Popolarità deriva da popularitas, la simpatia del popolo e indica il gradimento da parte della gente. cioè la popolarità consiste nell’avere il favore o il consenso della gente; in genere riguarda un ambito specifico (“sono molto popolare fra chi pratica windsurf”), ma sempre più spesso si parla di popolarità in senso lato globale, quella di cui godono calciatori (conosciuti anche da chi non segue particolarmente il calcio) o attori/attrici.
Una volta, la popolarità globale era molto più difficile da ottenere ed era molto comune ricercare popolarità ristrette come per esempio nell’ambito della propria scuola (i rappresentanti di classe, le cheerleader nelle scuole USA ecc.).
Avendo un sito Internet molto affermato (un milione e mezzo di visitatori unici mensili), ho trovato interessante studiare cosa renda popolare un’idea o una persona. In particolare, per esempio, stride il numero di visitatori unici del mio sito con la popolarità della mia persona che è oggettivamente bassa. Se chiedete per strada se c’è qualcuno che conosce Roberto Albanesi, realisticamente solo lo 0,5% della popolazione vi risponderà positivamente (sono cioè circa 100.000 le persone che in Italia mi conoscono, senza limitarsi a transitare per il mio sito, il cui nome magari dimenticano appena lo hanno lasciato).
Alla fine mi sono convinto che:
la popolarità è data dalla fruizione contemporanea dell’oggetto che diventa popolare.
Il termine “contemporanea” è fondamentale. Questo perché la popolarità è legata al ricordo dell’oggetto nella popolazione e il ricordo è tanto più forte quanto più forte è l’esperienza che ci lega a esso. A parte casi particolari (a volte traumatici), mediamente l’esperienza è forte quanto più è condivisa con altri perché la presenza altrui dà autorevolezza all’oggetto dell’esperienza.
Il partecipante al festival di Sanremo diventa popolare perché milioni di persone lo vedono partecipare a un evento che, dato il numero di ascoltatori, è ritenuto “importante”, a prescindere dalla valutazione che diamo di esso. Un cantante di serie B, artisticamente parlando, può risultare più popolare di uno di serie A, semplicemente perché quest’ultimo ha sempre avuto un profilo basso e schivo. Per capirci: “io voglio essere capito da chi capisce. Una popolarità a livello di massa non mi interessa neanche. Preferisco un valore reale che un valore alla portata di tutti, ma che non significa niente”. Questa citazione è di Alfredo Kraus, personaggio non interessato alla popolarità, ma che è ai più sconosciuto! Kraus è un tenore spagnolo morto nel 1999, molto meno popolare dei vari Domingo, Carreras o Pavarotti, questi ultimi molto noti anche per le loro escursioni al di fuori della lirica.
In ambiti ristretti, pensiamo alla popolarità fra ragazzi. Se A e B organizzano due feste, fra i due è più popolare chi raccoglie un maggior numero di presenze.
In ambiti generali, il miglior modo di diventare popolari resta la televisione proprio perché assicura la massima contemporaneità. Nonostante gli ottimismi di tanti, Internet non è in grado di creare personaggi popolari perché, per ora, non garantisce nessuna contemporaneità della fruizione dell’oggetto; in genere fan, follower, visitatori ecc. sono diluiti nel tempo ed è praticamente impossibile arrivare a numeri contemporanei significativi. Il caso classico è, per esempio, quello di Paolo Attivissimo, valente divulgatore e conduttore radiofonico (non televisivo!) che ha oltre 300.000 follower su Twitter, ma che è immensamente meno popolare di Michele Cucuzza, conduttore televisivo che, nonostante i suoi tanti e frequenti tweet, ha solo 3.500 follower.
Un altro esempio è dato dai video di YouTube: anche quelli con centinaia di migliaia di visitatori (non contemporanei) difficilmente portano al ricordo di chi li ha prodotti, probabilmente perché con una fruizione differita le migliaia di utenti si concentrano molto di più sul contenuto che sul produttore e, se il contenuto non ha relazione con il produttore, ecco che questi non diventerà granché popolare.
