Ognuno di noi potrebbe scoprire (in un tempo più o meno ragionevole) che esiste un filo conduttore nella vita di chi è felice: l’amore. Questa non è certo una novità, anche se chi in passato ha esaltato le potenzialità dell’amore lo ha sempre fatto pensando che fosse un punto d’arrivo: in realtà è un punto di partenza per capire la vita. Cominciamo subito con il dire che:
definire l’amore con una frase è come ridurre un libro sacro a poche parole. Lo fanno i romantici e i semplicistici.
L’amore è un sentimento talmente complesso che ridurlo a semplici equivalenze (l’amore è “qualcosa”) vorrebbe dire commettere un grave errore razionale, cioè confondere come condizione sufficiente una condizione che al più è solo necessaria o addirittura solo indicativa.
Un’altra precisazione è pure necessaria. Per amore (andrebbe scritto con la A maiuscola!) non s’intende l’amore per una persona, amore su cui milioni di adolescenti basano tutta la loro giovinezza (in questo errore si riflette la loro immaturità, anche se questo giudizio può dar loro fastidio!), ma l’amore per un qualunque oggetto esistenziale: una persona, un’arte, uno sport, un’occupazione, un’idea ecc. L’amore per il nostro partner è dunque solo un caso particolare d’amore.
Analizzando le esistenze delle persone felici, si scopre facilmente che:
- lo stato emotivo positivo si mantiene con l’amore,
- amare non è sufficiente per avere una vita felice (ved. la capacità d’amare).
Il primo punto si attua attraverso gli oggetti d’amore. Anche nel linguaggio comune, amare è un verbo transitivo che presuppone un complemento oggetto, per amare occorre avere qualcosa/qualcuno che è oggetto del nostro amore.
Gli oggetti che sono degni della nostra attenzione (cioè che possono aumentare la qualità della nostra vita, prerequisito essenziale perché qualcosa possa candidarsi al ruolo di oggetto d’amore) possono essere di svariata natura. Anticipando la discussione successiva, l’amore per essere tale deve possedere alcuni requisiti:
- conoscenza
- stabilità
- frequenza
- indipendenza.
Fra poco li vedremo in dettaglio, ma se manca uno di essi, l’oggetto d’amore diventa qualcosa d’altro, incapace di essere impiegato al massimo per la nostra felicità. Vediamo i vari casi:
Hobby (passatempi) – Mancano la conoscenza (studio), il coinvolgimento e l’approfondimento dell’oggetto perché spesso il tempo a esso dedicato è scarso, non sufficiente.
Mode – Manca la stabilità. Il nostro rapporto è temporaneo, magari coinvolgente, ma non duraturo. Insoddisfatti e apparenti sono molto sensibili alle mode.
Manie (dipendenze) – Manca l’indipendenza. Un concetto molto difficile da digerire è che se si ama veramente qualcosa o qualcuno non se ne è schiavi.
Agli hobby dedichiamo un articolo a sé, visto che troppe persone li scambiano per oggetti d’amore; per le mode dice già tutto il termine; per le manie basterebbe comprendere esattamente ciò che è detto sul paragrafo dell’indipendenza.
Purtroppo non sempre è così facile assimilarlo correttamente quando si è coinvolti perché si tende a dare al termine “mania” un significato patologico che sembra impossibile applicare alla propria condizione. In realtà le manie sono molto più comuni di quanto si pensi: non solo nel caso in cui una persona ama un’altra e “senza di lei non sa vivere”, ma anche in situazioni molto meno apparentemente coinvolgenti: si pensi a uno sportivo che non riesca a praticare più il suo amato sport per un incidente e cade in depressione. La personalità del romantico è quella più a rischio nel trasformare oggetti d’amore in manie.
