L’invecchiamento inizia dai vent’anni in poi. Questo dal punto di vista biologico. Ma dal punto di vista psicologico, quando si incomincia a invecchiare? Il processo è molto simile a quello biologico: esiste una fase di maturazione (che termina quando l’individuo ritiene che la maggior parte di scelte di vita siano da ritenersi stabili per un periodo sufficientemente lungo) seguito da una fase più o meno lunga di stabilità cui segue infine l’inizio della fase discendente.
Se dal punto di vista biologico è abbastanza semplice determinare quando un certo parametro (per esempio un ormone) inizia a essere prodotto in quantità inferiore, dal punto di vista psicologico qual è il segnale che dà il via al decadimento?
Poiché è l’individuo stesso che inizia (anche inconsciamente) il proprio invecchiamento psicologico, occorre comparare il comportamento di un vecchio e quello di un giovane per arrivare alla soluzione.
Dal punto di vista psicologico si rileva immediatamente che
il vecchio ha deciso di non fare più le stesse cose che faceva da giovane.
L’errore fondamentale che spesso si commette (e purtroppo è commesso anche dai media e da chi è preposto all’assistenza agli anziani) è considerare la vecchiaia come ineluttabile. In realtà, chi non ha fatto nulla per non invecchiare è colpevole della sua vecchiaia.

Esiste una vera e prorpia branca della psicologia che si occupa dell’invecchiamento dal punto di vista neuropsicologico
I mai più!
Poiché da giovane probabilmente faceva determinate cose senza problemi, è ovvio che è l’abbandono progressivo dei comportamenti giovanili che causa l’invecchiamento psicologico.
La cosa interessante è che esiste una spia ben precisa che indica quando scatta la decisione di abbandonare un comportamento giovanile: si tratta della decisione volontaria e intima del soggetto di non comportarsi più in un certo modo, di escludere dalla propria vita un’entità che apparteneva alla sua giovinezza. La frase classica (inconscia o esplicita) è: “Mai più!”.
Sottolineo volontaria e intima: qualunque abbandono causato da reali motivi (non alibi!) non è indice di invecchiamento; per esempio nell’ambito della rotazione degli oggetti d’amore, un soggetto può decidere di abbandonare un oggetto d’amore perché condizioni esterne lo hanno fatto appassire.
Lo sportivo che dopo una carriera di successo abbandona l’agonismo, può comunque continuare a praticare il suo sport (non dice “Mai più!”) oppure lasciarlo del tutto, magari trasformandosi in un ozioso manager nell’ambito dello sport. In questo secondo caso il contraccolpo psicologico dovuto all’abbandono dello sport praticato da anni non può che provocare un invecchiamento. Si deve notare che non è l’abbandono dello sport agonistico a provocare l’invecchiamento, ma l’abbandono dello sport in generale. Infatti, il primo “abbandono” non è dovuto al soggetto (che magari non è più competitivo e non viene più selezionato), mentre il secondo è una scelta totalmente sua.
Se i “mai più” diventano sempre più numerosi e frequenti il soggetto invecchia rapidamente e a 40 anni può tranquillamente avere un’età psicologica di 60.
D’altra parte è facilmente rilevabile che chi viene giudicato giovanile è in genere una persona che fa le stesse cose che faceva anni prima o addirittura ha gli stessi comportamenti di quando era al culmine della maturità.