Secondo il linguaggio comune, il pessimismo è la tendenza a considerare gli aspetti peggiori della realtà, giudicando negativamente eventi e situazioni e prevedendo un’evoluzione negativa di stati presenti.
In filosofia è una corrente di pensiero che tende a credere alla prevalenza del male sul bene; una dottrina secondo cui la vita umana è dominata dal dolore e dal male e il mondo non sarebbe che la manifestazione di una forza irrazionale e incomprensibile.
In psicologia, il pessimismo è la manifestazione dei sintomi di malattie come la depressione e di stati d’animo come una bassa autostima; l’attitudine a considerare la realtà nei suoi aspetti peggiori, per via di un’inclinazione a coglierne le sfaccettature più negative e inquietanti. Gli psicologi attribuiscono i pensieri pessimistici al dolore emotivo o addirittura alla genetica.
Utilizzando un’espressione molto usata ed estremamente sintetica, potremmo dire che il pessimismo è l’attitudine a vedere il bicchiere sempre mezzo vuoto.
Ciò che risulta comune alle varie definizioni è che il pessimismo può essere conseguenza di esperienze di vita vissuta o di malattie e/o disagi psicologici, ma può anche manifestarsi o rafforzarsi grazie a una certa predisposizione naturale acquisita o ereditata: insomma, natura e cultura.
In ogni caso, è evidente che se si pensa prevalentemente al peggio è molto difficile avere una buona qualità dell’esistenza perché è come avere sulle spalle un enorme peso che frena o impedisce ogni cambiamento e non consente di assaporare la vita.
Il pessimista ha spesso difficoltà ad assumere nuove iniziative e a introdurre cambiamenti (per esempio nel lavoro: “e se la nuova azienda fallisse?” – o all’atto di acquistare una casa: “e se poi non riuscissi più a pagare le rate del mutuo?” ecc.). Questo può succedere anche nella vita di relazione e d’amore poiché la sua visione è costantemente adombrata dalla possibilità che le cose possano volgere al peggio e il fallimento sia sempre dietro l’angolo. La particolarità del pessimismo è che questi pensieri si fanno spesso strada indipendentemente dal fatto che il soggetto abbia fatto o no le necessarie considerazioni e assunto le precauzioni del caso prima di assumere una determinata iniziativa (appunto: un cambiamento nel lavoro, l’acquisto di una casa o una nuova relazione affettiva…).
Nel caso in cui questa visione della realtà diventi col tempo predominante, sfocia nel pessimismo patologico innescando un circolo vizioso che risulta sempre più difficile da interrompere poiché si struttura profondamente nella personalità del soggetto e i pensieri negativi nascono anche quando le cose vanno bene per timore che qualcosa possa presto intervenire a rovinare tutto.
Le conseguenze negative di una costante visione pessimistica della realtà e delle emozioni correlate (ansia, depressione, rabbia…) si ripercuotono quasi inevitabilmente anche sulla salute “intossicando” l’organismo; in genere i pessimisti si arrendono più facilmente di fronte alle difficoltà, riscuotono meno successo nel lavoro e si ammalano con più frequenza (per avere un’idea, nonostante l’esiguità del campione, è da segnalare, tra i vari studi sul tema, quello di Goleman del 2011 in cui venne valutato il livello di ottimismo o pessimismo di un gruppo di uomini dopo un attacco di cuore: dopo 8 anni dall’evento, dei 25 uomini più pessimisti 21 erano deceduti, mentre dei 25 più ottimisti ne erano deceduti solo 6. La loro predisposizione mentale fu rivelatrice della loro possibilità di sopravvivenza più di qualunque altro fattore di rischio medico).

Il pessimismo è una perdita di tempo (Norman Cousins)
Il pessimismo – Come nasce?
Perché ci sono persone ottimiste e altre pessimiste? Per rispondere a questa domanda è necessario fare riferimento principalmente agli studi del 1996 dello psicologo americano Martin Seligman, autorevole studioso del settore.
Egli ritiene che alla base dell’ottimismo e del pessimismo ci siano due elementi:
- la sensazione di poter esercitare o no un controllo sugli eventi;
- il modo in cui ci si spiegano gli eventi medesimi.
Chi vive le situazioni con un atteggiamento di impotenza, con maggiore probabilità sarà più pessimista di chi ritiene invece di poter modificare gli eventi per raggiungere gli obiettivi desiderati.
Ma sentirsi impotenti, o invece capaci di controllare gli eventi, è la conseguenza di come ciascuno si spiega gli eventi negativi o positivi che accadono nella vita.
Seligman ritiene che ciascuno abbia un proprio stile esplicativo, un proprio modo di interpretare le cause degli accadimenti: questo è conseguenza della visione che singolarmente si ha del proprio posto nel mondo, dal percepirsi persone di valore e meritevoli piuttosto che di scarso valore e non meritevoli. Nel primo caso il soggetto strutturerà probabilmente un tratto ottimistico, nel secondo un tratto pessimistico. L’essere pessimisti od ottimisti è conseguenza di meccanismi che si strutturano nella personalità in base a tre fondamentali dimensioni a fronte degli eventi della vita:
- la permanenza (per quanto tempo ciascuno mantiene viva la percezione di un insuccesso)
- la pervasività (in che misura ci si lascia condizionare da un evento negativo)
- la personalizzazione (se si ritiene o no che gli eventi negativi siano causa diretta dei propri comportamenti o dipendano invece per lo più da cause esterne).
