Educare i figli è un fattore non trascurabile per chi è genitore e vuole migliorare la propria vita e quella dei suoi familiari. Per il Personalismo l’educazione dei figli non può prescindere da alcune regole fondamentali che per comodità riassumo nelle prossime righe.
- Se fai un figlio, fallo solo per amore.
- Un genitore non possiede la vita dei figli.
- Un genitore violento è un genitore fallito.
- Lo scopo dell’educazione è insegnare a vivere.
Nel paragrafo Figli: perché no (vedasi articolo I figli) vengono analizzati tutti i motivi sbagliati che portano le persone ad avere un figlio. Quindi diamo per scontato che il figlio sia stato concepito con grande amore.
Nonostante l’amore del genitore, molti rapporti genitori-figli falliscono. Le cause più frequenti sono sostanzialmente quattro:
- amore, ma non solo
- vecchiaia psicologica
- mancanza di tempo
- mancanza del distacco.
Sull’importanza del distacco rimando all’articolo corrispondente, limitandomi a fare una considerazione diretta: se pensate di avere dei diritti perenni sulla vita di vostro figlio, non lo avete concepito solo per amore.
L’amore parziale
L’amore spesso c’è, ma non è la principale motivazione, perché prioritariamente si parte da una delle motivazioni “sbagliate” riportate nel paragrafo Figli: perché no. Così si fa un figlio per amore, ma si spera che ci aiuti nella vecchiaia; si fa un figlio per amore, ma si spera che diventi un grande medico, carriera che a noi è mancata ecc. Queste speranze diventano macigni quando non si avverano e incrinano irrimediabilmente il rapporto con i figli. Per cui i motivi citati non sono sbagliati solo se sono la causa principale della decisione di avere un figlio, ma sono sbagliati sempre!
Per esempio, la donna che coltiva l’idea di avere un figlio, ma che lo concepisce anche perché così forse salva l’unione con il suo uomo, non è comprensibile, è solo un’irresponsabile.
La vecchiaia psicologica
La vecchiaia psicologica è sicuramente una delle cause di fallimento meno conosciute. Riflettiamo un attimo: molti pensano che non abbia senso che una persona abbia un figlio a 60 e passa anni; di solito si adducono cause di salute (ma esistono degli ottantenni che stanno benissimo e la vita media si allunga) o cause economiche (ma in genere un anziano può essersi sistemato molto bene economicamente). In realtà, l’unico motivo valido all’avversione al “genitore anziano” è che esiste una sostanziale differenza di vedute fra genitore e figlio e il genitore rischia di diventare il nonno o la nonna anziché il padre o la madre del piccolo. Il Personalismo insegna che per molti soggetti la vecchiaia inizia già al termine dell’adolescenza e quindi non c’è da stupirsi se persone di 40 anni sono dei falliti come genitori: come si può dialogare con un figlio se non si conoscono e si apprezzano i suoi gusti? Vedremo che tali gusti possono essere vissuti insieme, ma se non si conoscono nemmeno le canzoni che il proprio figlio ama ascoltare, incominciate a preoccuparvi.
La mancanza di tempo
La mancanza di tempo dovrebbe essere abbastanza inconciliabile con l’avere figli, ma molte coppie mentono a sé stesse e, pur avendo una vita superimpegnata, ritengono che i loro figli li abbiano fatti per amore. Ormai sempre più coppie pianificano l’arrivo di un figlio, sapendo di poterlo poi parcheggiare all’asilo nido durante il giorno e alla sera presso i genitori. Altri sanno che il lavoro li occupa a tal punto da condurli distrutti a casa ogni sera; alcuni di loro arrivano a chiedere al medico di prescrivere dei tranquillanti per il figlio che alla sera non vuole saperne di addormentarsi. Il figlio diventa un pacco postale da spostare qua e là, tutt’al più una piacevole sorpresa durante i week-end. Chi crede nella famiglia condanna questi atteggiamenti, invitando i neogenitori a sacrificare un po’ della propria esistenza in nome dei figli. Io non credo che mentire a sé stessi e ai figli (perché tale è compiere un sacrificio di malavoglia) sia la soluzione migliore: i figli hanno una sensibilità particolare per capire quando non sono amati. La soluzione più semplice per questi genitori “superimpegnati” è solo una: non fare figli.
Fare i genitori è sicuramente difficile. Abbiamo già visto che l’esercito degli aspiranti buoni-genitori è stato decimato dal motivo per cui hanno deciso di avere un figlio; i superstiti sono stati poi massacrati dalle quattro cause generali di fallimento. I pochi sopravvissuti devono ora chiedersi come educare il proprio figlio per arrivare salvi alla meta.
Esiste una semplice regola generale per il successo:
dare al figlio ciò di cui ha bisogno!
