Il phubbing è la propensione a ignorare il proprio interlocutore a causa di un’eccessiva attenzione ai messaggi che arrivano dal proprio smartphone; il termine deriva da “phone” (telefono cellulare) e “snubbing” (snobbare). Sembra che il termine sia stato creato all’università di Sidney (2012) per promuovere un dizionario. Viene definito phubber colui che snobba gli altri, mentre il phubbee è colui che ne subisce il fenomeno venendo ignorato.
L’esempio classico si ha per esempio al ristorante quando ci si siede con una tavolata di amici (o peggio a un tavolo con il solo coniuge/partner) e la prima cosa che si fa è posare sul tavolo in bella vista il proprio cellulare. Salvo poi ovviamente riprenderlo di tanto in tanto quando arriva un messaggio cui si deve assolutamente rispondere.
Se durante il lavoro la priorità data al cellulare può essere giustificata, nella vita privata assolutamente non lo è ed è un indicatore esistenziale molto importante.
Basta il buon senso per arrivare alle stesse conclusioni della ricerca dell’Università del Kent (Journal of Applied Social Psychology) secondo cui il phubbing peggiora nettamente la comunicazione e la relazione tra persone: l’uso dello smartphone è preferito all’interazione sociale con la persona o le persone presenti (Karadağ et al., 2015)
Chi usa il phubbing?
Semplice. Gli insoddisfatti della propria vita o meglio della condizione che stanno vivendo: sono qua, ma vorrei essere altrove. Non a caso, una variante del phubbing è quella della madre che non sa stare senza i figli ed è solita chiamarli o ricevere da loro telefonate e/o messaggi mentre sta vivendo con altre persone. Spesso si tratta di telefonate banali (“dove stai andando?”, “cosa hai mangiato oggi?”, “hai fatto la spesa?”) che rivelano una grande “nostalgia” per il figlio o la figlia ancora bambini da accudire, anche quando spesso sono maggiorenni!
Anche i social sono cause del fenomeno: guardare gli ultimi post pubblicati dai nostri contatti su Facebook, Twitter o Instagram (meno comune controllare la mail).

Il phubbing è la propensione a ignorare il proprio interlocutore a causa di un’eccessiva attenzione ai messaggi che arrivano dal proprio smartphone
Cause del phubbing
Fra i primi a studiare a fondo il fenomeno, Chotpitayasunondh e Douglas (2018) lo hanno riportato alla dipendenza da smartphone (che a sua volta è causata dalla FOMO, fear of missing out, la paura e l’ansia di esser esclusi dai social o da chi sta facendo qualcosa di più interessante di quello che stiamo facendo noi) e alla mancanza di autocontrollo, tipica nelle dipendenze.
In realtà, tale spiegazione, peraltro ampiamente condivisa, è solo parziale e può interessare i giovanissimi. Più in generale il phubbing è la conseguenza del fatto che lo smartphone è diventato uno dei tanti modi con cui si cerca di riempire la propria vita, partendo da una realtà non pienamente soddisfacente.
Nessuno presta attenzione allo smartphone se sta facendo qualcosa di estremamente interessante.
L’esempio più concreto è quello del ragazzino ipertecnologico che finalmente riesce a uscire con la ragazza dei suoi sogni: difficilmente si comporterebbe come il personaggio di Verdone, rispondendo a una chiamata o consultando la sua pagina Facebook.
Lasciare acceso lo smartphone durante la propria vita privata è indice di essere disponibili alla consultazione e ciò identifica il nostro grado di insoddisfazione esistenziale.
Ci sono soggetti che sono immuni dal phubbing semplicemente perché praticamente in gran parte della giornata non hanno tempo di rispondere a chiamate o a sms. Come per le mail, accendono il cellulare, vedono i messaggi, rispondono e poi lo rispengono tornando a fare qualcosa di più coinvolgente.
Frasi come “siamo tutti sempre, perennemente agganciati al nostro smartphone. Fa parte della nostra vita quotidiana, un accessorio ed uno strumento di cui non possiamo più fare a meno” sono tipiche di chi non sa analizzare il fenomeno e commette un chiaro errore di generalizzazione, di fatto giustificando il phubbing perché loro stessi sono phubber.
La cura
Per guarire dal phubbing non c’è che un modo. Diventare consapevoli che non è un’azione positiva, che in sostanza rileva i buchi della nostra vita; quando vi ricorriamo è come se dicessimo: ecco, vorrei essere altrove, quindi la mia vita ora potrebbe essere migliore.
Altri consigli sono ottimistici, come quelli di monitorare quanto tempo al giorno si usa il cellulare, di non metterlo sul tavolo, ma di riporlo in tasca, se si sta con il partner (sembra che quasi il 50% delle coppie ne sia vittima), decidere insieme di non accenderli per più di x minuti (questo consiglio è uno dei più assurdi): di fatto, corrispondono a cercare di far smettere di fumare qualcuno dicendogli di non fumare 20 sigarette al giorno, ma di limitarsi a 5 o 6.