La psichiatria dovrebbe essere la scienza che cura chi ha un disturbo mentale. Il problema è che “disturbo mentale” è locuzione assai generica che nemmeno gli psichiatri sono riusciti a definire con precisione. In realtà, si sta trasformando in una vera e propria arma di potere con cui gli psichiatri cercano, magari inconsciamente e con buona fede, di forgiare la società.
Il testo di riferimento degli psichiatri (il DSM, Diagnostic and Statistical Manual, edito dall’American Psychiatric Association, tradotto in decine di lingue) dovrebbe definire il limite fra chi è normale e chi non lo è, definendo quindi il campo della psichiatria.
Nell’ultima stesura si è però veramente esagerato, facendo apparire come anormali (e quindi bisognosi di cure) tutta una serie di comportamenti che affliggono molte persone dai più ritenute “normali” o al più solo un po’ “strane”.
La ricaduta non è solo individuale, ma anche sociale: come si può condannare un soggetto se non è responsabile del suo comportamento perché “psichicamente disturbato”; ben che vada la sua “malattia” diventa un’attenuante. Praticamente saremmo tutti matti: ovviamente la psichiatria questo termine non lo userà mai, ma parlerà di “malati”, da curare amorevolmente con tanti psicofarmaci, un vero e proprio assist alle multinazionali del farmaco.
Chi non riesce a risollevarsi da un lutto è un depresso a vita e necessita di tanti antidepressivi; il ragazzo troppo esuberante è iperattivo, quello che non riesce a studiare ha il deficit di attenzione ecc.
Fin qui molti saranno d’accordo, ma poi ecco che scatta una forma di difesa per risentimento: “ah, siamo tutti matti? Sbagliato. Nessuno è matto!”. Leggiamo il titolo del testo di uno psichiatra molto famoso (fra l’altro ha diretto la redazione della quarta edizione del DSM): Primo non curare chi è normale. L’invenzione delle malattie. Cosa non funziona in questo approccio? Che il “normale” non è detto non abbia bisogno di supporto, certamente non di uno psichiatra e dei farmaci (che sono spesso l’unica arma che gli psichiatri conoscono), ma almeno di qualcuno che gli faccia capire la vita e la realtà che ha intorno (psicologo, terapeuta, life coach, chiamatelo come volete).
Se una persona non imbrocca una relazione e si caccia sempre nei guai, sicuramente definirlo “psichiatricamente malato” è eccessivo, è “psichiatricamente normale”, ma certo la sua vita non è ottimale. Psichiatri e psicologici devono capire quello che il Personalismo propugna da tempo. Esistono 3 stadi:
- psichiatricamente malati (sono quelli che stabilmente hanno gravi problemi)
- non equilibrati (secondo la mia esperienza sono almeno l’80% della popolazione)
- equilibrati – un 10%, massimo 15% della popolazione.
La distinzione principale non è quindi fra malati e normali, ma fra normali (“è normale avere problemi”) ed equilibrati.