Guru (dal sanscrito, significa “venerabile”) era un titolo originariamente attribuito in India chi era degno di rispetto e, successivamente, a chi educava in nome della religione; oggi guru significa semplicemente “guida spirituale”; per un’estensione arbitraria, è un capo carismatico, guida di un movimento culturale. Come vedremo, oggi il termine si sovrappone ad altre figure dalle quali si differenzia comunque per la ricerca della popolarità.
Testimonial, influencer, guru, leader sono tanti modi di indicare persone che hanno un certo seguito; a prescindere dalle definizioni che possiamo trovare su un buon dizionario, oggi i social network riescono a svelarci l’esatta dimensione di un personaggio pubblico.
Incominciamo con il più moderno, l’influencer. Durante una presentazione, una dirigente de L’Oréal raccontava come il suo capo propendesse per utilizzare influencer, anche se gli era stato fatto notare che moltissimi di loro avevano un numero di follower non reale, ma gonfiato con opportune strategie telematiche (non ultima quella semplice di… comprarli). In effetti, nel mondo del make-up gli influencer vanno di moda, anche se non si capisce che peso possano realmente avere. Così, accanto alla quasi quarentenne Clio Zammatteo (italiana, ma naturalizzata statunitense, ora vive a New York), altre giovani si sono affacciate come morgana.aurioso, arialoves, gloriamariacorso (sono i nickname Instagram) sperando di fare il colpaccio della stessa Clio (che ha costruito un’azienda da 6 milioni di dollari); nascono scuole per influencer e le giovani sognano, anche perché, diciamolo francamente, nessuna di loro è avvenente come una modella o un’attrice famosa: una specie di rivincita del normale contro il super. Il libro di Clio (Sei bella come sei) sposa questa filosofia, del resto insita nel personaggio stesso che sfigurerebbe leggermente di fronte a una sex symbol. Si noti la contraddizione: se una donna è bella com’è, che bisogno ha dedicare un’attenzione spesso professionale (per non dire maniacale) al trucco?
In realtà, che ci sia molta fuffa sotto al concetto di influencer (spesso usato perché costa decisamente meno del testimonial) è dimostrato dal fatto che se scendete in strada e chiedete di una di loro, è già tanto se una persona su mille vi sa dire esattamente chi sia l’oggetto della vostra domanda. La nostra Morgana ha 66.500 iscritti su YouTube, 10.600 follower su Instagram e solo 171 follower su Twitter, un suo video fa meno di 1.000 visualizzazioni alla settimana; non va meglio ad Arianna Fontana alias arialoves (rispettivamente 6.850 iscritti su YouTube, 13.300 su Instagram e 156 follower su Twitter) o a gloriamariacorso (66.200 iscritti su YouTube, 27.100 su Instagram e forse 2 su Twitter, il forse dipende dal fatto che non si capisce se sia lei o no). Numeri molto bassi che non giustificano una professione. Considerato che Clio è la più affermata influencer italiana e che in 10 anni ha costruito un’azienda da 6 milioni di fatturato (attenzione, non di utile) fare l’influencer non è un gran lavoro, visto che tanti professionisti alle soglie dei 40 anni hanno costruito ben di meglio; probabilmente la trovata geniale di L’Oréal consiste nell’aver lanciato queste “influencer” facendo credere di avere la credibilità massima in Rete, soprattutto presso il pubblico giovanile.
Quindi
l’influencer è un soggetto che basa la sua popolarità sulla diffusione del suo messaggio tramite social (Internet).
Passiamo al più classico testimonial, un soggetto che ha un’altissima visibilità mediatica, derivante soprattutto dalla presenza su media televisivi: personaggi del mondo dello spettacolo, dello sport, della società. La differenza con gli influencer è proprio nel mezzo scelto: la tv per il testimonial, Internet per l’influencer. Niente vieta che un testimonial abbia visibilità in Rete o che un influencer vada in tv, ma quello che conta per la nostra definizione è il punto di partenza. Va da sé che la tv garantisce anche sui social numeri decisamente maggiori rispetto a quelli degli influencer. Si pensi che Clio ha su Twitter (il social più “serio”) “solo” 185.000 follower (contro i poco credibili 2,7 milioni di follower su Instagram; non so se sono tutti italiani, ma anche se fossero un milione i nostri connazionali, dubito che in Italia ci sia un milione di persone che rispondano di conoscere Clio Zammatteo) contro 1,2 milioni di Salvini o i 485.000 di Zingaretti; molti personaggi dello spettacolo o dello sport snobbano i social, per esempio Amadeus ha un profilo condiviso con la moglie (poco più di 200.000 i follower) e Roberto Mancini ha meno di 300.000 follower. Il testimonial ben comprende che la sua popolarità non sarebbe accresciuta dai social (che da quanto emerge sono il parente povero della televisione) e li snobba o, meglio, li usa correttamente senza pompare la sua presenza oltre misura, preferendo investire mei mezzi tradizionali le risorse per mantenere/aumentare la sua popolarità.