Il test per gli oggetti d’amore
NOTA – Da ultimo si deve notare che, se gli oggetti d’amore sono fondamentali per vivere al meglio ed essere felici, molti però continuano a confondere questo concetto con l’identificazione di oggetti d’amore validi per tutti o comunque appartenenti a classi ben definite: per esempio c’è chi è convinto che lo sport possa essere un plus per tutti (dal punto di vista psicologico) e che sia condizione sufficiente per dire di avere un oggetto d’amore; per altri lo è la cultura ecc. In realtà voler assolutizzare certe attività è molto riduttivo; infatti occorre comprendere che ogni attività si può fare bene o si può fare male. Farla bene è il requisito necessario perché diventi un oggetto d’amore. La precedente considerazione è talmente non compresa che spesso tutti mi attaccano appena evidenzio il modo sbagliato di fare la “loro” attività, pensando che io voglia bocciarla in toto. Certo, la critica è più dura con certe attività rispetto ad altre, ma questo significa che alcune attività hanno più difficoltà a diventare veri oggetti d’amore rispetto ad altre. Quindi: chiedetevi sempre come vivere la vostra attività in modo equilibrato!
Gli idoli
Accanto a questi casi si è portati spesso a interagire con concetti cui affidiamo ciecamente la nostra vita con la speranza che ci ricambino con gioia, serenità, felicità. Sarebbero oggetti d’amore che, se accettati, porterebbero a una condizione automaticamente positiva dell’esistenza.
Di solito questi oggetti d’amore imposti sono idoli che derivano dai condizionamenti sociali e/o familiari subiti nell’infanzia e nell’adolescenza (per approfondire si veda il link). Per l’adoratore l’idolo è buono di per sé, diventa un valore su cui si basa la sua autostima da successo. Se mi sposo è il giorno più bello della mia vita, se non mi sposo sono un fallito.
Purtroppo alcune correnti di pensiero hanno irrobustito la consistenza degli idoli nella società, impedendo a gran parte della popolazione di arrivare a veri oggetti d’amore e alimentando quell’autostima da successo che è una pessima autostima.
Come liberarsi dagli idoli? Semplicemente con la verifica molto critica che l’idolo migliori la nostra qualità della vita! Se non lo fa… abbattetelo. In questo spirito, nel Personalismo si parla di rivoluzione.
Tutto ciò che amiamo in modo costruttivo può diventare per noi una luce che ci guida alla serenità e alla felicità. Più luci ci sono nella nostra vita più facile è vivere. Perché una luce non si spenga o non si trasformi in un fuoco che ci divora occorre amare nel modo giusto. Come abbiamo premesso, tre sono i passi necessari e il primo è la conoscenza.
Può sembrare ovvio, ma non c’è amore dove c’è superficialità. Ci sono persone che si occupano di tutto e scambiano la conoscenza con una banale comprensione degli aspetti più importanti dell’oggetto. In realtà chi ama apprezza i dettagli, le finezze, i continui miglioramenti che può dare solo una partecipazione intensa a ciò che si sta vivendo. Chi ama diventa un esperto di ciò che ama, non gli basta accontentarsi di una sommaria conoscenza. Del resto se amiamo una persona non desideriamo forse conoscerla a fondo?
Alla conoscenza si può collegare la curiosità, una caratteristica neutra dell’animo umano. Può essere positiva quando è conseguenza dell’amore, quando ci porta sempre più in là nella conoscenza, ma è uno stupido difetto quando si limita a una morbosa attenzione per qualcosa di cui tutto sommato non ci importa più di tanto e che comunque non può cambiare la nostra vita.
Quindi: conoscere, conoscere, conoscere. Dove osservate qualcosa di positivo, non siate superficiali, ma cercate di conoscere di più. Approfondite le cose, chiedetevi i perché e gustate ciò che capite e scoprite. Diventati esperti in ciò che amate o imparate a conoscere la persona o l’animale a cui volete bene.
Poiché l’amore si dimostra con le azioni la conoscenza di un oggetto d’amore ha bisogno di tempo, cioè l’oggetto d’amore va coltivato. Quindi la conoscenza è il risultato di studio, tempo e coinvolgimento. Se “amo” una cosa, ma non ho tempo di coltivarla, a livello esistenziale tale oggetto resta un piacevole passatempo e nulla più.

Può sembrare ovvio, ma non c’è amore dove c’è superficialità.
