Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. Si tratta dell’etica della reciprocità (la Regola d’Oro): Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro (Matteo 7:12). In realtà la regola è un boomerang pazzesco. Gesù intuì l’importanza della reciprocità nell’etica, ma enunciò il precetto in modo totalmente devastante: se i nostri desideri sono “sbagliati” è il caos totale. Con una battuta, invocando la regola, ogni stupratore potrebbe essere assolto perché ha dato all’altro ciò che lui desiderava (il rapporto sessuale)! Per questo è più diffusa la regola al negativo, peraltro già presente nell’antichità:
- Non fare al tuo vicino quello che ti offenderebbe se fatto da lui” (Pittaco)
- Evita di fare quello che rimprovereresti agli altri di fare” (Talete)
- Non fare agli altri ciò che ti riempirebbe di ira se fatto a te dagli altri (Isocrate)
- Ciò che tu eviteresti di sopportare per te, cerca di non imporlo agli altri (Epitteto).
Anche nella formulazione negativa questa regola promuove proprio il relativismo morale che chi la applica spesso condanna: se applicata, ci saranno tante morali quanti sono gli uomini! Per convincermi della bontà della massima, un giorno mi raccontarono questa storiella.
Un uomo stava giocando nel parco con il suo amatissimo cane quando gli si parò davanti uno strano tizio. Lo sconosciuto si rivolse all’uomo con queste parole: “Ti do questa scatoletta con questo pulsante sopra. Domani tornerò qui a riprendermela. Se non avrai premuto il pulsante allora il tuo cane morirà, se invece lo premerai morirà un uomo in Cina che non hai mai visto, conosciuto e di cui non saprai mai più nulla”. L’uomo tornò a casa con la scatoletta. Non dormì tutta la notte. Il giorno dopo tornò al parco. Aspettò lo sconosciuto. Quando questi arrivò, l’uomo, un istante prima di ridargli la scatoletta, premette il pulsante. Lo sconosciuto vide la scatoletta col pulsante premuto, sorrise e disse all’uomo: “Benissimo, hai fatto la tua scelta. Ora prenderò questa stessa scatoletta e la darò a un uomo cinese, che ha un cane come il tuo, che lo ama come tu ami il tuo e che non ti ha mai visto, conosciuto e di te non saprà mai più nulla…”.
La storiella, messa così, sembra avvalorare la tesi di non fare (anche involontariamente) del male ad altri perché potremmo a nostra volta riceverlo. Questa massima non può però essere messa alla base di nessuna scelta razionale di vita, è banale e incoerente: bei paroloni inapplicabili e utopistici (cioè è una risonanza sentimentale). A mio avviso, è solo uno dei mezzi con cui la Chiesa è riuscita ad attrarre nei secoli scorsi masse di deboli, schiacciati da ingiustizie sociali, familiari, ideologiche.

Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te: una massima ormai abusata, potenzialmente fuorviante
Dobbiamo accorgerci che l’espressione di questa frase può essere un test. Analizziamo due modi di esprimerla.
Modo furbo – Faccio scegliere fra la morte di un cane e la morte di un uomo, anche se sconosciuto in un Paese lontano; chi non ama particolarmente i cani è portato a concludere che si salva lo sconosciuto e che quindi la massima valga anche per gli sconosciuti.
Modo realistico – Faccio scegliere fra la morte della persona a me più cara e quella di un bambino sconosciuto che muore di fame: anche a malincuore, ogni persona ragionevole premerebbe il pulsante e si renderebbe conto che la massima non ha senso perché non stabilisce una gerarchia, una priorità del mio modo di amare. Non avrei dubbi.
Gli esempi pratici che distruggono la massima sono facilmente rintracciabili anche senza scomodare scenari irrealistici: non vorrei essere mai bocciato, per cui, se sono un professore, non boccerò mai nessuno; non vorrei mai essere lasciato, quindi, anche se non c’è più amore, non lascerò mai il mio partner; ecc. In genere, l’unica risposta che si dà a questi esempi è un “E che c’entra?” che rivela l’incapacità di risolvere i problemi logici. Problemi che nascono dal fatto che massime come quella considerata non tengono contro che la realtà è zeppa di “conflitti su risorse”. Questo è particolarmente chiaro nell’analisi di un’altra famosa massima: la mia libertà finisce dove comincia la vostra.