La correlazione tra figli e qualità della vita è un tema che genera accese discussioni. Uno dei capitoli più difficili da scrivere del mio testo Cambia la tua vita! è stato quello sui figli. Il testo vuole evidenziare in modo sintetico (senza spiegazioni teoriche per le quali rimando a La Felicità è possibile) le condizioni principali per avere il massimo dalla vita.
Non è un segreto che, a mio avviso, i figli abbassino la qualità della vita. Questa è un’affermazione statistica, vera cioè in media. Molti sono d’accordo, salvo pensare che loro sono decisamente al di sopra della media! In realtà, l’esperienza mi porta a ritenere che l’affermazione sia vera nel 90% dei casi.
Per capire il concetto è necessario analizzare tutta la vita del soggetto, non solo una parte.
Inutile citare tutti i casi palesi in cui fare figli è sbagliato (vedasi il paragrafo Figli: perché no del nostro articolo I figli); spero infatti che nessuno faccia più figli perché in futuro diventino il bastone della propria vecchiaia, un concetto molto egoistico (se si fa un regalo, la vita, non si può poi chiederne il prezzo) che da un lato obbliga il figlio a essere succube a vita dei genitori e dall’altro, se si attua il distacco, non tiene conto che oggi non si vive più tutti insieme nella cascina di famiglia e che i figli se ne vanno spesso nel mondo con la loro nuova famiglia.
Concentriamoci su tutti i genitori che superano i problemi riportati nel paragrafo Figli: perché no. Quanti sono quelli che realmente rispettano i canoni dell’altro paragrafo, Figli: perché sì? Diamo pure per scontato che siano molti a superare le sette condizioni (soprattutto l’ultima!).
L’età dell’oro
Hanno fatto un figlio. Si entra nell’età d’oro. Con la locuzione si intende quel periodo (diciamo fino a 10-12 anni) in cui il figlio, non solo è un oggetto d’amore, ma è anche una fonte inesauribile di sentimenti positivi. Di solito chi contesta la mia visione della genitorialità sta vivendo questa fase. Ovvio che, se si hanno 2 o 3 figli, il periodo d’oro può estendersi anche per 20-25 anni (in effetti molte coppie continuano a fare figli per prolungare il periodo).
Non entrano nell’età dell’oro quei genitori che “dopo” la sua nascita si accorgono che un figlio è “pesante” da gestire: notti insonni, mancanza di tempo per sé, limitazioni in ciò che si faceva prima (per esempio le passioni o semplicemente le vacanze, spesso unico sfogo esistenziale al lavoro ecc.), tant’è che arrivano alla conclusione che “ne basta uno!”, magari con l’alibi ragionevole del “così possiamo dargli di più”.
C’è poi da dire che nell’età dell’oro spesso si affievolisce l’intesa della coppia, soprattutto in campo sessuale, tanto che non è raro che uno o entrambi i componenti la coppia si facciano un amante, anche se “non lascerebbero mai il coniuge e i figli perché li amano”: l motivo è che i figli tolgono intimità alla coppia.

La natalità è notoriamente declinata oggi rispetto a 50 anni fa, quando fare figli era un automatismo
L’età del ferro, dell’argento e della pietra
Fra i 12 e i 24 anni (ovviamente i dati sono medie, per fissare le idee) si entra nell’età del ferro: il figlio incomincia a staccarsi (è sperabile che lo faccia, è penoso vedere adolescenti che vanno in vacanza con i genitori) e i genitori avvertono che “non è più il loro bambino” (la frase “anche se per me lo sarai sempre” è la prova più evidente che quanto qui affermato ha un fondamento! Una specie di psicosi genitoriale in cui si arriva a non vedere la realtà). Se l’educazione è stata buona (questo è uno degli scopi del buon genitore), non ci sono problemi: il figlio va bene a scuola, non frequenta cattive compagnie, non fa scelte sbagliate (droga, alcol ecc.), non si crea progetti disastrosi ecc. l’età del ferro diventa l’età dell’argento, una specie di prolungamento dell’età dell’oro. Altrimenti diventa l’età della pietra e la qualità della vita dei genitori, nonostante i loro sforzi, subisce un netto decremento.
L’età del ghiaccio
Dopo i 24 anni il figlio si forgia la sua vita (perlomeno dovrebbe farlo, se non è un bamboccione) e il distacco è compiuto. Scelte disastrose come quelle di vivere insieme ai propri genitori (suoceri) in genere non migliorano la qualità della vita, anzi, se c’è stato un vero distacco, la peggiorano (già un matrimonio che si basa sull’accettare di convivere con una persona che è stata “ereditata” con il partner non parte gran che bene). Se d’altro canto il figlio “se ne va” (età del ghiaccio), magari nella stessa città, ma senza un contatto fisico quotidiano, i genitori perdono di fatto uno dei loro “oggetti d’amore”. Niente di male, perché chi ha capacità d’amare sa crearsene altri. Il punto è che non è facile vivere al massimo quando non si hanno tutte le risorse per farlo. Dalla nascita alla laurea un figlio costa 300.000 euro (fonte TG2, settembre 2011); di questo fatto molti genitori se ne rendono conto quando arriva l’età del ghiaccio, soprattutto se non sono sopravviventi, e a 50 anni farebbero veramente comodo quei 600.000 euro che hanno dato ai loro due figli, magari rosicchiando molto al loro tenore di vita. Certo, l’amore per i figli li porta a rigettare persino il confronto (due figli o 600.000 euro?), ma una qualunque persona razionale capisce che il gioco vale la candela solo se:
- le sette condizioni per fare figli erano tutte soddisfatte;
- c’è stata l’età dell’oro;
- c’è stata l’età dell’argento;
- si ha ancora la forza di crearsi altri oggetti d’amore.