Chi passa da una “passione” (hobby) all’altra in realtà è solo in cerca della novità. La novità è il surrogato dell’amore, con le sue sensazioni immediate, ma passeggere, a volte forti, ma transitorie. Chi ricerca la novità (o la moda del momento!) non sta amando, cerca solo di riempire la propria vita con qualche sensazione; così facendo apre le porte all’insoddisfazione esistenziale che scatta quando non si riesce a trovare qualcosa di forte che ci scuota dalla noia della routine quotidiana.
La mancanza di stabilità in ciò che si ama è tipica degli svogliati (costa troppa forza amare fino in fondo il proprio oggetto d’amore) o degli insoddisfatti (il risultato ottenuto è sempre troppo poco e si sogna di fare meglio in un altro campo), ma anche altre personalità possono essere attratte dalla superficialità del nuovo.
Per capirci meglio, consideriamo come possa essere vissuto in due modi completamenti diversi il concetto di arte. Per l’artista creare una nuova opera significa amare la propria creatività, cercare di trovare valori profondi in quello che fa. Per la persona ricca e annoiata che non sa neppure distinguere un originale da un falso, ma che desidera arredare con un’altra opera d’arte il suo salotto, l’arte non è altro che un mezzo per riempire la propria vita di una novità che probabilmente riuscirà a darle un’ora o una giornata di sensazioni positive. Tanto è grande e nobile la sfida dell’artista, così è vuoto, superficiale e privo di senso il comportamento dell’acquirente.
L’esempio precedente non è casuale perché un altro modo di capire i limiti della novità sta nel confrontare arte e moda: la moda sta all’arte come la cronaca sta alla storia. Ve lo immaginate Leonardo che butta la Gioconda perché l’anno dopo che l’ha dipinta non è più di moda?
Chi si affida alla novità ha spesso una capacità d’amare nulla, perché alterna momenti di euforia (quando c’è il nuovo) a momenti di depressione (quando gli sforzi di trovare la novità sono vani); fra di essi c’è la calma piatta della noia.
Notiamo come in risposta a un momento negativo sia errata la scelta del “compratore folle”: sono depresso, esco e vado a comprarmi qualcosa. Invece di trovare qualcosa da amare, da conoscere a fondo, ricerca la novità: la strategia è destinata al fallimento.
Falsi amori – Sono quelli di chi per periodi sufficientemente lunghi ha fatto qualcosa, poi improvvisamente smette e passa ad altro. Certo, se sono cambiate le condizioni esterne, ciò è possibile, ma se il cambiamento dipende semplicemente dal “non avere più voglia”, allora il comportamento è indice che la motivazione su quella passione non era certo l’amore. Molti campioni dello sport, quando smettono, continuano a praticare l’attività sportiva, altri diventano totalmente sedentari: i primi amano lo sport, i secondi lo facevano solo spinti da altre gratificazioni (i soldi, la fama, il successo ecc.).
Si noti che una persona che “cambia perché non ne ha più voglia” è di fatto una persona pochissimo affidabile, quella che una mattina dice alla moglie che aveva sempre “amato”: “cara, mi spiace, non ti sopporto più”.
La frequenza
Per il Personalismo l’amore si manifesta con le azioni per cui non avere tempo di amare qualcosa/qualcuno di fatto significa non amare. Vediamo tre casi classici.
Il primo è quello del genitore che “ama” il figlio, ma non ha tempo di educarlo, non ha tempo per conoscere i suoi interessi, in sintesi “non ha tempo per lui”: dov’è l’amore?
Il secondo è quello di chi ha un hobby importante che scambia per oggetto d’amore, ma non ha sufficiente tempo per coltivarlo: “a me piacerebbe fare questo o quello, ma non ho tempo, lavoro troppo!”. Anche in questo caso nella vita del soggetto non c’è amore perché l’oggetto è come se fosse in letargo.
Il terzo è quello di chi è convinto che il rapporto con il suo partner funzioni perché ci si vede poco, dimenticando che il vero amore è quello di chi non si stanca dell’altro.
