Essere soli indica la condizione di chi non riesce ad avere relazioni umane, cioè dietro la locuzione, in genere negativa, non c’è la scelta di “stare da soli”. Non indica nemmeno la paura della solitudine, disagio per il quale rimandiamo a Come superare le paure.
L’essere soli è una condizione trasversale, nel senso che può riguardare tutte le personalità del Personalismo. Nell’articolo generale abbiamo visto come poterla gestire con gli oggetti d’amore. In questo articolo vogliamo invece cercare di capire perché molte persone non riescono ad avere amici. Partiamo dalla considerazione che:
- alcune persone sono particolarmente inclini a confondere la compagnia con l’amicizia; oggi c’è poi anche la compagnia virtuale e, a molte persone, Facebook sembra essere la soluzione di tutti i problemi di rapporti umani, salvo poi scoprire che, di fatto, nella propria vita cambia ben poco e che ogni volta che muta l’ambiente (pensiamo a MySpace che è stato soppiantato da Facebook) si muore e si deve rinascere altrove. Certo che avere 185 amici dà per un attimo una bella sensazione di sicurezza prima di metabolizzare, più o meno consciamente, che quegli amici non sono spesso che solo una foto e l’insieme dei caratteri alfanumerici del nickname.
- Altre sono insofferenti e vorrebbero avere solo amici totali.
- Altre infine sono pronte a scambiare amici parziali con amici totali.
Come si è visto nell’articolo sull’amicizia, molti di questi comportamenti, anche se non tutti, sono riconducibili a personalità critiche; è pur vero che molte personalità non sono toccate e che il semplice essere equilibrati non si traduce nell’avere amici e non rischiare di essere soli.
Si potrebbero scrivere libri su ciò che porta due persone a essere veri amici o una persona ad avere tanti amici parziali; il difficile è esprimere le relazioni fra i parametri studiati in modo preciso, senza contraddizioni. Un carattere violento, per esempio, non è certo un buon lasciapassare per farsi degli amici, ma è indubbio che due gangster possono essere amici per la pelle.
Più produttivo appare indicare tratti facilitanti o penalizzanti. Si parte dall’introverso che ha pochi amici, si passa per il vanitoso che spesso non ha veri amici, ma solo tanti compagni di viaggio, si arriva all’equilibrato e infine al brillante, la condizione più facilitante in assoluto.
L’introverso
L’introversione può derivare da una personalità debole o comunque con scarsa autostima (si teme la forza, la reazione altrui, vedasi comportamenti correlati alla timidezza) o da una persona insofferente, ma non violenta che, anziché diventare un vanitoso, preferisce isolarsi, anche se alla fine soffre di questo isolamento.
Esistono anche introversi che sono tali perché vivono solo di particolari scintille che, non riuscendo a condividere con altri, alla fine diventano oggetti d’amore isolanti più che aggreganti. In questo caso la strategia per non essere soli è molto facile: cambiare ambiente e inserirsi in uno nuovo che apprezzi ciò che siamo e ciò che amiamo.
Il vanitoso
Nel vanitoso la ricerca dell’amicizia avviene mettendo in eccessiva evidenza gli aspetti positivi della propria personalità; il ricco pensa di farsi degli amici invitando tutti nella sua tenuta o sulla sua barca, il colto spandendo a destra e a manca la sua cultura, la bella donna sbandierando la sua immagine. Di ricconi e di coltissimi non ce ne sono molti (la strategia è poi ulteriormente fallimentare quando è un apparente che la applica, cercando di apparire ricco o colto anche se non lo è), ma provate a navigare fra i blog e troverete una marea di corpi in bella mostra, a mo’ di dei greci. Triste a dirsi, ma l’unica cosa che mostrano è di essere incredibilmente soli.
La strategia è poco produttiva per il semplice fatto che tende a costruire compagnie più che amicizie, sempre ammesso che non naufraghi prima dopo aver provocato la difesa per risentimento di chi viene contattato e che viene comunque classificato “inferiore”.
Alcuni pensano che questa strategia sia un modo di catturare comunque l’attenzione e avere rapporti umani che, con il tempo e nel numero, potrebbero dare qualche frutto. Perché non riflettere e giungere alla conclusione che è una strada troppo tortuosa che nasconde l’incapacità di gestire rapporti umani fra le persone che sono attorno a noi? Come un commesso viaggiatore spera di fare affari vendendo porta a porta, così molti cercano amicizie semplicemente mettendo in mostra ciò che hanno di positivo. Dovrebbero leggere Morte di un commesso viaggiatore…
Si potrebbe pensare che il vanitoso sia un apparente o un violento e spesso è così; ma molte volte si tratta solo di una persona che non ha ancora compreso i rapporti umani, spesso è un debole che cerca forza in quelle che pensa siano le sue armi vincenti. Probabilmente gli basterebbe essere sé stesso per avere migliori risultati nei rapporti umani, senza forzature e senza salite in cattedra.

Rendersi conto di essere soli in un mondo socializzato non è facile, ma è importante perché può avere un riscontro negativo sulla salute
Il brillante
Da quanto detto, dovrebbe essere chiaro che per non essere soli sono essenziali:
- una personalità equilibrata (in particolare non debole e non apparente, non violenta e con una buona autostima)
- oggetti d’amore che servano per condividere momenti comuni con i propri amici.
Fra gli equilibrati hanno un ulteriore grande successo i brillanti. Chi sono costoro? Si tratta di persone che hanno caratteristiche che favoriscono rapporti umani sinceri e duraturi. Il brillante:
- è estroverso
- è un leader, ma sa lasciare spazio agli altri
- è ironico e autoironico
- scherza su tutto, ma, quando occorre, sa essere serissimo
- non è vanitoso né egocentrico né superbo
- non è insofferente, ma sa adattarsi alle situazioni negative
- è una persona semplice, onesta e sincera.
Come si diventa brillanti? Può essere un dono di natura, ma sicuramente si deve amare la vita. Chi vuole approfondire legga l’articolo sulla brillantezza.
Il cancro indolore
La solitudine è un cancro senza dolore fisico.
Oggi però qualcuno mi ha ascoltato.
Era un rospo, era brutto, ma si è fermato.
Felice gli ho detto:
“Essere o non essere? Questo è il problema“.
Se ne è andato.