Una volta definite le personalità critiche del soggetto, sorge spontanea la domanda: come rimuoverle per avere una vita migliore? Occorre subito notare che sarebbe molto fuorviante pensare che l’unico scopo del Personalismo sia quello di rimuovere le personalità critiche del soggetto. Per due motivi.
Il primo è che lo studio descrittivo della personalità serve anche per capire gli altri e il mondo che ci circonda. A cosa serve essere naturalmente equilibrati se poi si sbaglia nella valutazione degli altri, arrivando a unioni sentimentali disastrose (poi corrette dal proprio equilibrio quando ci si accorge dei problemi), rapporti difficili sul lavoro (si scelgono persone sbagliate) ecc.?
Il secondo è che la rimozione della personalità critica può riguardare sé stessi, ma può riguardare anche una persona a noi vicina, un familiare, un amico o un collaboratore. Come vedremo, questa seconda possibilità è molto più delicata.
Le premesse fondamentali
Sono sostanzialmente due:
- la comprensione della personalità critica;
- la propensione a cambiare.
Prima di definire questi due prerequisiti, è importante sottolineare come chiunque cerchi di capire come rimuovere le sue personalità critiche possa trovare validi spunti in due situazioni molto comuni: la dipendenza dal fumo e quella dall’alcol. Il parallelo con gli sforzi per uscire da queste dipendenze sarà sicuramente utile per comprendere come debellare una personalità critica.
La comprensione della personalità critica
Dal test di personalità di Albanesi emerge che una percentuale di soggetti ritiene l’analisi finale non congrua con la propria personalità. Il gioco è stato via via migliorato per abbassare questa percentuale fino a includere praticamente solamente chi non ha ben compreso la personalità in oggetto. Attualmente meno del 5% dei soggetti ritiene il gioco non affidabile. Dall’analisi delle loro motivazioni si scopre che tale insieme è formato da:
- chi non ritiene pericoloso il suo grado di criticità;
- chi non si riconosce nella definizione.
I soggetti in a) sono per esempio quei dissoluti che ritengono che tutte le persone, chi più chi meno, lo siano e come tale non ritengono corretto definire una personalità dissoluta se non in casi estremamente lampanti come il drogato all’ultimo stadio che non vuole disintossicarsi.
I soggetti in b) sono quelli che, di fatto “non accettano” la definizione; per esempio un lavoratore stakanovista non accetta di essere definito romantico (per lui i romantici sono fannulloni che passano tutto il loro tempo a guardarsi negli occhi) perché non comprende che la sua idea dominante è il lavoro, esattamente come per il romantico classico è l’amore per un’altra persona.
Il primo passo per la rimozione della personalità critica è la comprensione piena della personalità, senza non si parte nemmeno. Considerando il caso del fumatore che vuole smettere, a lui è ben presente la sua situazione di fumatore; nel caso dell’alcolista invece si scopre che molti negano di esserlo! Risulta pertanto molto più difficile smettere di bere che smettere di fumare!
Non a caso, i gruppi di sostegno per gli alcolisti si preoccupano soprattutto di rendere ben evidente al soggetto la comprensione del suo problema; la persona deve presentarsi agli incontri con affermazioni del tipo “salve, sono Roberto e sono un alcolista”.
La propensione a cambiare
Il secondo prerequisito è la propensione a cambiare. Qui le cose si fanno più complicate perché, a differenza della comprensione, la propensione a cambiare è un fattore continuo, non discreto (c’è o non c’è). Tantissime persone manifestano il proposito di smettere di fumare, ma poi questa propensione si dimostra troppo debole e il proponimento viene abbandonato o differito nel tempo.
Per valutare correttamente la propensione a cambiare quale indicatore possiamo usare? Come possiamo scoprire la determinazione con cui si cercherà di rimuovere la personalità critica? Le risposte a queste domande sono molto importanti soprattutto quando si tenta di rimuovere le personalità critiche di persone accanto a noi; lo sono però anche nel caso personale perché, se falliamo nella rimozione, probabilmente la nostra propensione a cambiare non era fortissima.