Quando manca la frequenza di fruizione dell’oggetto d’amore, questo cessa di essere tale, diventa un “sogno d’amore”. Ovviamente, il concetto di frequenza deve considerarsi relativo alle nostre scelte; se come oggetto d’amore ho la raccolta dei funghi, è ovvio che in certi periodi dell’anno non posso soddisfare la mia passione, ma l’impedimento non dipende da una mia scelta, è impossibile al 100%. Nel caso del padre o della madre superimpegnati, l’impedimento di passare un tempo sufficiente con i figli dipende solo dalla loro scelta lavorativa, non è un impedimento al 100%.
L’indipendenza
Molti visitatori avranno trovato abbastanza scontati i paragrafi precedenti, interessanti, ma tutte cose che sapevano già. Alcuni di loro avranno però una sorpresa finale da questo ultimo capitolo del nostro viaggio attraverso l’amore.
È comune trovare persone che coltivano una luce nella loro vita, cioè un oggetto d’amore. Dai più usuali e importanti (un partner, i figli, un’occupazione) a quelli considerati più futili (gli hobby), ma fondamentali per assicurare una buona qualità della vita. Ciò che non è comune è capire che, se si ha un’ottima capacità di amare,
la nostra felicità non deve dipendere da ciò che si ama.
Può sembrare un controsenso e una negazione dell’amore, ma chi ama veramente è indipendente dall’oggetto d’amore, riesce a farne sorprendentemente a meno, a superare un’eventuale mancanza, temporanea o definitiva (magari con altri oggetti d’amore).
Troppo spesso si investe tutta la vita su un solo oggetto (ovviamente per oggetto si può intendere anche una persona), senza il quale l’esistenza non ha più senso. Certo, se si perde qualcuno o qualcosa che si ama moltissimo, si passeranno momenti spiacevoli, ma chi sa veramente amare saprà trovare altri oggetti d’amore a cui rivolgere le proprie attenzioni.
L’amore non deve essere una droga di cui non si riesce a fare a meno.
In teoria anche chi è schiavo del proprio oggetto d’amore può essere felice: l’importante è che non lo perda. La sua felicità è instabile se confrontata con quella di colui che riesce a essere indipendente. Pensiamo alla frase tipica del romantico: “Senza te non ha senso vivere” o a frasi similari; non sono espressioni d’amore per un partner, ma piuttosto rivelano l’incapacità di aver risolto la propria vita prima di quell’incontro, rivelano un’immaturità esistenziale; ben più sensata è la frase: “Ero felice anche prima di conoscerti, ma ora con te è ancora meglio!”. La felicità di chi non è indipendente dall’oggetto d’amore non solo è instabile, ma spesso è avvelenata dalle nevrosi che si instaurano a causa della dipendenza. In campo affettivo la gelosia e la possessività sono gli esempi più comuni e disastrosi: essere gelosi non è una dimostrazione d’amore, è solo una penosa dimostrazione di come non si sappia amare nel modo giusto e di come si sia dipendenti dall’oggetto d’amore.
In altri campi la dipendenza si manifesta con una relazione netta fra il vissuto di ciò che si ama e la felicità delle proprie giornate: quando manca l’oggetto d’amore o ci tradisce in qualche modo, siamo sperduti, abbattuti, nervosi o in mille altri stati negativi.
Tipica degli apparenti è la nevrosi conseguente a una completa dipendenza dall’oggetto d’amore che li rende visibili al mondo. Se valgo perché ho successo (quindi visibilità sociale: per loro è importante apparire, non essere!), divento schiavo di ciò che mi fa valere. Ecco allora che l’oggetto d’amore può trasformarsi in un boomerang che avvelena la nostra esistenza.
Riflettete a lungo sul concetto di indipendenza e chiedetevi: saprei vivere e trovare altre luci se quella (o quelle) attuale si affievolisse?
Riassumendo
- Se non conosci a fondo ciò che ami, al più è solo un passatempo.
- Se ti sei stancato di ciò che credevi di amare, era solo una moda.
- Se sei schiavo di ciò che credi di amare, è solo una droga.
- Se ciò che ami lo dimentichi nei momenti bui, era solo un divertimento.
