Il ritardatario cronico soffre di una malattia? Sembrerebbe pensarla così Tim Urban, uno scienziato americano che ritiene che quelle persone in cui il ritardo cronico diventa una parte integrante della loro esistenza siano malati e ha coniato per esse una definizione ben precisa Chronically Late Insane People (Clips), vale a dire: “Persone disturbate da ritardo cronico”.
Altri ricercatori non sono però concordi con il loro collega statunitense e, in effetti, il ritardo cronico non è menzionato nel DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali).
Come Urban sembrano pensarla altri, però; qualche anno fa (per l’esattezza nel 2013), per esempio, in Gran Bretagna a un uomo è stata appunto fatta la diagnosi di ritardo cronico.
Secondo i medici del Ninewells Hospital di Dundee il disturbo dipenderebbe dalla stessa area del cervello coinvolta nel deficit di attenzione e iperattività, ingannando la persona affetta dalla patologia sui tempi necessari per recarsi a un appuntamento e per svolgere tutte le azioni che lo precedono.
Francamente la motivazione non sembra affatto convincente e appare come uno dei classici modi con cui medici che mai vinceranno il Nobel arrivano all’attenzione dei media. Infatti è banale capire che, anche sottostimando i vari tempi coinvolti, se uno vuole arrivare in tempo a un appuntamento a cui tiene moltissimo ci arriva! In realtà, il ritardatario cronico è un soggetto con una personalità non equilibrata e non si può far risalire il tutto a un problema neurobiologico.
Ritardario cronico: come cambiare
Le cause del ritardo cronico possono essere di svariata natura, a seconda della personalità critica coinvolta. Per migliorare non c’è che un modo:
eliminare la personalità critica coinvolta!
Di seguito analizziamo le personalità critiche maggiormente coinvolte nel problema.
Deboli (difesa antistress)
La motivazione che sta alla base di questa tipologia di ritardatari è che fare le cose in fretta stressa, dovere avere degli appuntamenti rigidi fa andare fuori di testa ecc. Il baco in questo ragionamento è semplice: non si risolve il problema, lo si aggira. Chi si stressa perché deve arrivare in orario vuol dire che ha una capacità molto bassa di reagire allo stress e la scelta di essere ritardatari per difesa vuol dire che non si ha nessuna intenzione di alzare la reazione allo stress, ma di evitarlo.
Purtroppo la strategia fa acqua da tutte le parti perché non è possibile annullare gli stimoli stressanti: quando, nonostante i tentativi di fuga, si è costretti ad affrontare una situazione stressante si crolla miseramente. Ho conosciuto persone che non portano l’orologio (sostituito spesso da un bel bracciale) perché le mette in ansia e dà loro fastidio. Il problema era che ritenevano la loro scelta come la trovata più strabiliante dell’ultimo secolo.
Svogliati (scarsa reattività psicofisica)
Diventa ritardatario cronico per scarsa reattività chi non possiede una forza psichica sufficiente a controllare il proprio fisico. È il caso di chi arriva sempre in ritardo al lavoro o a scuola perché si sveglia all’ultimo minuto, incapace di considerare il risveglio in maniera ottimistica come l’inizio di una nuova giornata piena di gratificazioni. Il risveglio è vissuto come qualcosa di negativo, una punizione per il nostro corpo. Meditate su questo passo de La felicità è possibile:
“Pensiamo a tutti coloro per i quali alzarsi alla mattina è un vero e proprio dramma o che in vacanza non fanno che dormire, a chi cioè usa ogni momento disponibile per riposare. A parte la pigrizia, che non può comunque essere una virtù, l’incapacità di vincere la difficoltà del risveglio con la voglia di incominciare una nuova giornata in cui si possono amare le cose che ci sono più care (e nella quale possiamo tuffare la nostra gioia di vivere) è spesso l’indicazione che in realtà non abbiamo nulla da amare, che il lavoro che ci accingiamo a fare è per noi un peso insopportabile. Aspettare il week-end o le ferie per poter riposare vuol dire sostanzialmente avere una vita senza nulla per cui valga la pena rimanere svegli. Forse è opportuno riflettere e cercare il cambiamento“.