Per rispondere alle domande riprendiamo gli esempi del fumatore e dell’alcolista. Partendo da quest’ultimo, quello che deprime la sua propensione a cambiare è la constatazione che nella società l’alcol e anche la semplice ubriacatura sono ben accettati. Non si definisce alcolista una persona che si è ubriacata, quindi (nella mente dell’alcolista) perché volete condannarmi se mi ubriaco spesso, tanto più che io reggo l’alcol molto meglio di quello che alza il gomito due o tre volte al mese?
Nel caso del fumatore le cose diventano più semplici perché la sua propensione a cambiare nasce quasi sempre dal fatto che la società gli mostra i danni che il fumo fa. Ecco, la parola magica è “danno”.
La propensione a cambiare passa attraverso la comprensione del danno.
Nella frase sopra riportata sono importanti due concetti:
- la comprensione del danno;
- la valutazione della sua gravità.
Il punto a) può derivare dall’interno o dall’esterno, a seconda che il soggetto capisca da sé o spinto da altri a riflettere sul problema. In molti casi la comprensione c’è ed è piena. Nel caso del fumatore nessuno può ragionevolmente sostenere che il “fumo faccia bene”.
Più critico il punto b), tanto che per esempio c’è chi sostiene che il “fumo poi tanto male non fa” (vedasi il ragionamento del fumatore). Di solito chi smette di fumare lo fa perché ritiene il fumare molto dannoso (aumento della probabilità di cancro, del rischio cardiovascolare, di enfisema polmonare ecc.). Il danno deve essere quindi percepito come grave.
Prendiamo un caso classico: un venditore è limitato dal suo carattere un po’ insofferente che lo penalizza con i clienti ostici che mettono sul tavolo troppi problemi. Il modo migliore per aumentare la sua propensione a cambiare personalità (rimuovendo l’insofferenza) è di mostrargli quanto può perdere un venditore insofferente (magari dal confronto con un venditore che non lo è): il 10, 20% del suo fatturato? Sei disposto a perdere 300-400 euro al mese solo perché sei insofferente?
Il danno deve essere cioè valutato grave dal soggetto, non basta che sia grave in assoluto.
Supponiamo di considerare un ragazzo svogliato, che si applica poco negli studi con risultati deludenti. Se è di famiglia molto benestante un approccio del tipo “se non ti dai una mossa e non studi, cosa farai da grande?” sarà fallimentare. Alla domanda il ragazzo potrebbe intimamente rispondere “vivrò con i soldi che mi avranno lasciato i miei genitori!”.
Molto più produttivo un approccio del genere: “senza un buon titolo di studio, per quanto possa valere, penseranno tutti che sei poco intelligente, sarai circondato da gente che vorrà solo approfittarsi di te e probabilmente riusciranno a spillarti gran parte dei soldi che ti lasceremo. Non a caso molti figli svogliati dilapidano in poco tempo ingenti patrimoni (qui sarebbero utili alcuni esempi). Inoltre considera che gli amici di uno che è considerato un cretino, non possono essere che cretini”.
Un approccio molto duro che però può alzare la propensione a diminuire, se non ad azzerare, il livello di criticità della sua svogliatezza.
L’esempio è interessante perché mostra chiaramente che
la rimozione è tanto più difficile quanto più il soggetto vive condizioni facilitanti.
Questo perché l’eventuale danno appare meno grave. Per esempio nel caso del fumatore, se il soggetto vede il padre morire di cancro al polmone sarà molto più motivato a smettere di quello che ha il padre fumatore alla soglia degli ottant’anni.
Esperienza e propensione
In generale l’esperienza da sé e da altri può sicuramente aumentare la propensione perché la valutazione della gravità del danno si basa spesso su dati oggettivi che derivano dall’esperienza quotidiana.
Un danno motivato è percepito come grave se viene adeguatamente quantificato: perdere 10 anni di vita o 400 euro al mese sono valutazioni molto più forti di semplici discorsi filosofici.
