Prima di esaminare il concetto di senso di colpa, occorre precisare che esso è il sentimento che nasce da uno stato emotivo di rimorso (che quindi è un concetto diverso!). Passiamo in rassegna le teorie più convincenti, valutando le quali è importante capire cosa fa passare da rimorso a senso di colpa.
Secondo Mowrer sarebbe collegato a modi comportamentali vietati.
Secondo un’altra teoria deriverebbe dallo squilibrio tra il proprio benessere e la percezione della sofferenza altrui (tipico il caso di chi sopravvive a un incidente stradale nel quale è invece perita una persona cara).
Un’ulteriore teoria a carattere “sociale” usa il termine “autodiretto” per indicare il senso di colpa che nasce dalla differenza esistente fra un’immagine ideale di sé e l’immagine che si percepisce concretamente. Nascerebbe cioè dal “non essere all’altezza” e troverebbe terreno fertile in una personalità fortemente autocritica.
Secondo Freud il senso di colpa risalirebbe al momento dello sviluppo mentale nel quale non si percepisce una netta distinzione tra pensiero e realtà.
Senso di colpa e realtà
Qualunque sia la teoria che si preferisce, è possibile “scavalcarla”, comprendendo che il senso di colpa nasce sempre da un’errata valutazione della realtà circostante (quindi delle precedenti definizioni quella di Freud sembra ancora quella più profonda).
Secondo una visione tradizionale, ma molto discutibile, un’educazione equilibrata (famiglia, scuola ecc.) consentirebbe alle persone di trovare un soddisfacente equilibrio tra capacità di sentirsi in colpa e amore per sé stessi.
In realtà, questa visione è la causa principale degli effetti negativi (e a volte devastanti) del senso di colpa. Cosa vuol dire soddisfacente equilibrio? L’espressione sa molto di compromesso e come tale rivela comunque una dose di negatività.
Per il Personalismo il senso di colpa non è mai motivato positivamente ed è semplicemente frutto di una cattiva comprensione del mondo e della strada che serve per arrivare alla felicità. Infatti, considerando le quattro regole:
- Non pretendere che il mondo si adatti a te
- Se fai sempre gli stessi errori non migliorerai mai
- Per migliorare la tua vita devi essere disposto a cambiare
- Autostima, forza di volontà e autosufficienza sono pilastri della felicità
si comprende facilmente che nulla è più vero del vecchio proverbio che dice che è inutile piangere sul latte versato. Questo è ciò che blocca il passaggio da rimorso a senso di colpa.
Infatti, se analizziamo le varie teorie principali scopriamo che:
Il vietato – Assurdo provare senso di colpa perché “facciamo qualcosa di vietato”. Il soggetto che “cede” e fa qualcosa che lui stesso vede come “vietato” (se è vietato dalla collettività, ma per lui è un diritto non c’è senso di colpa) è in genere un soggetto privo o con scarsa forza di volontà anevrotica. Il senso di colpa nasce dalla scarsa capacità di autocontrollo.

Il senso di colpa nasce sempre da un’errata valutazione della realtà circostante
Il patosensibile – Assurdo sentirsi in colpa per le sofferenze degli altri. In qualche parte del mondo in ogni istante c’è qualcuno che soffre (come del resto qualcuno che gioisce); se sentirsi in colpa fosse giustificato, la nostra vita scorrerebbe nella più assoluta tristezza.
Il riprovevole – Questo è forse il caso più comune: si fa qualcosa che noi comunque condanneremmo se fatto da altri e ci si sente in colpa; l’immagine di noi è lontana da quella ideale. L’immagine ideale può essere creata da noi stessi, dai nostri genitori, dai nostri superiori ecc. Chiunque sia l’artefice dell’immagine ideale, se si ha:
- Una buona autostima
- Si è disposti a migliorare la propria vita, cambiando qualcosa
- Se si vuole evitare di rifare sempre gli stessi errori
il senso di colpa non si attiva e il rimorso viene utilizzato “positivamente”. Infatti, con una buona autostima siamo in grado di giudicare se l’immagine ideale ha un senso o è troppo rigida. Con i punti 2) e 3), appurato che possiamo giustamente migliorare, anziché “piangere sul latte versato” impieghiamo le nostre energie per far tesoro del nostro comportamento non ottimale e per migliorarlo alla prossima occasione. Punirsi è solo un gesto stupido, di un immobilismo estremo, di nessuna utilità per il futuro. In questo caso, il senso di colpa è immotivato quanto l’immobilismo di chi scusa sempre i propri errori (buonismo), ripetendoli all’infinito. L’unico comportamento intelligente è rimboccarsi le maniche e migliorare, trovando gioia e soddisfazione in ogni piccolo infinitesimo passo in avanti.
Notiamo quindi come nel Personalismo molti concetti penalizzanti (“senso di colpa”, “senza sofferenza non c’è dignità” ecc.) siano automaticamente eliminati dalle regole che servono alla soluzione spontanea dei problemi quotidiani.
Senso di colpa: la soluzione
Approfondiamo il senso di colpa più comprensibile, quello punitivo, legato ad azioni, magari involontarie, che hanno causato danni irreversibili: ci sentiamo in colpa perché per causa nostra abbiamo fatto del male, abbiamo sbagliato e con il senso di colpa ci puniamo per il danno arrecato. In questo caso la persona equilibrata investe le sue energie per riparare al danno che ha fatto e, se il danno è irreparabile, anziché punirsi senza costrutto, cerca di impiegare le sue forze per migliorare sé stessa e la condizione di coloro che ha fatto soffrire. Se con l’auto ho ucciso un bambino perché guidavo ubriaco, posso scontare la pena, aiutare la famiglia del piccolo, posso darmi da fare per uscire dal tunnel dell’alcol e perché altri non ripetano il mio stesso errore: avrò imparato dai miei errori e avrò fatto qualcosa di molto più utile che non buttarmi sotto a un treno (senza risolvere nulla!).