Molti genitori sono convinti di esserci riusciti, ma si sono trovati in una situazione fallimentare. In realtà, due sono gli errori che si possono commettere:
- si fraintendono i bisogni del figlio.
- Non ci si adatta ai mutamenti delle necessità.
Il primo punto è abbastanza evidente quando è il figlio stesso che rinfaccia ai genitori di “non avergli dato quello di cui aveva bisogno”. Il genitore può infatti confondere ciò di cui lui aveva bisogno quando era piccolo con quello di cui ha bisogno il figlio. L’ovvia risposta alle lamentele del giovane “ma ho fatto tutto quello che pensavo fosse meglio per te”, rileva una sostanziale incapacità di capire i bisogni reali del figlio, di agire per stereotipi spesso ormai superati o comunque non più applicabili.
Una variante del primo punto è di scambiare ciò di cui il figlio ha bisogno con ciò che chiede (“ma ti ho sempre dato tutto!”), situazione molto comune nei genitori superimpegnati che pensano di risolvere i bisogni dei figli con ciò che “materialmente” essi chiedono (in gran parte cose superflue alla crescita esistenziale del figlio).
Il genitore però deve essere flessibile, altrimenti, a un certo punto dell’educazione, vedrà il rapporto incrinarsi e peggiorare decisamente. Cosa è successo? Semplice: ciò che andava bene per una fase della vita del figlio, ora non va più bene, anche se il genitore continua a insistere su quel tasto. L’esempio più eclatante è quello della madre iperpremurosa. Se un tale atteggiamento va bene e può essere accettato nei primi anni di vita, è decisamente fuori luogo e spesso devastante nell’adolescenza.
Per capire i bisogni del figlio è necessario avere una comprensione del mondo abbastanza buona: sicuramente chi non capisce nulla del mondo, degli altri e di tutto ciò che ha attorno, come può sperare di capire qualcosa del proprio figlio? Se si è fra le persone che hanno una vita talmente contorta, insoddisfacente, confusa, non è il caso di avere figli: prima sistemate la vostra vita e poi fate un figlio. Solo così potrete avere gli strumenti per poterlo educare al meglio.
Quindi
chi ha problemi, difficilmente sarà un buon genitore.
Infatti, se non sa capire sé stesso, come può sperare di capire la persona che ha accanto? La speranza che basti l’amore è solo molto ottimistica. Ricordiamoci che lo scopo fondamentale dell’educazione è insegnare al proprio figlio a vivere; se non siamo capaci noi di vivere, come possiamo insegnarlo? Occorre notare che un soggetto con personalità critiche può essere comunque un buon genitore, perché avere personalità critiche non significa automaticamente avere problemi. Se esistono condizioni facilitanti, le personalità critiche possono non trasferirsi sui figli.
L’affermazione precedente non significa che il proprio figlio avrà una vita difficile, ma solo che il genitore non riuscirà a dargli il massimo. Molti orfani hanno vite piacevoli e felici, ma sicuramente avranno dovuto lottare più degli altri. Così avere genitori incapaci di risolvere i propri problemi esistenziali sicuramente penalizzerà il giovane.
Fatte queste premesse, si può passare a esaminare i tre periodi principali in cui si può dividere l’educazione: l’età prescolare, l’infanzia, l’adolescenza. Se per il primo periodo si può parlare di termine verso i 5-6 anni, per gli altri due la dimensione temporale è sicuramente soggettiva e deve essere valutata in base all’autosufficienza del giovane. L’adolescenza è il periodo in cui inizia il distacco dai genitori. Con una battuta si può dire che molte persone che non si staccano dai genitori restano bambini a vita.

Educare i figli è un fattore non trascurabile per chi è genitore e vuole migliorare la propria vita e quella dei suoi familiari
Educare i figli: l’età prescolare
In questo periodo il bambino non è autosufficiente, pertanto ciò che conta maggiormente è la presenza dei genitori. Presenza con amore, per cui ogni forma di violenza è un piccolo mattoncino nella costruzione del proprio fallimento genitoriale. Molti ragazzi si sono convinti che la violenza “normale” subita da bambini fosse giusta e che li abbia fatti crescere bene; in realtà, se si analizza la loro psicologia, si scopre che sono “violenti” oppure che non sono privi di ansie, paure, insicurezze.
Usare la violenza per farsi capire da chi non capisce ancora il nostro linguaggio è la negazione dell’amore perché l’amore passa attraverso il dialogo con il contatto fisico e la propria presenza. Se non riuscite con una carezza a farvi capire, chi vi dà il diritto di farlo con uno schiaffo?