Per capire l’importanza dell’esperienza nella comprensione della gravità del danno si pensi per esempio ai gruppi di sostegno per donne maltrattate dal partner: l’esperienza di altre può indurre la singola donna a capire che molto, molto raramente il partner cambia le sue abitudini.
Analogamente per “convincere” un criminale che non conviene commettere un certo reato in un certo luogo spesso basta il passaparola che la polizia ben controlla quel territorio.
Gradualità o rottura?
Il modo con cui si attua la propensione alla rimozione spesso rivela “esternamente” il grado stesso della propensione.
In genere una gradualità nella rimozione è indice di una propensione traballante. Tornando all’esempio del fumatore, ammesso che esistano i prerequisiti precedenti, è improbabile che un fumatore riesca a smettere passando da 20 sigarette al giorno a 19 la settimana successiva, a 18 la seguente e così via. Durante una settimana decisamente critica infrangerà la discesa e tornerà al punto di partenza.
Da piccolo avevo incominciato a interessarmi alle cavallette e mia nonna, per disincentivare il fatto che le portassi tutte in casa, con scarso spessore psicologico, mi raccontò che potevano portare terribili malattie. Da allora divennero il mio incubo, finché un giorno da ragazzo capii che il danno che portavano era nullo e che era ora di smetterla: ne presi una e me la passai più volte sulla faccia, vincendo una volta per tutte la fobia.
Gradualità e insuccessi della psicologia
Il concetto di gradualità è stranamente ben accettato dalla psicologia clinica tradizionale. Da un lato occorre ammettere che spesso i casi sono difficili e si ha a che fare con persone borderline per le quali diventa impossibile operare rotture evidenti. Dall’altro lato, anche con soggetti non problematici, la gradualità è spesso vista come un modo per non allontanare il soggetto che viene gratificato con successi parziali (analoghi alla sigaretta in meno fumata nella settimana) che però svaniscono alla prima nuova difficoltà.
In sostanza l’incomprensione del concetto di rottura (e quindi la necessità di trovare percorsi che portano a essi) è alla base di molti insuccessi della psicologia classica. Si pensi al solito fumatore. Un’indagine delle cause che lo portano a fumare, una discussione delle stesse, un tentativo di limitarle ecc. ore e ore di sedute con uno psicologo e il nostro soggetto sembrerà sempre uno Zeno Cosini (da La coscienza di Zeno di Italo Svevo), incapace di smettere una volta per tutte. Non è più efficace il medico che mostra al soggetto le radiografie dei polmoni di un fumatore, le immagini di essi dopo un’autopsia e il pacco di cartelle di pazienti deceduti nel giro di cinque anni che si erano rivolti a lui per un grave enfisema e che non erano riusciti a smettere?
Ripetiamolo, la rottura è sicuramente indicata per tutti i soggetti che si autodefiniscono sani e normali e si rivolgono a un terapeuta per eliminare un loro particolare “difetto” (che in realtà è una personalità critica di un soggetto psichicamente sano), ma non lo è per coloro che sono borderline e/o manifestano classiche nevrosi.
La rimozione personalizzata
Facciamo un riassunto. Prerequisiti fondamentali sono:
- La comprensione della personalità critica.
- La propensione a cambiare.
- La propensione si aumenta con la comprensione del danno.
- La valutazione della sua gravità: il danno deve essere cioè valutato grave dal soggetto, non basta che sia grave in assoluto.
- La rimozione è tanto più difficile quanto più il soggetto vive condizioni facilitanti.
- L’esperienza del danno è un fattore facilitante la propensione.
- Il modo con cui si attua la propensione alla rimozione (gradualità o rottura) spesso rivela “esternamente” il grado stesso della propensione.
Ora come si procede? Esiste un percorso universale, almeno relativo alla singola personalità, cioè per esempio un procedimento di rimozione valido per tutti i romantici?