L’importanza della “contemporaneità” viene abilmente sfruttato dai pubblicitari nel campo delle testate giornalistiche. Si vende una pubblicità facendo credere all’utente che arriverà a X persone quando poi diversi fattori ridurranno il target raggiunto, magari a un centesimo! Per esempio, se partiamo da una tiratura di 100 copie, poi solo 80 saranno vendute. Il giornale (pensiamo a un quotidiano) ha diverse sezioni e la sezione in cui compare la nostra pubblicità/informazione è letta solo da un quinto del pubblico, per cui si scende a 20. Paghiamo 100 una pubblicità che in realtà vale 20.
Ovviamente la popolarità va coltivata, ma il ricordo è comunque molto lungo a scomparire. Se un semplice passaggio televisivo con un milione di ascolti non rende granché popolari, il permanere in televisione per un periodo sufficientemente lungo (mesi o addirittura anni) assicura una popolarità duratura. Sicuramente con il declinare della televisione generalista sarà sempre più difficile acquisire popolarità e altri mezzi aumenteranno il loro peso, ma per ora la televisione è il mezzo prioritario.

La popolarità consiste nell’avere il favore o il consenso della gente
Aumentare la popolarità aumenta la qualità della vita?
La domanda alla quale vogliamo rispondere è: in che relazione sta la popolarità con la qualità della vita?
Anche se Victor Hugo definiva la popolarità in termini piuttosto negativi come “spiccioli della gloria”, essere popolari è sicuramente positivo se non comporta o non ha comportato danni esistenziali; probabilmente è questa consapevolezza che porta personaggi famosi a essere schivi. Ricordo che quando Dylan non ritirò il premio Nobel, mi documentai sulle reali motivazioni che lo avessero spinto a disertare la cerimonia. Trovai questa dichiarazione:
“(alla popolarità) non presto nessuna attenzione. Proprio non lo faccio. La vita è fin troppo breve e cos’è che la gente desidera più di ogni altra cosa? Vuole il tuo autografo… Nessuno di loro mi conosce e io non conosco loro. Mi vengono incontro e sono convinti di conoscermi soltanto perché io ho scritto determinate canzoni, che magari a loro hanno dato noia, e delle quali la loro mente si è subito sbarazzata. Non hanno niente a che fare con me, continuano a non conoscermi, e io continuo a non conoscere loro, e quelli mi vengono incontro come se fossi un loro fratello o sorella che non vedono da un pezzo. Questa è una cosa che non ha niente a che fare con me; credo che potrei facilmente dimostrarlo al cospetto di qualsiasi tribunale.”.
Mi sono ritrovato nelle tante scelte della mia vita che mi sono costate molta popolarità, fin dai tempi della scuola, ma “il gioco non valeva (esistenzialmente) la candela”. Quindi dal punto di vista esistenziale la regola è quella di Dylan: “essere sé stessi, se poi la popolarità viene non deve esser costata che qualche spicciolo”, ritornando alla valutazione di Hugo.
Perché, al contrario, la gente sarebbe disposta a vendere la mamma pur di diventare popolare?
Dietro ci sono diverse personalità critiche.
La più ovvia è quella dell’apparente: la popolarità è lo scopo di moltissime sue azioni perché chi è popolare, appare “grande”, a prescindere dal suo reale valore. Da notare che esistono casi di apparenti che valgono realmente, ma che, senza popolarità, rimarrebbero comunque con l’amaro in bocca (in questo caso si parla di vanità).
La ricerca della popolarità è però anche tipica del sopravvivente che, attraverso essa, vuole una “botta di vita” che normalmente non potrebbe mai avere. Questa è la situazione di chi sui social media cerca di provare che esiste dal numero di amici, fan, follower che ha.
Ai due estremi, il debole ricerca la popolarità come surrogato della forza che non ha (in genere poi però non sa ben gestire la popolarità acquisita), mentre il violento la cerca proprio come dimostrazione di forza.
Infine, alcuni contemplativi ricercano la popolarità come affermazione in campo culturale.
Social media e popolarità
Facebook, Twitter, Instagram ecc. sono strumenti direttamente collegati al concetto di popolarità. Il grave è che molti ricercano su di essi una popolarità globale che è solo un’illusione e che li porta a investire gran parte delle proprie energie quotidiane (anche un’ora, se sprecata, è un delitto per chi ama la vita!) senza un risultato reale e concreto.
Siete sui social media? Frequentate gruppi legati ai vostri oggetti d’amore!