Il testimonial è un soggetto che basa la sua popolarità sulla diffusione della sua figura tramite i media tradizionali (televisione e giornali).
Esistono poi situazioni miste, come quella di Chiara Ferragni, da tutti ritenuta una influencer, ma che, di fatto, è una testimonial perché la sua popolarità è esplosa a fine estate 2016 quando ha ufficializzato la sua love story con il rapper e giudice del talent show X Factor, Fedez, culminata il 6 maggio 2017 con la proposta di matrimonio in diretta tv.
Veniamo al leader. A mo’ di esempio di personaggi famosi abbiamo sopraccitato Salvini e Zingaretti, ma difficilmente potrebbero essere chiamati a essere testimonial di questo o quel prodotto; un politico di fatto è il testimonial di sé stesso; in fondo però è anche un influencer perché può usare la Rete per accrescere ulteriormente il suo consenso. Fondamentale per il leader è avere seguaci che sono qualcosa di molto più forte dei follower e che vengono a galla in certe occasioni (per esempio nelle elezioni politiche) con un chiaro sostegno alla sua figura. Il leader può avere pochi o tanti seguaci: possiamo parlare di leadership all’interno di una scuola o di un’azienda, l’importante è il numero di seguaci rispetto al potenziale dell’ambiente considerato.
Il leader è un soggetto che ha una grande popolarità basata sul numero di seguaci che è riuscito a ottenere, utilizzando i mezzi più consoni all’ambiente in cui opera.
Definizione di “guru”
Veniamo al guru. In India è una guida spirituale, degna della venerazione dei discepoli. Da noi il termine è molto più confuso, addirittura agli albori (2008-2009) YouTube chiamava guru quelli che oggi sono gli influencer.
Definizione di guru: il guru è un soggetto con una buona popolarità che però non segue nessuno.

Internet ha permesso la crescita di molte figure che si rapportano alla popolazione in base al messaggio che diffondono e alla loro ricerca di popolarità
Ora, grazie ai social, possiamo dare una definizione pratica di guru. Consideriamo per esempio una soglia base, per esempio 1.000 follower su Twitter. Se analizzate i profili di influencer, testimonial e leader cosa notate? Che hanno anche un numero di following (cioè persone che seguono, spesso per coltivare la loro popolarità) che è decisamente superiore a quelli che quotidianamente possono seguire, compatibilmente con il tempo che hanno a disposizione. Chi riesce a leggere i tweet giornalieri di 100 o 200 profili seguiti?
Soprattutto se ha già una vita superimpegnata. Alcuni profili hanno però un numero molto basso di following. Papa Francesco per esempio ha 8 following che non sono altro che la traduzione del suo profilo in italiano in altre lingue. Sono following virtuali, non reali. Quindi, di fatto non segue nessuno. A questo punto, la definizione di guru diventa chiara:
il guru è un soggetto con una buona popolarità che però non segue nessuno (o ha pochissimi following esterni, diciamo al massimo una decina).
Come la guida spirituale indiana che diffonde saggezza, ma non è interessato a imporla o a essere seguito da masse di seguaci (altrimenti sarebbe un leader). Lui espone le sue idee a chi vuole ascoltarle solo per amore della conoscenza.
Su Twitter possiamo dire che un guru deve avere almeno 1.000 follower, ma avere al massimo una decina di following reali.
Ricapitolando, gli esempi:
- Guru – Papa Francesco
- Leader – Matteo Salvini
- Testimonial – Roberto Mancini
- Influencer – Clio Zammatteo.