Purtroppo la risposta è negativa. Infatti, come visto, il danno relativo a un soggetto dipende dalle condizioni del soggetto stesso. Nell’esempio del fumatore il medico valuterà le condizioni generali del soggetto, la storia familiare ecc. e poi si soffermerà sul danno più probabile: un enfisema polmonare gravissimo, un tumore al polmone oppure, se ci sono altri fattori di rischio cardiovascolare, un bell’infarto con vedova e figli in lacrime dietro alla bara del suo paziente.
Analogamente si consideri la personalità più generica, quella del sopravvivente: come è possibile identificare un danno grave senza conoscere nulla della vita di un soggetto? Per esempio il sopravvivente Tizio può accettare un matrimonio disastroso perché è convinto che “in ogni matrimonio ci siano problemi” mentre Caio, anche lui sopravvivente, può accettare una vita noiosa perché, a causa di un lavoro troppo impegnativo, ha dovuto abbandonare i suoi oggetti d’amore “perché ormai non è più un ragazzo”.
Se una persona è un buon psicologo non ha difficoltà a trovare i buchi neri nella vita del soggetto che ha di fronte. Per esempio, un sopravvivente può essere tale perché accetta come normale avere un lavoro che gli succhia 3 ore al giorno in spostamenti (è un pendolare). Lui ha una buona famiglia, ha un lavoro con un buon indice di qualità, insomma potrebbe vivere meglio se solo non accettasse che “fare il pendolare è normale”. Fatto ragionare su questo punto, può veramente apportare una rivoluzione nella sua vita, almeno la vivrà in modo più cosciente.
Se non si è buoni psicologi si può però essere in difficoltà (con sé stessi o con l’altro) nel trovare il “danno” da cui partire. La buona notizia è che ci sono tre armi utili per trovare, capire, valutare, gestire il danno che pesa sul soggetto. Sono lo scenario, la strategia e l’antidoto.

La propensione a cambiare passa attraverso la comprensione del danno
Lo scenario
Consideriamo una personalità. Se esistesse uno scenario comune, una situazione di riferimento che identifica bene i danni alla qualità della vita correlabili a una personalità, tale scenario ci aiuterebbe sicuramente a studiare il caso singolo.
Lo scenario tipico esiste per alcune personalità, ma purtroppo non per tutte.
Indecisi – Quello più classico e a tutti noto riguarda la personalità degli indecisi: l’asino di Buridano che muore di fame perché non sa decidersi verso quale mucchio di fieno andare.
Dallo scenario derivano una serie di indicazioni che facilitano la rottura:
- Se non si sa decidere, ci si deve chiedere se si possono avere in tempi rapidissimi altre informazioni (cioè per esempio la distanza dei due mucchi di fieno).
- Se no, si tira a sorte perché vale il punto seguente.
- Non decidere è peggio che decidere male (un conto è morire di fame e un conto è mangiare poco).
Romantici – Uno scenario che mi piace proporre è la canzone di Fabrizio De Andrè, Ballata dell’amore Cieco o della Vanità. Il brano è una risposta a chi accetta la schiavitù dell’idea dominante: “sono pazzo per amore”, “senza lei/lui non riuscirei a vivere”, “farei qualunque cosa per lei”.
Ovviamente anche quando l’idea dominante non è l’amore, ma per esempio il lavoro (“senza lavoro non si vale nulla”, “senza lavoro la mia vita sarebbe vuota” ecc.), lo scenario continua a valere: si trascura la famiglia e si arriva a distruggere la propria salute per lo stress con la prospettiva di morire d’infarto alla propria scrivania del proprio bellissimo ufficio.
Irrazionali – Uno scenario classico è quello della truffa. Poche sono le speranze di chi non sa ragionare bene di sfuggire alle truffe e alle manipolazioni fatte da altri. Basta essere esperti in raziologia e si possono facilmente applicare al soggetto casi particolari dove appare come inerme di fronte a chi lo sta turlupinando (per esempio farlo ragionare su molte fallacie).
Mistici – Sicuramente una personalità molto, molto difficile da sradicare perché spesso la propensione è minima. Uno scenario di partenza è quello rappresentato dal paradosso di Buechner.
