La nostalgia (dal greco nostos, ritorno e algos, dolore) si può definire come il ricordo malinconico, a volte struggente, di qualcuno o di qualcosa appartenente al passato, che nel presente non c’è più. Un senso di frammentarietà dell’oggi rispetto a ieri; il desiderio acuto di tornare a luoghi lontani, di richiamare in vita qualcosa che non esiste più e di cui si sente una dolorosa mancanza.
Gli occhi e la mente sono persi nell’immaginare con tristezza e rimpianto situazioni passate che si vorrebbero rivivere perché riportano ricordi positivi, atmosfere piene di sentimento, suoni e profumi che attraggono spesso in modo irresistibile verso un mondo scomparso, facendo piacevolmente rivivere, per qualche istante, quello specifico tempo andato.
Proprio per quel ritorno al passato che la caratterizza e grazie alla sua forza di evocare la parte più bella di ciò che è stato, alcuni ritengono che la nostalgia si possa anche considerare un sentimento ambivalente, con aspetti negativi e positivi. In realtà, come vedremo, ha sempre una connotazione negativa perché contribuisce a diminuire lo stato emotivo del soggetto.
Non si tratta però di un’emozione nuova o tipica dei nostri tempi perché è nota fin dall’antichità.
Già nell’Odissea, descrivendo le interminabili avventure di Ulisse, Omero riporta spesso una profonda e sofferta nostalgia del protagonista nel ricordare la sua amata Itaca e gli affetti lasciati da così lungo tempo.
Anche Manzoni, ne I promessi sposi, pur senza menzionarla espressamente, ne descrive gli effetti su Lucia nel momento in cui, di notte, a bordo di una barchetta, è costretta a lasciare le sue terre per rifugiarsi altrove, ignara del futuro che l’aspetta e fortemente nostalgica dei suoi monti già nel momento stesso del forzato abbandono (“Addio, monti sorgenti dall’acque, …”).
Cosa dire poi degli schiavi neri d’America che, a cominciare dal 1700 in Alabama, Louisiana, Mississippi ecc., erano costretti a lavorare nelle piantagioni di cotone in condizioni spesso disumane? Proprio in quelle situazioni e in quel tempo ebbero origine i primi canti spirituals e poi il blues, genere musicale ancora oggi molto noto e da sempre ispirato e associato alla sofferenza degli schiavi per ciò che era stato (la libertà) e il loro presente (la schiavitù). Ancora oggi la parola blues (o blue) per gli anglosassoni non identifica solo un genere musicale, ma anche malinconia, tristezza nostalgica.
Un po’ di storia
Storicamente il termine nostalgia è nato grazie a un medico svizzero (Johannes Hofer, 1669-1752) che per primo ne descrisse scientificamente le caratteristiche e i sintomi tra i soldati svizzeri arruolati in reggimenti stranieri: dopo un certo tempo dalla partenza per la guerra, molti soffrivano di febbri e manifestavano stati depressivi pare proprio in conseguenza della lunga e penosa lontananza da casa. Questa loro nostalgia era espressa anche in un canto (c’è un’analogia con il blues dei neri americani) che poi fu espressamente vietato. Inizialmente si riteneva addirittura che si trattasse di una sindrome tipicamente svizzera, tanto che le fu dato anche il nome di mal du Suisse.
Studi successivi, in Svizzera e altrove, contribuirono ad approfondirne e descriverne meglio le caratteristiche sia in relazione alle cause che alle conseguenze: proprio la frammentarietà di un presente percepito infelice e quel concomitante sofferto sguardo rivolto al passato, indirizzarono gli studiosi a considerare la nostalgia come una vera e propria malattia psichica.
In studi più recenti, particolarmente negli ultimi 20-30 anni, alla nostalgia sono state invece attribuite caratteristiche differenti e sempre più si è teso a considerarla in modo più attenuato, senza tratti propriamente patologici, attribuendole addirittura una funzione utile dal punto di vista psicologico (per contrastare il senso di solitudine, l’ansia, la noia del presente) ed evoluzionistico (secondo il prof. Constantine Sedikides, la nostalgia potrebbe essere servita all’evoluzione e alla sopravvivenza: i ricordi, se non possono cambiare il presente, opportunamente utilizzati aiuterebbero a combattere per avere un futuro migliore, magari più simile a quel passato conosciuto e sperimentato come positivo).
Secondo questa visione moderna, il “vantaggio” della nostalgia sarebbe quello di dare un senso di continuità all’esistenza poiché, mosso proprio dai ricordi e dalle emozioni a essi associate, l’essere umano sarebbe più consapevole delle proprie radici e di ciò che è stato: questa consapevolezza gli darebbe maggiore forza per raggiungere nuovi migliori obiettivi.