Indubbiamente per valorizzare al meglio i nostri oggetti d’amore è necessaria comunque una soglia minima di energia vitale. Se non si arriva a questa soglia, può capitare che nei momenti di maggiore stanchezza esistenziale si appanni il nostro interesse; se ciò accade, è necessario aumentare la propria energia vitale. Dei tre punti citati nel paragrafo Aumentare l’energia vitale, probabilmente il più importante è il secondo: la socializzazione aiuta a motivarci anche quando siamo stanchi e da soli non riusciremmo a godere al meglio del nostro oggetto d’amore.
E gli obiettivi?
“Nonostante abbia oggetti d’amore, non riesco a viverli in modo da incrementare significativamente la qualità della mia vita”. Il soggetto rispetta le quattro condizioni per cui una passione sia un vero oggetto d’amore (conoscenza, stabilità, frequenza, indipendenza). Commette però un errore fondamentale: ritiene che un oggetto d’amore debba avere un obiettivo concreto. L’obiettivo diventa una condizione necessaria e, a poco a poco, avvelena la vita. L’obiettivo deve essere la ciliegina sulla torta, ma non può essere il fattore che tiene in piedi la passione. Ancora un esempio sportivo: se mi va male una gara, posso arrivarci a riderci sopra con gli amici, capire perché non è andata bene, ma non certo essere “insoddisfatto” perché comunque ho vissuto le sensazioni della corsa. Correre per vincere avvelena la mia passione.
Si noti, per esempio, che quanto detto non vale per il lavoro che per il 99% di chi legge non è un oggetto d’amore (per favore, non dite che il vostro lavoro vi piace, se non sareste disposti a farlo gratis, come si fa per i veri oggetti d’amore): nel lavoro l’obiettivo è ciò che dà soddisfazioni. Vero che le soddisfazioni non sono la felicità, ma comunque sono un premio per qualcosa che si deve fare per vivere.
Passioni e oggetti d’amore
Nel linguaggio comune si usa spesso il termine passione. Cosa distingue una generica passione da un oggetto d’amore? Sostanzialmente quattro fattori: la conoscenza, la stabilità, la frequenza e l’indipendenza.
Farò tre esempi che riguardano un mio oggetto d’amore, la corsa.
Conoscenza – Che dire di tutti quei runner che si inventano teorie come quella dei muscoli duri il giorno dopo la gara perché sarebbero “ancora pieni di acido lattico”? Di quelli che partecipano a ogni gara finché migliorano, poi, stupiti di non essere diventati campioni, abbandonano? La loro grande passione si scioglie come neve al sole dell’ignoranza. Evidentemente la mancata volontà di conoscere nascondeva una passione effimera o motivazioni diverse dal vero amore (per esempio la voglia di visibilità).
Frequenza – Che dire di tutti quei runner che corrono solo alla domenica mattina solo “perché non hanno tempo”?
Indipendenza – Che dire di quei runner che cadono in una vera e propria depressione per un infortunio? O di quelli che s’arrabbiano per una brutta prestazione o perché un loro amico/nemico ha soffiato loro un premio? La loro passione è solo una droga perché non sanno viverla con equilibrio e ne dipendono.
Stabilità – Che dire di tutti quei runner sottoallenati (magari in sovrappeso) che non perdono l’occasione di partecipare a una maratona; che ti descrivono con “passione” la loro gara, le loro fortissime emozioni? Gara alla quale si sono preparati allenandosi una o al massimo due volte alla settimana perché “non hanno tempo”… Addirittura d’inverno magari non escono per settimane, tanto poi a primavera si riprende. Idem per tutto il mese delle ferie perché a stare in spiaggia si fa meno fatica, poi a settembre di nuovo in pista.
I conflitti fra oggetti d’amore
La stragrande maggioranza della popolazione non ha una sufficiente capacità di amare. Esiste però anche una piccola percentuale che abusa di tale capacità. In essa non è presente un’analisi che eviti i conflitti fra gli oggetti d’amore.