Patosensibili – Lo scenario classico è quello dell’sms. Poiché il patosensibile è troppo sensibile rispetto al dolore che lo tocca, supponiamo di inviargli un sms con tutte le notizie più luttuose del quotidiano. Lui approverà e si rattristerà nei giorni in cui ci sono più notizie buie. Poi il servizio cambia e non considera più tutti i lutti nazionali, ma anche quelli locali, presi dal giornale della provincia o della regione. Sempre meno luce. Poi alla fine si passa a tutti i lutti che succedono in Italia, morti in incidenti, morti ammazzati, bambini innocenti che muoiono negli ospedali, tutti, ma proprio tutti. Prima che si passi ai lutti mondiali o il patosensibile (coerentemente!) si è ammazzato per il troppo dolore che c’è nel mondo oppure alla fine dirà un “basta! Mi avete rotto, ho diritto anch’io alla mia vita” e diventerà una persona “normalmente insensibile”.
Insufficienti – Lo scenario è quello della valigia: cosa accade quando manca la stampella?
La modifica dello scenario
Lo scenario di partenza deve essere adattato alla situazione del soggetto, deve cioè essere personalizzato. Per esempio, al paradosso di Buechner il mistico incallito può rispondere che comunque per lui vale la scommessa di Pascal. Smontare (vedi) la scommessa rifacendosi alla vita del singolo significa operare con profitto dallo scenario generico all’obiezione del soggetto, arrivando a mostrare un danno “reale”.
Va da sé che la personalizzazione dello scenario è un’operazione che riesce molto bene soprattutto se si è life coach, soprattutto cioè se si sta cercando di rimuovere la personalità di una persona vicina a noi. Se si sta facendo autorimozione è necessario comunque studiare lo scenario; per capirci, un irrazionale che vuole rimuovere la sua irrazionalità dovrebbe leggere e studiare Migliora la tua intelligenza!
La strategia
Alcune personalità mettono in gioco sistematicamente strategie esistenziali, che una volta individuate portano facilmente a rilevare il danno. Vediamo le più comuni:
- Adattamento – Mistici, sopravviventi, irrazionali.
- Compromesso – Deboli.
- Cooperativa – Sopravviventi, insufficienti, patosensibili.
- Fuga – Insofferenti, deboli, fobici, vecchi.
- Monocausa – Semplicistici.
- Scorciatoia – Svogliati, irrazionali, semplicistici.
- Semel in anno – Sopravviventi, svogliati, dissoluti.
- Struzzo – Romantici, irrazionali, semplicistici, sopravviventi.
- Ultima spiaggia – Inibiti, sopravviventi, deboli.
Relativamente al soggetto, la strategia non è condizione sufficiente per trovare un danno, ma dà indicazioni molto preziose. Per esempio, se un insofferente si lamenta di non avere amici, si può scoprire che fugge (strategia della fuga) sistematicamente da tutti coloro che lo infastidiscono anche solo un poco. Allo svogliato che spera di dimagrire provando tante scorciatoie (strategia della scorciatoia) si può far rilevare quanto tempo e quanto denaro abbia speso inutilmente in pillole e metodi molto discutibili. Al romantico che ha scelto una donna solo perché è molto bella (strategia dello struzzo che non ha visto i suoi terribili difetti) si può evidenziare il danno che sta provocando la loro unione per quella scelta iniziale errata).
L’antidoto
Se lo scenario e la strategia servivano per trovare il danno in grado di aumentare la propensione a cambiare, l’antidoto può essere l’arma che anche in assenza di un danno grave può far aumentare la propensione. Il meccanismo è circa il seguente.
se non posso dimostrare un danno grave, mostro un vantaggio maggiore della situazione attuale.
Con un paragone economico, se non posso dimostrare che l’investimento X è cattivo, mostro che Y è meglio!
L’antidoto diventa cioè qualcosa che può significativamente migliorare la propria vita; poiché è in qualche modo opposto alla personalità critica, questa tenderà a essere ridimensionata appena il soggetto prenderà l’antidoto. Quasi spontaneamente, si sprogrammerà il condizionamento precedente.
