando quella mediazione fra uomo e natura che offra i migliori risultati possibili. Come fare praticamente per ridurre l’antropentropia?
Occorre entrare in una nuova dimensione personale e sociale dove sono messe in discussione molte scelte che in passato erano ritenute corrette.
Poiché si può lavorare su due parametri (l’antropentropia è definita come A=S*N, dove S è la superficie antropizzata media e N il numero di uomini), vediamo le due strade. Si tratta di spunti di riflessione, il punto di partenza per capire cosa di innovativo ci può essere in materia di ambiente.
Il controllo di N
Non si tratta solo di attuare generiche politiche demografiche di controllo delle nascite, come se il problema riguardasse solo il Terzo Mondo. Significa capire in primis che il problema riguarda tutti, occorre cambiare valutazione sulla procreazione.
Avere più di due figli è un atto di egoismo ambientale
e quindi non va incentivato. Detta così può sembrare una frase troppo distante dal pensiero comune, ma se la natura è di tutti, occorre capire che chi genera famiglie numerose toglie, di fatto, natura agli altri. Non c’è nessuna ragione, se non personale, per avere più di due figli. Anche dal punto di vista sociale, l’invecchiamento della popolazione non va combattuto facendo più figli, ma insegnando agli anziani a invecchiare meglio (cioè a non diventare vecchi).
A livello di Paesi,
vanno aiutati i Paesi che adottano un’oculata politica di controllo demografico.
Se la popolazione di un Paese del Terzo Mondo raddoppia nel giro di 50 anni, averlo aiutato a superare la fame e la povertà non è che un boomerang per il pianeta Terra. Che senso ha che gli abitanti del pianeta si impegnino a ridurre ognuno del 30% il loro contributo inquinante nel periodo X, quando nello stesso periodo la popolazione raddoppia?
Il controllo di S
Indubbiamente si può lavorare su più fronti, su tutti quelli che comportano un’antropizzazione del territorio.
Energia – Le politiche energetiche devono basarsi sul risparmio concreto. Niente più simboli o utopie. Non ha nessun senso spegnere le luci di casa per 5′ quando poi si tengono accese per migliaia di ore luci a scopo puramente ornamentale (avete mai pensato alle luci accese nei cimiteri per tenere compagnia ai morti?).
Se non si può tornare a vivere come nel 1800, sicuramente non ha senso sprecare energia. Sono gli sprechi che vanno condannati, quelli non motivati da un fine concreto. Le energie devono essere riclassificate in base al loro impatto sulla natura, non solo se sono più o meno naturali. La vicenda dei biocarburanti dovrebbe insegnare qualcosa: prima di proporre una forma di energia occorre valutare se, affinché essa dia risultati concreti, l’impatto non sia devastante. Occorre comprendere che,
affinché un’energia sia sostenibile, deve mantenere la sostenibilità soddisfacendo il bisogno totale di energia.
Si pensi all’energia fotovoltaica: con l’attuale tecnologia non è una forma di energia sostenibile perché, per soddisfare il bisogno globale, bisognerebbe tappezzare l’intera penisola di pannelli. L’impiego di tante forme, rispettando la sostenibilità singola, forse può essere una soluzione, ma non esistono certezze in materia.
Costruzioni – Anche le costruzioni devono rispettare la sostenibilità ambientale. È abbastanza assurdo continuare a costruire accontentandosi di avere città vivibili con molto verde. Il verde di un bel parco cittadino sta al vero verde di un bosco o di una palude come le attenzioni di una prostituta stanno al vero amore.
Molto spesso gli amministratori locali inneggiano all’inaugurazione di un nuovo parco naturale: quasi sempre non è che il pretesto per prendersi tutto il resto e, fra 50-100 anni, quando il resto non basterà, i loro eredi si prenderanno anche il parco. Si devono recuperare le aree dismesse nelle città e nei comuni, si devono utilizzare per espansioni future aree ormai degradate, si devono utilizzare costruzioni verticali anziché orizzontali (come già insegnava Le Corbusier) ecc. Tutti concordano sul fatto che è uno scempio costruire un villaggio turistico su una splendida spiaggia. Tutti dovranno capire che è uno scempio consentire alle città di espandersi a macchia d’olio solo per soddisfare la vanità di umani che vogliono una casa più grande e più bella, in mezzo al verde. Tutti devono capire che, a prescindere dai costi, costruire 100 uffici in orizzontale occupa una superficie cento volte superiore rispetto al costruirli in verticale. Pensiamo che su una grande portaerei (0,025 kmq) vivono e lavorano circa 5.000 persone.
Ovviamente non si vuole arrivare a ciò, ma è contro ogni politica ambientale permettere che 4.000 persone si facciano una villetta in orizzontale distruggendo 1 kmq di verde. Su punti come questo l’ecologismo sociale dovrà lavorare moltissimo per cambiare la mentalità dei singoli.
Parliamoci chiaro:
chi va a vivere (o sogna di farlo) in una nuova costruzione che ha sottratto un pezzo di verde non ancora antropizzato non ha una coscienza ambientale
perché, se tutti facessero così, l’ipotesi del cemento sarebbe definitivamente realizzata.
