In psicologia la normalità indica un carattere, un’azione o una condizione che si ritiene consueta nel modo di vivere e agire delle persone; fa riferimento alla salute fisica o a quella psichica, ai comportamenti familiari e sociali, in relazione ai vari ambiti dell’esistenza.
Per esempio, con riferimento alla pandemia, si parla moltissimo di ritorno alla normalità, volendo con questo significare il ripristino delle condizioni normali di vita esistenti prima del Covid che ha costretto tutti a vivere in condizioni anormali, eccezionali.
La frase “comprarsi un’auto da 50.000 euro è normale” verrebbe invece giustamente bocciata dai più perché tale azione non è certo comune nella nostra società, mentre potrebbe esserlo in un Paese dove il reddito medio pro-capite è altissimo.
Spesso, quindi, il concetto di normalità si contrappone a quello di eccezionalità. Per esempio, a chi gli fa notare il gesto eroico con il quale ha salvato una persona caduta in acqua da una barca e che stava per annegare con il mare molto agitato, il “salvatore” può rispondere: “è normale cercare di salvare chi sta per affogare!”. Evidentemente buon nuotatore (non un nuotatore “normale”), il soggetto minimizza, magari con lo scopo, inconscio o no, di mostrare che ciò che per gli altri è eccezionale per lui è “cosa all’ordine del giorno”!
Il concetto di eccezionalità va visto quindi come una condizione di anormalità; proprio i termini “anormale”, “non normale”, anormalità” ecc. hanno una grande importanza in psicologia perché diventano indicatori di personalità critiche, in particolare patosensibili e violenti.
Il patosensibile li rigetta, non vuole usarli (nel suo buonismo, idealista oppure ipocrita) perché esprimono un giudizio negativo sulla persona.
Il violento li usa per dimostrare presunti comportamenti amorali o addirittura illegali, finendo spesso nella discriminazione.
Entrambi sono in torto perché il concetto di anormale esprime una semplice valutazione probabilistica: prese cento persone quante hanno quella caratteristica, sono in quella condizione, agiscono in quel modo?
Il concetto di normalità di X è legato alla probabilità di trovare X nella popolazione. In generale, checché se ne dica, il concetto di normalità è oggettivo, proprio perché è da relazionarsi a comportamenti medi, alle prassi generalmente usate, ai comportamenti più tenuti. Infatti, tra i sinonimi di normale ci sono regolare, ordinario, consueto, conforme.
Tanto è vero che il concetto di normalità si evolve nel tempo: quello che era ritenuto anormale/normale in un periodo storico passato può non esserlo più oggi perché è cambiata semplicemente la percezione media della popolazione che a sua volta può aver comportato cambiamenti collettivi alla morale, alle leggi ecc.
Consideriamo la frase “essere omosessuali non è normale”. Si tratta di un buon indicatore del senso statistico delle persone.
Il patosensibile buonista la riterrà una frase omofobica, discriminatoria; il violento la riterrà una frase eticamente significativa e alla base di “giustificate” azioni più o meno discriminatorie. La frase è invece razionalmente corretta.
Calcolare la percentuale di omosessuali nella popolazione non è facile perché, ancora oggi, molti non fanno coming out. Dalle indagini statistiche migliori si può supporre che nel mondo occidentale tale dato sia stabile da anni e vada dal 3 al 10% circa, con la verità che sta probabilmente nel mezzo. Ovvio che il 6-7% non è comunque indice di normalità.
Fin dal 1973 l’American Psychiatric Association (APA) rimosse l’omosessualità dall’elenco delle patologie mentali incluse nel Manuale Diagnostico e Statistico delle Malattie Mentali (DSM). Eppure, ci sono psichiatri che affermano ancora che “gli omosessuali sono malati, persone non normali”. Penosa anche la dichiarazione di papa Francesco che ha affermato che “una cosa è quando l’omosessualità si manifesta da bambino, quando ci sono tante cose che si possono fare con la psichiatria; un’altra cosa è quando si manifesta dopo i vent’anni”. Sia questi psichiatri che il papa non capiscono che malattia e normalità sono cose razionalmente diverse: tanto varrebbe voler curare un premio Nobel perché le sue capacità non sono certo “normali”.
Consideriamo un discorso piuttosto scomodo: perché omosessualità e pedofilia (la pedofilia è il desiderio sessuale nei confronti di un bambino/a non sessualmente maturi, diversa dalla pederastia dove la relazione è con un adolescente comunque già sessualmente maturo) sono giudicate in modo completamente diverso? Non può essere per la probabilità di riscontro nella popolazione (diciamo il 5% per l’omosessualità e lo 0,05% per la pedofilia, dato raccolto di alcune indagini USA) perché le due condizioni sono comunque ampiamente minoritarie e fissare soglie di minoranza per punire questo o quello non è molto “democratico”. E ha poco senso anche il comportamento della psichiatria/psicologia ufficiale (anche se ci sono voci di dissenso) che ritiene la pedofilia una malattia (come era ritenuta un tempo l’omosessualità). Del resto, molti pedofili sono persone assolutamente “normali” per quanto riguarda altri comportamenti sociali. Quello che condanna la pedofilia è il fatto che un bambino è ritenuto ancora incapace di intendere e di volere in modo pieno come un adulto, non sa cosa sia il sesso ecc. Di fatto, il pedofilo se ne approfitta esattamente come un anziano viene raggirato da un abile truffatore. Infatti, la legge non punisce chi ha rapporti con un minore consenziente di età superiore ai 14 anni perché oggi si dà per scontato che un minore di oltre 14 anni sia “sessualmente informato” e capace di decidere con piena cognizione di causa.
Per capire come il concetto di anormalità non abbia nessun riscontro esistenziale o etico rifacciamoci alla medicina. Molte condizioni non normali nella popolazione non è detto che siano patologiche (esattamente come il sottolineare molte condizioni non ha nulla di discriminatorio). Per esempio, un’ipertrofia cardiaca può essere molto grave o del tutto normale e, anzi, rivelare un ottimo stato di salute!
Analogamente, la frase “è del tutto normale che uno studente del liceo abbia la media dell’otto” è discutibile; meglio sarebbe “per uno studente del liceo non è certo normale avere la media dell’otto”.
In altri termini, non si deve avere paura dell’anormalità; anzi, far passare per normale ciò che non lo è comunque un fraintendimento della realtà.

Il termine “normalità” è utilizzato in molti ambiti, fra cui quelli della medicina, della psicologia e della chimica.