Se per vari motivi o per scelte precedenti si hanno risorse limitate è bene che noi scegliamo i nostri oggetti d’amore tenendo conto di questi vincoli. Come un figlio si fa per amore (cioè se si hanno il tempo e la voglia di amarlo), così un oggetto d’amore lo si sceglie se è compatibile con la nostra vita. L’alternativa è cambiare la propria vita. Lasciare però in piedi il conflitto genera comunque un senso di insoddisfazione che dà alla nostra esistenza il sapore dell’incompiuto.
Io amo lo sport, ma non ho mai pensato di dedicarmi al ciclismo perché mi rendevo conto che praticarlo con amore mi avrebbe richiesto troppo tempo; stessa cosa per il pianoforte o per altri oggetti d’amore che non “sarebbero riusciti a entrare nella mia vita”.
Gli oggetti d’amore devono cioè incastonarsi nella nostra vita come pezzi di un puzzle che combaciano perfettamente, senza dover usare le forbici per mutilarli e farli entrare a forza.
Se avete una grande capacità d’amare, non fate il passo più lungo della gamba, usate l’analisi dei conflitti per evitare di impegnarvi in troppe cose con il rimpianto di dover comunque farle tutte a metà.
Hobby, interessi, oggetti d’amore: come scegliere?
Mi scrivono tanti ragazzi con un problema comune (a dire il vero mi scrive anche qualche genitore, preoccupato che il figlio abbia troppi interessi): fanno tante cose e non sanno quali privilegiare fra esse. Hanno ben chiara la distinzione fra oggetti d’amore e hobby, ma a loro sembra un peccato non godersi certe “piacevolezze”, pur sapendo che non diventeranno mai oggetti d’amore. Chiedono cosa fare: eliminarne alcune (ma perché?)? Viverle tutte “a sensazione” con il rischio di farle tutte male? Viverle a rotazione (con modalità simili a quelle che io indico per gli oggetti d’amore)?
Nessuna di queste soluzioni mi appare interessante. Innanzitutto a loro sfugge un fatto fondamentale: che la loro condizione è transitoria perché, appena entrati nel mondo del lavoro o di altri impegni (famiglia), il tempo a disposizione calerà e quindi necessariamente dovranno operare delle scelte. Di solito accade che le piacevolezze siano dimenticate proprio perché la testa è presa da altri problemi; il soggetto incomincia a vederle come momenti di gioia e, di fatto, sopravvive perché non è altro che un detenuto in libera uscita che aspetta di fare una bellissima passeggiata o di avere tempo di vedere un bel film. Con gli oggetti d’amore è diverso, perché, se sono veramente tali, reclamano spazio a gran voce e, se non si è altamente condizionati, si finisce giustamente per darglielo e non si sopravvive.
C’è poi chi come me che praticamente non vive né di hobby né di piacevolezze perché ha diversi oggetti d’amore che riempiono la sua giornata e una “piacevolezza” paradossalmente degraderebbe la qualità della vita perché porterebbe via spazio agli oggetti d’amore. Classico l’esempio della vincita di un soggiorno ai Tropici: molte persone troverebbero il tempo per andarci, io lo venderei subito o comunque rinuncerei perché “ho troppo da fare e troppo da amare”. Vivere solo di oggetti d’amore è possibile solo se si ama veramente tanto la vita (si veda Don’t let the sun go down on me… ) e, lo capisco, non è da tutti. Ma per un ragazzo anche annegare in hobby e cose piacevoli può essere veramente inconcludente se alla fine non servono come esperienze per capire cosa sceglierà da grande, se non sono semi buttati per vedere che piante nasceranno e tenere solo poi quelle più fruttifere.
Consideriamo poi che chi vive di piacevolezze con l’età le apprezzerà sempre meno (questo concetto è espresso nell’articolo sui Top People); è infatti questo uno dei motivi per cui chi ha oggetti d’amore vive molto meglio la seconda parte della sua vita rispetto a chi non li ha, ma ha solo qualche hobby.
Consiglio finale: se si hanno tanti interessi, imparate a coltivare quelli che potranno diventare oggetti d’amore. Come sceglierli? Sono quelli che stancano di meno e si è più portati ad approfondire.