L’età prescolare è quella nella quale purtroppo spesso inizia il rito del “parcheggio”: nonni, asili, baby-sitter ecc. Se la società odierna e il mondo del lavoro rendono difficile una presenza costante, è sicuramente vero che spesso si abusa delle “strutture alternative”. Il genitore che ritiene “stanchevole” occuparsi del proprio figlio dopo una settimana di lavoro deve fare un esame di coscienza e concludere che è un pessimo genitore.
In subordine alla presenza, fondamentale per far crescere bene il proprio bambino è l’attenzione per la sua salute (senza essere maniaci od ossessivi). Spesso molti problemi di salute che si hanno da adulti avrebbero potuto essere evitati se i genitori avessero prestato una maggiore attenzione alla prevenzione e alla cura tempestiva.
Educare i figli: l’infanzia
Cambia completamente lo scenario e molti genitori non sanno adeguarvisi in maniera soddisfacente. La presenza fisica diventa meno importante (anche se sempre fondamentale) perché si affaccia una nuova esigenza: la necessità di capire il mondo. È in questo periodo che il bambino si affida fiducioso a chi ha intorno per capire la meraviglia della vita. È in questo periodo che inizia a formarsi la sua personalità con le prime scelte e le prime decisioni importanti.
Diversi sono gli aspetti importanti:
- l’istruzione
- la formazione della sua capacità di amare
- il trasferimento della positività
- il trasferimento della negatività
- l’educazione con la violenza.
L’istruzione – Molti genitori pensano che l’istruzione sia sinonimo di scuola e pensano di fare il loro dovere semplicemente aiutando il figlio a vivere al meglio l’esperienza scolastica. In realtà, è una visione decisamente molto riduttiva, destinata a ben scarsi risultati. Con il termine istruzione si intende l’addestramento alla vita, che non passa solo attraverso i concetti appresi a scuola, ma anche attraverso tutto ciò che un bambino può apprendere nelle ore al di fuori dell’edificio scolastico.
È per questo motivo che non è possibile pensare di educare al meglio i figli parcheggiandoli presso persone vecchie: le ore passate in compagnia di persone che amano i bambini, ma che hanno idee e stili di vita non più attuali non concorrono certo a velocizzare l’apprendimento della vita. Anzi, il più delle volte servono solo a far imboccare una strada ormai obsoleta. È abbastanza insulso che il genitore “spenda” tempo ed energie per correggere paure, idee, atteggiamenti, scelte derivanti dall’educazione che il figlio ha ricevuto da persone anziane. Certo il nonno che non sa nulla di computer o di altre diavolerie, ma conosce tutte le favole del lupo cattivo, non è la persona adatta a far entrare il piccolo nel nuovo mondo. In assenza dei genitori sono pertanto da privilegiare per l’educazione dei figli strutture moderne e più adeguate (leggasi: personale qualificato) che possano fornire un’educazione al passo con i tempi.
Dal punto di vista scolastico, invece molto spesso sono proprio i genitori i responsabili di un’educazione carente. Quasi con fierezza (fierezza imbecille, direi) molti genitori riconoscono il figlio dalle lacune a scuola: “è proprio mio figlio: anche lui ama la matematica e odia l’italiano!”. Uno dei punti critici dell’educazione è proprio avvicinare il bambino allo studio, all’amore per il sapere, visto come potere, come chiave che apre la comprensione del mondo. Quindi ogni genitore dovrebbe far amare tutte le materie che il bambino sembra non digerire e avvicinarlo a tutto ciò che la scuola ancora non insegna; le lingue e il computer sono due esempi classici che molti genitori snobbano perché “il bambino deve divertirsi”. Peccato che da grande non si divertirà perché chi è ultimo ha ben poco da divertirsi! L’abilità del genitore consiste cioè nell’insegnare per gioco e nell’istruire con piacere. Chi ci riesce è un grande genitore.
La capacità d’amare – Nell’infanzia si sviluppa la capacità di amare, cioè di penetrare fino in fondo oggetti d’amore, ricavandone piacere. Il genitore deve cioè incanalare il figlio verso hobby e passioni, facendoglieli vivere al meglio. Non necessariamente i “suoi” (del genitore, intendo), ma quelli che sembrano suscitare interesse duraturo nel bambino. Sport, arte, hobby: tutto si può provare insieme per gioco e poi dare la facoltà al bambino di scegliere; l’importante è che gli si insegni ad amare nel modo giusto (anche qui non si può non rilevare l’importanza della personalità del genitore: se non sa amare in modo corretto, come può insegnare a farlo?). Per approfondire: Figli e oggetti d’amore.
Il trasferimento della positività – Come è possibile inculcare sani principi nel bambino che sta per affrontare la vita?
La cosa da non fare è cercare di trasferire valori positivi con l’imposizione: devi andare a scuola, devi fare sport, non devi mangiare merendine ecc. A volte l’imposizione può funzionare (ma allora ci si deve chiedere se il bambino non abbia una personalità troppo fragile), ma spesso si trasforma nell’annientamento del valore. È molto più importante usare tecniche indirette come il condizionamento positivo da emulazione (CPE) o l’esperienza guidata.
