Il modo più semplice di costruire l’immagine di sé è capire i risvolti di una celebre massima che ho così modificato:
l’abito non fa il monaco, ma se ti vesti da fagiano ti impallinano.
La prima parte (il proverbio classico) è rivolto soprattutto agli apparenti: apparire in un certo modo non dà nessuna facilitazione a esserlo, può servire solo a ingannare gli altri sulla nostra vera identità, finalizzando l’apparenza a una vita da furbastro, tipica di una certa assenza di valori morali.
La seconda parte della massima riguarda invece chi apparente non è, ma trascura la propria immagine, nella convinzione che non debba contare nulla nel giudizio della persona. In realtà non è così perché
l’immagine di sé deve essere coerente con ciò che sentiamo di essere.
In sostanza, l’immagine di sé diventa un indicatore esistenziale sia quando è “falsa” (ma sta a noi scoprire che chi sta davanti sta barando) sia quando è coerente con il nostro intimo.
Una persona con tatuaggi e/o piercing evidenti non sarà mai in posizioni importanti di un’azienda, un ospedale, un’organizzazione mentre potrà essere un grande artista o una rockstar. Questo perché tatuaggi e piercing sono facilmente correlabili con una certa irrazionalità della persona (non c’è nessun motivo razionale per farseli, ma di solito sono manifestazioni collegate alla parte romantica della persona) che contrasta con la necessaria responsabilità che certi posti richiedono.
Curare la propria immagine può avere quindi un doppio senso: negativo per l’apparente che bara, mostrandosi migliore di quello che è; positivo per chi cerca coerenza con il proprio intimo e vuole trasmettere un messaggio corretto agli altri.
Autorità e immagine
Non è difficile scoprire che l’autorità (cioè l’autorevolezza che nasce da una carica e non tanto da prestigio, credito o stima) spesso è una corazza che consente a molte persone di trascurare la propria immagine e avere comunque peso nelle relazioni con gli altri. Questo accade quanto più il pubblico è irrazionale e non sa cogliere l’incoerenza fra la mancata immagine e quello che la persona propone.
Come esempio classico, nel campo del benessere, possiamo citare il medico che invita il proprio paziente a una vita sana e poi è il primo a essere in sovrappeso, a fumare ecc. (si noti la differenza con il chirurgo il cui compito è eseguire al meglio le operazioni e non tanto consigliare il paziente su come vivere al meglio). Altro esempio è l’allenatore che invita i suoi atleti a non rischiare la salute con il doping quando lui stesso la rischia ogni giorno con uno stile di vita disastroso.
In campo politico, possiamo citare la persona che tutti sanno essere umanamente di scarso spessore, ma solo perché ha una carica importante è osannata e riverita. Così c’è il parlamentare che vuole la galera per chi consuma droghe e poi fuma oppure quello che è contro la guerra e poi fa a pugni con l’avversario politico. Naturalmente tutti ricorrono alla vecchia difesa “Sì, ma io…” e iniziano ad arrampicarsi sugli specchi.
Un buon test per valutare la vostra intelligenza e la vostra moralità è proprio la capacità di diffidare di chi ha un’immagine non coerente con ciò che propone.
La cura dell’immagine di sé
Da quanto detto sopra, la persona equilibrata cerca di essere coerente con il suo intimo. Spesso però l’immagine ha uno scopo ben preciso (scopo che, ripeto, deve essere coerente con le nostre convinzioni). Una corretta cura dell’immagine non può quindi prescindere dagli scopi verso cui noi la indirizziamo; è perciò importante sincronizzare la nostra immagine con lo scopo, senza essere distratti da ciò che non conta. Nella cura dell’immagine è cioè spesso facile sovrastimare il peso di alcuni fattori e illudersi che essi sostituiscano le nostre reali carenze, di fatto tornando a un’immagine sostanzialmente falsa.