Pessimismo – Come contrastarlo o eliminarlo dalla personalità
Non tutto il male viene per nuocere: a condizione che non si tratti di patologia, anche una visione pessimistica della vita può avere un suo aspetto positivo. Chi vede prevalentemente difficoltà e ha scarsa fiducia che gli eventi possano avere esito favorevole, si approccia solitamente alle decisioni con grande cautela e molta maggiore attenzione rispetto a chi ha una visione ottimistica e magari a volte decide sull’onda della generale fiducia che nutre nel futuro. Proprio questa grande cautela e la paura di sbagliare possono aiutare a vedere e risolvere preventivamente problemi e difficoltà che altri non vedono. Visto sotto questo aspetto, e a condizione di rendersene consapevoli, si può via via migliorare la qualità delle proprie decisioni e acquisire sempre maggior fiducia in ciò che si fa, mantenendo della visione pessimistica solo quella porzione utile a migliorare le proprie scelte. Insomma, da pessimista negativo a pessimista difensivo.
Chi, nella vita, non vive prima o poi la propria parte di negativo, di giornate no, di delusioni o di fallimenti? Il problema è che alcune persone vivono questi momenti come una parentesi e poi riprendono a vivere pienamente, altre invece li mantengono tali, li accumulano e via via acquisiscono una visione grigia (o nera) della vita diventando col tempo pessimisti a tutto campo; se poi questa modalità di comportamento si aggiunge a una naturale predisposizione a vedere prevalentemente il peggio, il gioco è fatto.
In merito alle metodologie da attuare per cercare di “guarire” il proprio pessimismo, sul Web si trovano consigli spesso sbrigativi e molte sono le strategie superficiali fai-da-te che suggeriscono, per esempio, di:
- evitare i pensieri negativi ricorrenti;
- scegliere di circondarsi solo di persone positive;
- svolgere attività nuove;
- migliorare sé stessi (?);
- fare dello yoga/training autogeno ecc.
Si tratta però quasi sempre di interventi che lasciano il tempo che trovano perché sono al di fuori di un piano organico strutturato; per fare un paragone, è come quando si legge che per dimagrire è sufficiente saltare il pasto serale oppure non mangiare più i grassi o evitare i carboidrati alla sera…: tutti interventi che non servono perché per ottenere dei risultati è necessario agire su più aspetti e costituirsi almeno una discreta educazione alimentare senza la quale è praticamente impossibile ottenere dei miglioramenti duraturi.
Per affrontare adeguatamente il pessimismo, sempre che non sia a livello patologico e/o conseguenza della depressione o di altri disagi psicologici (per curare i quali è opportuno rivolgersi al medico specialista), è necessario confrontarsi con la propria personalità.
Sappiamo che una personalità equilibrata è la miglior dotazione che si possa avere per affrontare la vita al meglio e sappiamo anche che ove ci siano delle criticità nella propria personalità è possibile intervenire per eliminare tali criticità.
Assumere corrette decisioni è fondamentale anche per fare di volta in volta scelte adeguate ed evitare la maggior parte dei problemi, delle delusioni e dei fallimenti (acquisendo progressivamente maggior fiducia in sé stessi e strutturando una visione sempre più positiva della vita); alcuni esempi possono chiarire il concetto:
- imparare a dotarsi di volta in volta di un piano B è molto importante: chi non sa gestire una mancata aspettativa (personalità insofferente) creandosi preventivamente un’alternativa avrà grandi difficoltà a gestire la mancata realizzazione del suo obiettivo principale e non imparerà ad avvicinarsi al realismo;
- aumentare il proprio grado di razionalità (per una personalità irrazionale) è fondamentale per evitare di dare un’importanza eccessiva a eventi negativi poco o per nulla probabili;
- dotarsi di un adeguato spirito critico aiuta moltissimo a decidere al meglio e a non trovarsi di fronte alle sfide, anche della vita quotidiana, senza sapere che pesci prendere (personalità dell’indeciso), facendo alla fine pendere la bilancia sempre dalla parte dei minus;
- abituarsi a interpretare adeguatamente la realtà per comprenderla a fondo e cercare di gestirla al meglio evitando eccessive ed errate semplificazioni in chiave negativa, vedasi per esempio un eccessivo uso del principio di precauzione (personalità semplicistica);
- imparare che gli obiettivi che si vogliono raggiungere non sono gratuiti e che per ottenerli è fondamentale utilizzare una forza di volontà anevrotica adeguata (personalità svogliata), grazie alla quale si riesce a servirsi del “bicchiere mezzo pieno”;
- una personalità debole difficilmente riesce a ottenere nei fatti ciò che si prefigura perché non ha, o non sa usare, la forza necessaria per ottenere il meglio dal mondo che lo circonda, finendo per credere che il peggio sia la normalità.
Dopo tutto ciò, la notizia positiva è che, con un impegno adeguato, le criticità della personalità si possono correggere e anche eliminare cosicché il pessimismo possa diventare solo un eventuale brutto ricordo.