Durante il periodo del ferro (vedasi Figli e qualità della vita), classicamente legato all’adolescenza, molti genitori devono affrontare la ribellione dei figli all’educazione che hanno loro impartita. Il momento è veramente importante perché incide pesantemente sulla qualità della vita della famiglia.
La ribellione può realizzarsi in tante forme, da quelle più nascoste (i figli incominciano a ignorare i genitori) a quelle più eclatanti (aperto dissenso, continui litigi, scelta di brutte strade e/o brutte compagnie ecc.).
In genere, la forma scelta dipende dal carattere del giovane, dall’autorità dei genitori e da tante variabili che andrebbero studiate caso per caso. Più semplice individuare gli errori dei genitori che classicamente sono legati spesso alle personalità critiche dell’adulto in questione.
Ecco i motivi più comuni alla base della ribellione:
- consapevolezza delle personalità critiche del genitore
- assenza
- incompatibilità
- mancanza di dialogo
- genitore che abdica.
Consapevolezza delle personalità critiche del genitore
Se il figlio si accorge di personalità critiche nei genitori, in genere innesca una reazione. Di solito è facile che non ci sia questa consapevolezza in quanto il genitore condiziona il figlio sulla stessa personalità critica (genitore violento-> figlio violento; genitore romantico-> figlio romantico ecc.). La consapevolezza nasce quindi da particolari episodi di vita o dall’educazione extrafamiliare (anche i media giocano un ruolo fondamentale).
Quando c’è la consapevolezza della criticità del genitore, ecco che c’è una sorta di rigetto o comunque il genitore perde credibilità e quindi autorevolezza. Ecco un aneddoto personale.
Era fine settembre, da qualche mese ci eravamo trasferiti in città e, in attesa del nuovo anno scolastico (avevo nove anni), non avevo amici; le giornate erano piuttosto noiose e nei giorni feriali aspettavo con ansia l’arrivo di mio padre che, finite le visite nelle stalle, tornava a casa per farsi un paio di ore di caccia insieme a me e al nostro pointer, Frida.
Quel giorno lo stavo aspettando da un po’, seduto sulle scale di casa, sperando di vedere la sua auto spuntare dal fondo della via.
Arrivò puntuale e sia io sia il cane fummo semplicemente felici. Ci preparammo velocemente e poi partimmo in direzione del luogo di caccia a un quarto d’ora da casa nostra. Arrivammo che mancavano ancora quasi due ore al tramonto e pregustavo la bella fine della giornata; purtroppo, però, incombeva il dramma.
Incominciammo a battere il confine della riserva, attenti a ogni movimento del cane. Poi, dopo l’ultima sigaretta (mio padre era un fumatore accanito), si accorse che non aveva un pacchetto di riserva e con un’imprecazione mi spiegò che “si doveva” tornare alla macchina. Arrivati all’auto non trovammo nessun pacchetto di scorta e non ci restò che tornare in città; ero così deluso che non riuscii nemmeno a replicare al suo “verremo domani”: quel giorno mio padre perse tanti punti.
In realtà, esiste una personalità critica o una tendenza verso di essa che allontana i figli dai genitori: la personalità del vecchio. Ovviamente i genitori sono della generazione precedente, ma molti di loro non fanno nessun sforzo per mantenersi al passo con i tempi: trattano i figli come loro sono stati trattati e ciò è un errore gravissimo. Non si interessano delle mode emergenti (se non spesso solo per criticarle, anziché indicarne i limiti, quando ce ne sono), applicano la morale di 20-30 anni prima, non vivono le passioni dei figli, non con il nobile intento di lasciar loro i propri spazi, ma perché, in realtà, non capiscono queste passioni. In poco tempo si crea una frattura generazionale che può portare a uno scontro se il genitore insiste nel proporre la “sua” verità.
Non è difficile capire che, vedendo i genitori come qualcosa di superato dal tempo, i figli cerchino modelli altrove e alla fine si allontanino e/o si ribellino. Un esempio classico è quello del genitore che vuole evitare che il figlio si presti a un tatuaggio, semplicemente perché lui non ne ha. Se si legge l’articolo sui tatuaggi si scoprono tanti motivi che potrebbero convincere il figlio a desistere, ma sicuramente la strada sbagliata è quella del semplice veto.

In Italia, l’età media in cui i giovani lasciano la casa dei genitori è di 30 anni; in Germania e in Francia è 23.
L’assenza
L’assenza più evidente è quella fisica con il genitore spesso assente perché oberato dal lavoro e dalla carriera. In realtà, occorre considerare anche l’assenza psicologica, cioè l’incapacità del genitore di essere un reale educatore: il genitore dovrebbe educare i figli a capire la vita e, quando questo processo si è compiuto, lasciarli andare, liberi di vivere la loro strada.
