Uno dei problemi più gravi dell’Italia attuale è l’ignoranza media della popolazione, sottolineata dalle pessime posizioni del nostro Paese nelle varie classifiche che riguardano scuola o cultura.
Rispetto al problema, la domanda del titolo potrebbe sembrare un giochetto da intellettuali, ma vedremo che non è così.
Partiamo dalla situazione attuale dell’italiano medio e della sua scarsa cultura: di chi è la colpa? Molti punteranno il dito sulla scuola e avrebbero individuato un ottimo indiziato, probabilmente un colpevole senza possibilità di valida difesa. La cosa interessante è che non è difficile accorgersi che la scuola non è l’unica responsabile e che anche il singolo ha almeno un 50% di colpa della propria ignoranza.
Come ho sottolineato in diversi tweet, basta guardare una trasmissione come L’eredità (RAI 1) per scoprire che la maggioranza delle persone non sa le tabelline, non sa i congiuntivi, non sa che il muro di Berlino è caduto attorno al 1990 (una risposta: 1952). La scuola può avere tutte le colpe che si vuole, ma che una persona diplomata o laureata non sappia quanto fa 6×7 la dice lunga sulla sua minima capacità di ricordare ciò che ha studiato, sulla sua minima propensione allo studio e quindi alla cultura in generale.
La cosa più terrificante è che l’asino di turno invece di provare vergogna per la propria ignoranza, ride dei suoi errori, come se fossero peccatucci, sicuramente veniali, visto che è informatissimo su chi sta vincendo il talent show più gettonato, su quanti goal ha segnato Cristiano Ronaldo nel 2017 o sulle ricette migliori de La prova del cuoco; che dire poi della sua immensa capacità di pubblicare il suo migliaio di foto su Facebook? Non è questo un grande talento scientifico? Che importa se non sa che “migliaio” si scrive con la g o se non sa contare fino a 1.000.
Capiamoci: cosa può fare anche la scuola migliore se poi Tizio “dimentica” le tabelline o non sa scrivere una frase al passato perché è convinto che il passato remoto di tacere è “io tassi”? Certo, potrebbe e dovrebbe bocciarlo, ma se la maggioranza degli italiani è così che facciamo? Per le professioni più prestigiose ricorriamo a extracomunitari assunti nel Togo o nel Burundi?
Abbastanza ovvio che chi non saprebbe superare un’interrogazione delle scuole medie e va in giro con la laurea non sa nemmeno aggiornarsi, non sa studiare il mercato ecc. Insomma, è una lumaca mentre nelle altre nazioni tante sono le gazzelle che vanno veloci e vincono le sfide.
Torniamo alla nostra domanda iniziale. Grazie a essa potremo capire come gli italiani possano essere un popolo così ignorante. Chi naviga in Internet non può non aver trovato la parola oggetto d’indagine. Quanti si sono chiesti come si scrive? Penso pochissimi, tanto che importanza vuoi che abbia? Basta capirsi. In realtà, denota una grande propensione a non approfondire, a fermarsi alla sufficienza (come chi ti risponde: vero che non so quanto faccia 8×9, ma uso la calcolatrice!), alle soluzioni che ti fanno restare sempre e comunque nella mediocrità.
C’è poi il furbone che ama sempre copiare (lo fa cronicamente dai tempi della scuola): va sul sito di Amazon e scopre che stavolta chiedere ad altri non funziona perché sul sito di Amazon convivono le tre possibilità.
La soluzione – Come correttamente ci dice il linguista G. Di Rienzo si scrive e-book; del resto non occorre una laurea in lettere per sapere che tutti noi diciamo e-mail e nessuno scrive e-Mail. Quindi perché mai scrivere e-Book? Analogamente, meno corretto (ma meglio di eBook) è ebook, dove, per fretta il trattino si è perso. Vero che a volte ormai si scrive email, ma già sono pochi quelli che scrivono ecommerce (anziché e-commerce) o ancor meno quelli che scrivono elearning (anziché e-learning): in sostanza il trattino viene perso perché informaticamente è un carattere “difficile” e poi si tende a tralasciarlo anche nello scrivere usuale.

L’ignoranza è tanto più grave quanto più è consapevole e ritenuta di poca importanza
Come si pronuncia Nike?
E-book non è certo un caso isolato. Poiché non so bene l’inglese, da tempo ormai mi sono riproposto di non adottare il comportamento del gregge e di approfondire la pronuncia delle parole di uso comune per uscire dall’ignoranza. Così Kindle si pronuncia “kin…” e non “kaind…” oppure Google Analytics si pronuncia “analitics” e non “analaitics”. Stesso discorso per il tedesco: quanti sono quelli che pronunciano la e finale (come si dovrebbe fare) in Deutsche Bank o in Porsche?
Fra chi corre, tutti hanno sentito la frase “ho comprato le scarpe della Nike”. Quanti sono quelli che pronunciano la casa produttrice “nike” (all’italiana) oppure “naiki” all’inglese? Pochissimi, la maggior parte millanta una presunta conoscenza dell’inglese e ti spiattella un inesistente “naik”, rivelando in realtà la sua ignoranza.
Morale:
la propensione ad approfondire è condizione necessaria per capire la realtà.