L’antidoto può essere somministrato dal life coach oppure può essere preso direttamente dal soggetto, ma in questo caso deve esserci comunque qualcosa o qualcuno che gli suggerisca di farlo.
L’antidoto va preso per un certo periodo finché il soggetto si convince che “conviene” cambiare. Per capirci, consideriamo un apparente. L’antidoto è la semplicità e, nel caso in questione, potrebbe essere presa con una motivazione tipo questa: “che senso ha avere il macchinone o la megavilla, se poi lavori come uno schiavo per 300 giorni all’anno?”. Ogni volta che il soggetto si lamenterà del proprio lavoro per problemi, stress, occupazioni gravose ecc. si somministrerà l’antidoto.
Questa strategia funziona (è conveniente applicarla) soprattutto quando
- alla base della personalità critica ci sono i condizionamenti ricevuti in maniera inconscia e mai gestiti criticamente;
- il soggetto ha evidenti condizioni facilitanti per cui non è semplice dimostrare un grave danno.
Vediamo gli antidoti che esistono per le varie personalità:
Svogliati – Sport, in particolare quelli che comportano fatica. Vedasi come si sviluppa la forza di volontà anevrotica.
Irrazionali – Studio. Vedasi come convenga studiare piuttosto che affidarsi a teorie altrui.
Inibiti – Educazione sessuale
Succubi – Distacco dai genitori.
Mistici – Agnosticismo.
Deboli – Arti marziali: ho notato che molti deboli fuggono da sport di contatto (magari preferendo pratiche individuali come lo yoga) perché tali sport non consentono il compromesso e/o la fuga. Sono pertanto un ottimo modo di insegnare al soggetto a combattere!
Vecchi – Astensione dal “mai più“.
Patosensibili – Distinzione fra il mondo dell’amore e quello dell’indifferenza (neutro).
Insofferenti – Creazione del piano B. L’insofferente è tale per la mancata aspettativa, quindi l’antidoto consiste nel convincerlo che, prima di buttarsi verso la situazione attesa, deve costruirsi un piano B, nel caso l’aspettativa fallisse.
Sopravviventi – Occhiali per vedere chi non ha problemi. Hai un problema? Non tutti ce l’hanno. Impara da chi non ce l’ha.
Violenti – Valore della legge. Per il violento criminale lo si fa riflettere sul fatto che comunque “non conviene delinquere” perché prima o poi i delinquenti vengono presi o devono fare una vita di continua fuga. Per quello non criminale, i danni che può provocare la giustizia fai da te che è sostanzialmente un imbarbarimento sociale (vedasi il test di John Wayne).
Statico – Aggiornamento. Chi non si aggiorna resta indietro e perde competitività, non solo nel lavoro, ma in generale nella vita.
Apparenti – Semplicità (vedasi l’esempio soprariportato).
Non esistono antidoti per le altre personalità perché, in presenza di condizioni facilitanti, il soggetto può vivere anche veramente bene e quindi non è facile dimostrare che con il cambiamento possa migliorare la sua condizione. Per esempio, un fobico ipocondriaco in giovane età che ha una salute di ferro accetterà di buon grado certe sue manie ipocondriache, tanto “male non fanno”. Analogamente un contemplativo, con una buona cattedra universitaria e amici contemplativi come lui che parlano tutto il giorno della sessualità delle farfalle del Borneo non troverà particolarmente stimolante cambiare stile di vita. Va da sé che, quando manca un antidoto evidente, di solito la propensione a cambiare è comunque minima.
Conclusioni
Come visto, la rimozione delle personalità critiche non è automatica, ma è sicuramente possibile. Esattamente come è possibile smettere di fumare. Tenete a mente questo parallelismo per evitare da un lato di incorrere nel pessimismo (“io sono fatto così, impossibile farcela!”, ma allora perché altri ci sono riusciti?), dall’altro nel semplicismo e nella ricerca della scorciatoia (voglio un metodo che in una settimana cambi la mia vita, anche se non ho granché voglia di impegnarmi a farlo).