La felicità è scritta nei geni? Secondo il titolo di alcuni organi di stampa sembrerebbe di sì. Trattasi però dell’ennesima cantonata (in realtà probabilmente voluta per fare audience) del giornalista a corto di scoop.
Partiamo dalla ricerca olandese pubblicata da Nature Genetics. Come sappiamo, molto spesso chi è nel mondo della genetica soffre del classico delirio di onnipotenza cercando di rapportare tutto alla sua disciplina (errore di monocausa).
In realtà, qui la ricerca è seria e sono i giornalisti che hanno confuso tutto, spero non con dolo.
Un gruppo di ricercatori, coordinati da Meike Bartels e Philipp Koellinger, dell’università di Vrije ad Amsterdam, hanno analizzato il genoma di quasi 300.000 persone. I ricercatori hanno individuato tre varianti genetiche “coinvolte nella felicità”, due legate ai sintomi della depressione, e 11 punti del genoma correlati a nevrosi.
Tutti i media che hanno riportato la notizia praticamente hanno fatto un copia e incolla della notizia di agenzia (spesso queste notizie l’agenzia le riprende acriticamente dall’università che le fornisce), nessuno ha tentato un commento critico.
Infatti la locuzione “coinvolte nella felicità” non vuol dire nulla se non che sembra che questi geni ci rendano meno ansiosi in certe situazioni. Gli stessi ricercatori ci dicono poi che “è chiaro che l’ambiente, l’aspetto sociale ed economico, giocano un ruolo importante” e che “le tre varianti individuate sono solo una piccola frazione del Dna coinvolto”.
Il limite della genetica
La ricerca è molto importante perché evidenzia il limite della genetica, un limite che non deve essere dimenticato, per evitare gli errori che ha fatto in passato la psicoanalisi classica (ritenere validi per tutti fattori che erano validi per soggetti patologici).
La genetica evidenzia situazioni patologiche, nell’insieme di normalità degli individui sono l’ambiente e le esperienze sociali e personali che fanno la differenza.
Prendiamo il sovrappeso: che esistano geni dell’obesità è credibile, ma che 5 kg di sovrappeso siano imputabili al gene X o a quello Y è risibile. In altri termini, la genetica individua soggetti patologici (esattamente come nella sindrome di Down); nell’insieme di normalità degli individui i geni possono al massimo esprimere condizioni facilitanti o penalizzanti, comunque correggibili con interventi che di genetico nulla hanno.
Non a caso la ricerca parla di ansia, depressione, nevrosi, termini più psichiatrici che psicologici.