Se è del tutto giustificata l’adesione a gruppi che in qualche modo sono collegati alla nostra personalità (per esempio il gruppo di pratica un certo sport, di chi ama una certa regione ecc.), appare ingenuo il tentativo di diventare popolari in senso assoluto. Per smontare i sogni di gloria di chi ci crede veramente, alcune considerazioni:
- Il numero di fan (amici/follower ecc.) è statico; significa che molti non ci seguono più da tempo (infatti in passato Facebook aveva eliminato i fan non più attivi da un certo periodo facendo crollare il numero di fan e gettando nello sconforto chi su quel numero basava la propria esistenza); addirittura in molti ambienti un nostro post/immagine ecc. non viene mostrato a tutti i fan, ma solo a chi è in qualche modo legato al contenuto del post; a volte questa riduzione può anche essere significativa e solo il 10% dei fan vede il nostro contenuto. In questo articolo si valuta che i follower realmente attivi non siano che un ottavo di quelli dichiarati dalla piattaforma social (numero che comprende anche gli inattivi).
- Il numero dei fan può essere gonfiato facilmente; questo fatto rende il numero in sé ben poco importante in senso assoluto. Per gonfiarlo si può ricorrere a metodi informatici che nulla hanno a che vedere con la reale popolarità del possessore dell’account oppure si può usare una strategia di relazione: io do l’amicizia a te, tu dalla a me. Tanto è vero che il reale perso della popolarità per esempio su Twitter è dato dal numero di follower/numero di account che si seguono.
Visti questi i numeri di molti account dovrebbero essere divisi almeno per 20. Numeri importanti si hanno quindi almeno a 6 cifre. Per chi vuole essere popolare avere un milione di follower ha senso; averne 10.000 no.
Il degrado esistenziale dovrebbe essere evidente: le persone passano ore a vivere una vita virtuale, a sognare che il proprio video sia visto da milioni di persone, a smanettare sui tasti di quell’ambiente che è la loro nuova prigione, forse perché incapaci di vivere veramente alla grande nel mondo reale. Non si sta creando nessun ricordo, ma solo una sequenza di giorni tutti uguali: suggerisco la lettura di Una vita da leggenda per capire che esistono modi migliori di occupare il proprio tempo.
Popolarità e degrado della qualità di vita
Abbiamo visto che “se la popolarità costa troppo, non conviene”. Il punto da sottolineare è che la maggior parte di chi la cerca non è cosciente del costo esistenziale.
Il personaggio famoso che per anni ha cercato la popolarità e che, raggiuntala, non sopporta l’intrusione dei media nella propria vita privata è un caso significativo, ma non convincerebbe l’uomo della strada dei danni che la ricerca della popolarità può produrre perché la maggior parte della gente farebbe comunque cambio!
Il vero dramma si ha quando
- il soggetto raggiunge una popolarità in assoluto molto modesta
- gli sforzi fatti per raggiungerla sono comunque non indifferenti, soprattutto a livello di compromessi esistenziali.
Sopra abbiamo analizzato i problemi legati ai social media, ma nella quotidianità esistono molti altri esempi convincenti.
- Tizio investe gran parte del proprio tempo per fare una “carriera” politica locale, il suo sogno inconscio è “diventare sindaco” di un paese di un migliaio di anime che va morendo sempre più; ovviamente Tizio dipingerà i suoi sforzi come “impegno sociale” ecc., ma la famiglia, che spesso trascura, non sarebbe d’accordo.
- Caio ce la mette tutta per diventare presidente dell’associazione di cui fa parte, sacrifica molti suoi hobby, ormai da tempo dimenticati, si lamenta spesso degli impegni che l’associazione richiede, ma quando ce la fa, beh allora la sua vita sembra risollevarsi, anche se purtroppo Caio non conosce la differenza fra soddisfazione e felicità.
- Sul lavoro Sempronio è molto sensibile a diventare popolare; non si tratta tanto di fare carriera quanto di apparire positivo e produttivo agli occhi dei suoi superiori che, capito il personaggio, usano tecniche di blandimento finalizzato: “Bene, vedo che ha fatto un buon lavoro”; “Se con ci fosse lei, qui andrebbe tutto a rotoli”; “Persone come lei sono quelle che salvano l’azienda”.
La buona notizia è questi schiavi della popolarità comunque un qualche servizio lo fanno… Sì, per la felicità altrui!