La mia libertà finisce dove comincia la vostra. Questa la frase di Martin Luther King che affascina molte persone. In realtà è un caso di risonanza sentimentale, cioè una frase a effetto priva di ogni spessore concreto e razionale. Vediamo perché.
Innanzitutto, come si può capire dove finisce quella dell’altro? Dove comincia la mia! Ma allora il riferimento è circolare e praticamente non si risolve.
In pratica, non si risolve perché nella realtà esistono risorse su cui gli individui convergono. La legge serve a gestire questi conflitti, ma molti aspetti (legalmente competitivi) sono lasciati scoperti. Inoltre non è detto che una legge sia da tutti ritenuta giusta e, come spiegato nell’articolo sulla legge, rispettare la legge non vuol dire non infrangerla, ma “non infrangerla o, se la si infrange, accettare la pena, senza pretendere di avere ragione” (il principio della disobbedienza civile, vedasi de La Boétie, Gandhi, Thoreau, don Milani).
Consideriamo due auto che arrivano a un incrocio; chi passa per prima? Certo il codice della strada può sostenere che passa chi proviene da destra, ma se all’incrocio si presentano quattro auto? Magari c’è una bella rotonda in cui la regola ci dice che i veicoli in arrivo, prima di immettersi nell’anello, devono dare precedenza ai veicoli già all’interno della stessa rotonda. Ma se arrivano tutti contemporaneamente? Non a caso, i più furbi o i più veloci a immettersi passano prima.
Nella vita sono innumerevoli i casi quotidiani dove ci scontriamo con gli altri, dove cioè contendiamo una risorsa; dalla precedenza stradale al posto di lavoro, all’occupazione di una risorsa condominiale alla contesa di un partner ecc. Non a caso, basta pensare a litigi stradali, condominiali, amorosi, sul lavoro, sportivi ecc.
ogni volta che si compete per una risorsa c’è conflitto.

La statua dedicata a M. L. King per il Memorial del 15 giugno 2013 a Washington
Supponiamo di applicare la regola di questo articolo. Ci sono due casi.
Il debole lascia sempre il passo perché non vuole scontri. La regola rende le persone come Fracchia, il debole per eccellenza.
Il patosensibile ipocrita si rende conto che non può vivere cedendo sempre il passo e allora applica la regola solo in quei casi in cui il danno all’altro è grave e particolarmente visibile. Caso classico quello del pacifista che litiga alla riunione condominiale come una furia, ma poi va alla manifestazione con la bandiera della pace. Purtroppo ci sono casi in cui anche l’adattamento della regola alla vita pratica mostra i suoi limiti, quando cioè non si può evitare di fare un danno comunque grave all’altro (esempio classico: ottengo un posto di lavoro ai “danni” di un disperato che, non riuscendo a mantenere la propria famiglia, si ammazza).
Generalizziamo quanto detto. Pensiamo allo scenario in cui due persone possono schiacciare un pulsante per aggiudicarsi la risorsa. Se nessuno schiaccia, la risorsa è persa. Questa situazione vale per quanto finora detto, per esempio nel caso della rotatoria, il pulsante è banalmente il pedale dell’acceleratore, chi schiaccia per primo entra per primo nella rotatoria e ha la precedenza.
Il pulsante può essere rappresentato anche da una donna: l’uomo che schiaccia per primo ottiene l’invito e da lì può iniziare una relazione ecc.
Arriviamo al coso estremo, la risorsa è la vita. Chi schiaccia per primo è salvo.
Se entrambi sono deboli, applicano la massima e muoiono entrambi (in un’altra sala un terzo furbacchione che non applica la regola ha schiacciato!).
Se uno dei due è debole, non schiaccia e muore.
Cosa accade se uno o entrambi sono patosensibili ipocriti? Che cercheranno di schiacciare e poi il sopravvissuto si convincerà che “questo era un caso eccezionale”. Coerenza zero, moralità penosa, un individuo che appare buono, ma è di una meschinità assoluta.