Notate che abbiamo parlato di “alzarsi alla mattina” e non di “alzarsi presto alla mattina”. Nessuno vuole mettere in discussione che otto o nove ore di sonno siano l’optimum per la maggior parte delle persone. Nella tipologia dei ritardatari per scarsa reattività non rientrano solo coloro che hanno difficoltà al risveglio, ma anche tutti coloro che hanno una personalità astenica senza avere una forza di volontà sufficiente per dominarla. La pigrizia che induce il soggetto a diventare ritardatario è un esempio abbastanza chiaro.
Irrazionali (la scelta esistenziale)
L’arrivare cronicamente in ritardo (di un minuto, una settimana o un mese non ha importanza) è dovuto alla valutazione ottimistica che tutto vada bene; il soggetto si tara sempre sulla condizione migliore: che non ci sia traffico, che non si buchi una gomma, che il computer non vada in crash, che le persone con cui s’interagisce siano a disposizione ragionevole (e se si ammalano o hanno altro da fare?), che non capitino imprevisti (la telefonata dell’ultimo minuto, l’incontro per strada con un vecchio amico ecc.).
Significa non considerare i fattori nella loro reale dimensione, ma nella loro idealità. In sostanza, data una scadenza, occorre stimare la tempistica più veloce e poi applicare una correzione statistica che tenga conto di tutti i possibili imprevisti, sviluppando la scadenza totale in sottoscadenze che consentano di recuperare eventuali sottoritardi. Il ritardatario per scelta non applica mai la correzione statistica. Vediamo un esempio: appuntamento di lavoro fuori città alle ore 10.
Condizione ideale per recarsi all’appuntamento: 40 minuti. Correzione statistica (traffico, parcheggio, incidenti, eventuali soste ecc.) -> 30 minuti. Totale 70 minuti. Risultato pratico con 40 minuti: su 100 volte 80 si arriva in ritardo. Risultato pratico con 70 minuti: 40 volte si arriva in anticipo, 55 volte si arriva in orario, 5 volte si arriva comunque in ritardo. Nel primo caso la persona è un ritardatario cronico, nel secondo una persona precisa e puntuale.
Dopo queste considerazioni i ritardatari per scelta si ravvedranno? Penso di no. Il motivo del mio scetticismo sul recepimento di queste note è che in genere il ritardatario vede come una perdita di tempo l’arrivare in anticipo e dover aspettare (e cosa dovrebbero dire quelli che aspettano?!). In realtà, il soggetto dovrebbe considerare che fa parte della sua intelligenza saper gestire gli anticipi e renderli produttivi e quindi altamente positivi (rilassarsi con un caffè, leggersi una rivista, espletare del lavoro ecc.).
Indecisi (blocco operativo)
L’indeciso che è sempre in ritardo lo è perché ogni azione elementare che dovrebbe portarlo all’appuntamento può essere vissuta con una terribile indecisione che si tramuta in un allungamento dei tempi. Classico il caso della donna sempre in ritardo perché non sa che vestito scegliere per la serata.
Violenti/apparenti (conflittualità psicologica)
Rientrano in questa tipologia i ritardatari che considerano la scadenza come una battaglia da combattere con la controparte per essere (violenti) o apparire (apparenti) superiori: arrivare in anticipo è per loro un’onta, un segno di inferiorità e di sottomissione. Il caso classico è quello della donna che fa attendere il proprio spasimante perché “una donna non può arrivare in anticipo” (un consiglio: se è conflittuale adesso, chissà cosa accadrà quando vi avrà sposato!).
Ovviamente l’esempio che abbiamo fatto è solo un piccolo campione di chi ritarda per conflittualità psicologica; il classico quarto d’ora accademico in cui il barone universitario si fa attendere all’inizio della lezione è stato trasformato più modernamente nel ritardo di qualche minuto a un’importante riunione di lavoro. Il fatto che questi ritardi siano considerati “normali” se attribuiti a persone importanti, spesso induce una catena psicologica per cui anche chi importante non è diventa ritardatario cronico nei confronti di chi ritiene a lui inferiore. Per analogia si può ricordare il caso del padre che picchia i figli perché era picchiato da suo padre.