Secondo questi studi, la nostalgia non avrebbe pertanto un’accezione solo negativa, ma la si potrebbe considerare anche una preziosa risorsa per aiutare a vivere meglio, non costituire un semplice spietato paragone tra presente e passato che fa percepire il presente come un fallimento.
Perché la nostalgia è negativa
Chiunque consideri la nostalgia positiva dovrebbe considerare l’etimologia del termine: non si comprende come qualcosa di doloroso possa essere positivo e le posizioni che vorrebbero trovare in essa valenze positive dimenticano che ci sono soggetti che non sono assolutamente nostalgici, pur avendo avuto un passato “migliore” del presente.
La valenza negativa della nostalgia è dovuta al fatto che abbassa lo stato emotivo del soggetto; del resto, basta riflettere sul fatto che un soggetto che vive nostalgicamente tutte le sue giornate, probabilmente si definirebbe “depresso”. Il giudicarla anche positivamente fa parte di quelle correnti piscologiche che, per esempio, tendono a giudicare positivamente anche sentimenti come la gelosia (“basta non esagerare” è il superficiale commento) o quelle correnti mediche che sostengono che un’influenza rafforzerebbe l’individuo (cosa che non è vera!).
È pur vero che molti soggetti usano la nostalgia per migliorare un presente che appare cupo, diventa una medicina esistenziale per chi non riesce a trovare una soluzione per dare al presente un orizzonte molto positivo. Non a caso, quando accade qualcosa di spiacevole nella vita si invita chi ha subito l’evento negativo ad andare avanti, non certo a “piangere sul latte versato”.

Per quel ritorno al passato che la caratterizza e grazie alla sua forza di evocare la parte più bella di ciò che è stato, alcuni ritengono che la nostalgia si possa considerare un sentimento ambivalente, con aspetti negativi e positivi.
Nostalgia – Come gestirla
La nostalgia è un sentimento che può essere trasversale fra le personalità, dipendendo dal vissuto. Ricapitolando, la nostalgia ha tre fasi:
- Il paragone del presente con il passato.
- La dolorosa conclusione di un passato decisamente migliore.
- L’incapacità di trovare soluzioni per migliorare il presente.
Questo è il ciclo della nostalgia, perché spesso dal punto 3 si torna al punto 1 e si ricomincia.
Il primo punto è tipico di chi “ha tempo” per fare questi (continui) confronti. Chi ha una vita felice non è certo preda della noia ed è così coinvolto nel suo vivere quotidiano che non ha neppure tempo da dedicare al passato. Il senso della vita è proprio questo: avere oggetti d’amore che ci distraggano continuamente da ciò che è dolore (come anche il senso della morte, della fine). Non a caso, il primo punto è soprattutto presente nei soggetti con una personalità vecchia in età avanzata dove nostalgia e pensiero della fine avvelenano le giornate.
Da notare, che non si deve confondere la nostalgia con i bei ricordi del passato. Anche per le persone equilibrate e felici, i ricordi di bei momenti e luoghi del passato continuano a esserci, ma restano solo semplici piacevoli ricordi di persone, fatti e luoghi che hanno reso più bella la vita in determinati momenti. Il ricordo non è “doloroso”.
Il secondo punto può essere oggettivo, ma può anche essere decisamente amplificato dalla personalità del soggetto. Per esempio, uno svogliato che ha un lavoro impegnativo può avere nostalgia dei tempi della scuola in cui si divertiva alla grande con amici e compagni di classe. Un romantico può essere travolto dalla nostalgia per i primi anni della relazione che ha segnato la sua vita. Un insofferente può nostalgicamente fissarsi sull’aspettativa una volta realizzata e oggi invece sfumata ecc. Il vantaggio di una personalità equilibrata è che questa amplificazione non c’è e il punto 2 viene giudicato “oggettivamente”.
Il terzo punto è quello che tende a caratterizzare maggiormente i soggetti nei confronti della nostalgia. Il nostalgico non trova soluzioni per andare avanti! Anziché migliorare (anche di poco) il presente, preferisce cristallizzarlo e vivere nel passato, continuando nel continuo loop del nostalgico, un’interminabile rotazione fra i punti 1, 2 e 3.
Il miglioramento del presente va valutato nella fattispecie e discuterlo è fuori dagli scopi di questo articolo: può essere necessaria la professionalità di uno psicologo (quando, per esempio, l’evento è particolarmente “luttuoso”) oppure di un life coach, quando sia chiaro come l’incapacità della soluzione dipende dalla personalità non equilibrata del soggetto.
Nei soggetti particolarmente equilibrati, basta anche una consapevolezza personale per aiutare a trovare una nuova dimensione di vita che non lasci nemmeno lo spazio per incominciare il ciclo della nostalgia.
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Tino Gallinari
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