Purtroppo, molto spesso, l’educazione è solo parziale tanto che è facile stilare un elenco di “mancanze” con il genitore che è completamente assente (anche se magari è molto “presente” in altri campi):
- nel mondo degli affetti (non si occupa granché della vita affettiva dei figli)
- nell’educazione sessuale (“impareranno come tutti”)
- nella vita scolastica (“che rottura andare a parlare con i professori”)
- negli hobby (“per me sono cose troppo moderne”, “questa musica non la capisco”)
- nella formazione di una visione del mondo (“quando crescerà deciderà lui/lei”)
- ecc.
In genere, l’assenza psicologica non è mai così totale come quella fisica (che per esempio è tipica dell’apparente superimpegnato nel lavoro), ma è parziale, tanto da convincere il genitore di essere un buon genitore (“in fondo mi occupo di questo o di quello”). Peccato che la sensibilità del giovane entri in crisi proprio dove il genitore è carente: ecco allora che nella migliore delle ipotesi si rivolge ad altri (classicamente gli amici, con tutti i rischi che la scelta comporta; ovviamente, se il gruppo di amici è positivo, può arrivare a sostituire degnamente i genitori, convincendo questi ultimi che “hanno fatto un ottimo lavoro!”), oppure elabora tutto un insieme di insicurezze che possono manifestarsi con disagi psicosomatici, con comportamenti forti (per richiamare l’attenzione), persino autolesionistici. Sono comportamenti presenti anche in altri motivi di ribellione dei figli, ma quando c’è assenza, di solito sono vissuti in modo più coinvolgente e ben più sofferto.
Come detto, gli apparenti sono i genitori più a rischio di assenza fisica; per l’assenza psicologica i più a rischio sono i sopravviventi (che tendono a ritenere comuni a tutti i problemi che si hanno con gli adolescenti), gli svogliati (per i quali la presenza in certi settori della vita dei figli costa troppo impegno), e i dissoluti (se è banale capire che è molto difficile per un drogato o un alcolizzato essere sempre presente, si può comprendere comunque come anche forme meno tragiche – si veda il commento in fondo all’articolo – siano penalizzanti).
L’incompatibilità
Visto che sono i genitori a educare i figli, risulta di non immediata comprensione come possa esserci incompatibilità, tanto che in molti casi non è che il risultato di una precedente assenza.
Il genitore è stato assente, ma a un certo punto vuole rientrare nella vita del figlio senza capire che è ormai troppo tardi. A causa delle influenze esterne che un’educazione troppo superficiale non ha saputo gestire, il giovane ha già fatto molte scelte e il genitore non riuscirà certo a recuperare il rapporto anche perché spesso quelle scelte non sono le “sue” scelte, ma quelle di un mondo che è andato avanti. Il figlio ha altri valori (o vorrebbe averne) e non si riconosce più in ciò che il genitore vuole insegnargli. La vita in comune diventa più difficile e il giovane manda chiari segnali di rottura, dall’aspetto fisico a scontri verbali, da scelte opposte a quelle consigliate dai genitori ad allontanamenti anche fisici (il classico ragazzo che sta in casa il meno possibile).
Pensare di correggere un figlio con proposte opposte alle scelte che lui ha già fatto è quindi molto utopistico. Può capitare che il figlio si accorga che il genitore aveva ragione, ma dopo tanti anni e tanti sbagli.
La mancanza di dialogo
Siamo arrivati al caso più grave di ribellione dei figli: nell’assenza il figlio vorrebbe il dialogo, nell’incompatibilità lo accetta, ma cerca di evitarlo perché sa che le posizioni sono troppo distanti, nella mancanza di dialogo la rottura è netta con una chiara intenzione di non provarci, nemmeno per convenzione.
La mancanza di dialogo si genera come evoluzione (aggravamento) delle precedenti situazioni oppure può nascere come situazione con causa autonoma, spesso rappresentata da un’eccessiva autorità del genitore. Personalità violente e insofferenti tenderanno a essere genitori-padroni e i figli non potranno che accettare la situazione, almeno fino alla maggiore età.
La ribellione può essere autopunitiva (si veda il disturbo evitante di personalità) con disturbi psicologi da leggeri a gravi (in genere quando il giovane è un “bravo ragazzo“) oppure può essere rivolta verso il genitore rispondendo con le sue stesse armi (litigi violenti, isolamenti, fughe da casa ecc.).
Si noti che anche genitori con personalità debole (alcuni deboli tendono a essere violenti con chi sanno essere più deboli di loro) o con personalità inibita (“se porto rispetto ai miei genitori, i miei figli devono portare rispetto a me”) possono diventare autoritari e produrre una situazione di “mancato dialogo”.
Il genitore che abdica
A differenza degli altri casi, quello del genitore che abdica non è detto porti a una ribellione dei figli, ma è sicuramente una condizione facilitante. Essendo una condizione molto comune merita un articolo a sé: Il genitore che abdica.