Si noti come i detrattori delle costruzioni verticali fanno notare che occorre più energia per gestirle (vedi ascensori); dimenticano che mentre lo spazio naturale delle costruzioni orizzontali è ormai perso per sempre, l’energia di gestione di quelle verticali è in continua diminuzione grazie al progresso tecnologico.
Strade e infrastrutture – Purtroppo strade verticali non sono possibili e quelle sotterranee sono improponibili, ma anche in questo caso è fondamentale capire che non è la dimensione dell’opera che dà il suo contenuto di antropentropia: dieci strade piccole che si stendono su un territorio come una ragnatela lo massacrano, perché fra esse nasceranno case e nuove infrastrutture finché tutto sarà antropizzato: molto meglio una sola grande strada che lo taglia in due. In molte regioni non è più possibile costruire strade (magari per risparmiare 5′ su un’ora di percorso) senza aumentare oltremisura l’antropentropia.
Appare il curioso il fatto di molti ambientalisti che sono disposti a lasciare l’auto per la bicicletta e non si oppongono alla costruzione di piccole strade di collegamento che allargano senza scampo la mano dell’uomo sull’ambiente. Una visione moderna del lavoro e dei rapporti umani porta a concludere che non c’è bisogno di altre strade.
Agricoltura – Necessaria al sostentamento umano, non si può prescindere dal concetto di resa affinché l’antropentropia sia bassa. Ecco perché non ha senso essere prevenuti nei confronti degli OGM: anziché bonificare una palude per avere un nuovo campo di cereali, è meglio raddoppiare la produzione di quello preesistente, lasciando la palude.
Attività umane – Al di là di altre considerazioni etiche (che spesso hanno portato i vecchi ambientalisti su posizioni assurde e poco popolari: un conto è essere contro le pellicce di leopardo, animale libero, e un conto è essere contro le scarpe di cuoio ottenute da animali di allevamento; la prima posizione è ecologica, la seconda può essere ragionevole, ma con la difesa dell’ambiente nulla c’entra), hanno un senso solo se non diminuiscono la fauna e la flora e non aumentano l’antropentropia.
Caccia e pesca sono ammissibili solo se sono sostenibili; l’uso di animali per l’abbigliamento o il benessere dell’individuo ha senso solo se essi provengono da allevamenti; la costruzione di impianti sportivi (pensiamo a un autodromo) non deve sottrarre risorse ambientali ecc.
Alimentazione – Parallelamente a una più moderna gestione dell’agricoltura, è necessario limitare anche l’alimentazione umana nei Paesi più ricchi. La lotta al sovrappeso e all’obesità ha un riscontro anche ambientale perché, di fatto, riduce le risorse di cui noi fruiamo. Realisticamente un 20% del cibo attuale o va sprecato o è assunto in modi salutisticamente discutibili (quantità eccessive).
Consumi – Occorre capire che quanto più consumiamo tanto più aumenta la superficie S (intesa in senso lato) destinata ai rifiuti.
Si deve quindi pensare a ridurre i consumi, evitando sprechi inutili, dalle bottiglie di plastica per l’acqua (che senso ha oggi l’acqua minerale, visti i costi ambientali dei trasporti e dello smaltimento della plastica?) ai sacchetti che immancabilmente ci forniscono al supermercato (non ci si può portare il proprio da casa?). Occorre promuovere strategie (raccolta differenziata) che siano in grado di minimizzare S.
Dopo aver letto queste righe, fate un esame di coscienza e chiedetevi a che punto è la vostra coscienza ambientale. Non usate logiche di comodo per autoassolvervi (“in fondo, la casa alla periferia del paese, in quel nuovo villaggio, se non la compravo io la comprava qualcun altro! Peccato che, se non la comprasse nessuno, i costruttori si farebbero una “coscienza ambientale” loro malgrado).
Se avete notato in questo articolo sulla sostenibilità ambientale non si parla né dell’inquinamento delle città né di specie in via di estinzione, né dei ghiacci polari che si sciolgono né della foresta amazzonica che scompare ecc. Può sembrare riduttivo, ma questi sono problemi conseguenti alla cattiva comprensione del concetto di antropentropia. Le specie in via di estinzione sono tali perché l’uomo si allarga sempre più, i ghiacci si sciolgono per l’effetto serra, ma è un po’ ridicolo parlare di limitare le emissioni del 10% nei prossimi dieci anni se poi la popolazione umana raddoppia in 50 anni.
La foresta amazzonica scompare, ma, che sia colpa o no delle multinazionali, è abbastanza assurdo negare, a una popolazione sudamericana che cresce, lo spazio per coltivazioni che devono sfamarla (ciò che è accaduto alle foreste europee dal XIV secolo in poi).
Sull’inquinamento delle città, beh è un problema su cui la natura sorride, una specie di vendetta per la stupidità degli uomini che non sanno nemmeno sopravvivere a sé stessi.
Manuale di cultura generale – Ecologia oppure a Psicologia