Sull’ultimo punto cadono molti dei superstiti dei primi tre punti. In particolare cadono tutti quelli che hanno fatto i figli in tarda età (diciamo dopo i 30-35 anni). Perché questa affermazione? Ho conosciuto mia moglie a 36 anni e mi sono subito chiesto cosa avrei risposto se mi avesse detto di volere dei figli, in fondo aveva 23 anni. Allora le mie idee sui figli non erano certo così meditate come oggi, ma già da allora mi era subito chiara una cosa: se una persona arriva a 36 anni e desidera dei figli non deve avere una grande capacità d’amare; possibile che non abbia trovato qualcosa da amare veramente in tutti questi anni? Se ama veramente i suoi oggetti d’amore come può trovare il tempo per i figli (e ne serve realmente tanto, ricordate la regola: Onora i tuoi figli!)? Certo può abbandonare i suoi oggetti d’amore (ma non si vede perché debba farlo, se vive già al massimo), può inventarsi alibi come “prima c’era la carriera” o “non ho mai trovato il partner giusto”, alibi che non giustificano il fatto che lui per 36 anni non abbia comunque trovato qualcosa da amare alla grande!
L’età della bigiotteria
La negazione del punto d) è ciò che all’arrivo dell’età del ghiaccio tende a fare del genitore un rassegnato che vive un po’ di ricordi. La fiammella si riaccende quando diventa (eventualmente) nonno, un surrogato della vecchia genitorialità, un surrogato dell’età dell’oro che potremmo crudelmente chiamare età della bigiotteria. Poi quando anche i nipoti se ne vanno cala il sipario. Che questo triste percorso dipenda da una scarsa capacità d’amare (condizione peraltro diffusa nella popolazione) è provato dalla domanda simile a quella che dovrebbe porsi il genitore attempato: possibile che a 60-70 anni non abbia qualcosa che mi fa vivere ancora alla grande da non aver tempo per accudire i nipoti che sono arrivati? Affetto per loro sì, ma se sono sempre a loro disposizione non è che la mia vita fosse molto piena prima del loro arrivo!
Questa è una visione moderna delle cose. Perché moderna? Perché 50 anni fa non sarebbe stata valida e infatti chi la rifiuta vive ancora dei condizionamenti dei nostri genitori (cioè di ciò che valeva ai loro tempi). 50 anni fa:
- si facevano più figli e l’età dell’oro era più lunga;
- era più facile educare figli (non c’erano i problemi del percorso scolastico, delle deviazioni subite a causa degli influssi di altri, i ragazzi maturavano più lentamente ecc.) e l’età dell’argento era più facile;
- non era facile avere oggetti d’amore alternativi;
- l’età media delle persone era di 15 anni inferiore;
- l’età in buona salute media era di almeno 20 anni inferiore; gli ultimi due punti ci dicono che nel bilancio globale l’influsso positivo dell’età dell’oro era maggiore;
- nelle famiglie contadine l’età del ghiaccio non esisteva.
Per spiegarci in termini brutali, ma efficaci: 50 anni fa fare figli era “conveniente”; ma oggi?
Per approfondire: Matrimoni senza figli
POST SCRIPTUM
Mi arrivano diverse mail che, non entrando nel merito dell’articolo, con una tipica difesa per risentimento mi accusano di fare una crociata contro i figli. In realtà non è così, io insisto sulle cose sulle quali non riesco a farmi capire dalla maggioranza della popolazione come per esempio la lotta al sovrappeso, lo sport a intensità medio-alta, la lotta all’alcol. Curioso che molti denigratori dell’articolo plaudano la mia rigidezza quando parlo di calorie, di sedentarietà ecc. In ogni caso, a loro consiglio, come esercizio, di farsi la loro statistica, con occhi distaccati e imparziali, sui loro conoscenti.
Comincino dalle coppie separate/divorziate: senza l’accecamento provocato dall’amore per il proprio figlio, un osservatore esterno non può che concludere che la presenza di figli è una condizione decisamente penalizzante; continuino poi con le coppie che “stanno insieme per i figli”: anche in questo caso la presenza dei figli porta la coppia verso la sopravvivenza ed è penalizzante. Vadano avanti con tutti coloro che (a giudizio loro, non mio!) non sono buoni genitori perché trascurano i figli. Finiscano infine con quelli che reputano buoni genitori, ma, per mille motivi, hanno problemi dai figli (a scuola, cattive amicizie, difficile rapporto con i genitori, alcol o droga ecc.).
Non arriveranno al mio 90%, ma sono sicuro che supereranno il 50%.