Tramite il CPE si usa la stima che il bambino ha per i genitori (senza stima non c’è educazione!) per fare in modo che un comportamento del genitore sia recepito come giusto dal figlio. Quindi non ordini, consigli autoritari, noiosissime spiegazioni (che vanno date solo se il bambino le richiede), ma esempi di un corretto stile di vita. Tramite l’esperienza guidata si mostra al bambino cosa comporta il non avere un determinato valore in modo che arrivi da sé all’importanza del valore. Nell’usare la tecnica indiretta è fondamentale rimanere distaccati, oggettivi, non di parte. Se vogliamo che nostro figlio da grande non fumi, non facciamogli sermoni sul fatto che il fumo fa male; la prima volta che capita di trovare un fumatore ridotto malissimo, commentiamo con fare distaccato “Cavolo, come l’ha ridotto il fumo!”. L’esperienza guidata è la prova più convincente che un genitore “assente” non può educare bene i propri figli che assorbiranno i valori della loro vita da altri.
Il trasferimento della negatività – In questo periodo il bambino è molto imitativo, per cui il genitore non deve trasferirgli tutti i lati negativi del proprio carattere: se avete dei difetti è il momento di correggerli. Come la madre incinta non fuma per non danneggiare il feto, così il genitore dovrebbe ricordarsi che ogni suo difetto viene passato al bambino, soprattutto se viene vissuto come una virtù. Molti bambini da grandi hanno le paure, le ansie, i dubbi, i vizi dei genitori (o dei nonni!). Educare al meglio vostro figlio può essere anche un’importante motivazione per migliorare voi stessi. Fondamentale è per esempio lo sviluppo della forza di volontà anevrotica.
Il trionfo della violenza – È nell’infanzia che si attuano maggiormente gli istinti violenti dei genitori nei confronti dei figli. Il genitore, non capendo perché il figlio non lo ascolta, non lo rispetta, non gli ubbidisce, non trova di meglio che usare la violenza per dialogare. Così facendo, sottoscrive il suo fallimento esistenziale come genitore: il figlio è diventato così perché è stato educato male. Quindi anziché picchiarlo, picchiate voi stessi! Sicuramente protestereste se per un vostro piccolo sbaglio (per esempio un divieto di sosta) il vigile, anziché darvi una multa, vi riempisse di botte. Quindi l’intelligenza e l’umanità delle punizioni è alla base di ogni buona educazione.
L’oggettività – Purtroppo molti genitori perdono ogni oggettività nei confronti dei loro figli. Basta assistere a una partita di calcio di ragazzini per vedere come i genitori arrivino a insultare l’arbitro per presunti danneggiamenti al loro figlio. Anziché essere un naturale gesto d’amore (ogni scarrafone è bell’ a mamm’ soja), la mancanza di oggettività si trasforma in un’incredibile fonte di errori sul futuro del figlio perché in genere il genitore tende a sopravvalutarlo. Ovviamente non bisogna incorrere nell’errore opposto di sottovalutazione (“è inutile che studi, tanto in famiglia nessuno è intelligente!”). Occorre essere semplicemente oggettivi come se valutassimo la personalità di un bambino qualunque. Solo così lo aiuteremo a estrarre il suo massimo potenziale e soprattutto lo consiglieremo al meglio nella fase successiva dell’adolescenza.
Educare i figli: l’adolescenza
Continuano a essere importanti tutti i fattori delle fasi precedenti, ma nell’adolescenza diventa fondamentale il dialogo. Il genitore deve diventare un amico del proprio figlio e il rapporto deve assumere i connotati di un’ottima amicizia: ascoltare, consigliare, mai ordinare. L’ordine è indice di un fallimento della strategia precedente e quindi non può essere utilizzato come meccanismo usuale.
I problemi dell’adolescenza (da quelli sentimentali a quelli esistenziali) devono essere prevenuti, non semplicemente “affrontati insieme” quando capitano.
L’adolescente deve essere traghettato verso la condizione adulta, prima che il problema si verifichi. In quest’ottica il genitore non deve opporsi alle amicizie (magari ancora immature) dei coetanei, ma deve comunque far capire al figlio che
nessun adulto vive come un adolescente.
Solo così il figlio diventerà il più maturo della sua cerchia di amici, fungerà da capobranco e sarà utile a sé e agli altri.
Per arrivare all’obiettivo non si devono distruggere i miti dell’adolescenza, ma si deve sottolinearne la transitorietà con esempi, analogie. Un esempio classico: se un ragazzo ha come espressione massima il sabato sera in discoteca, gli si può far presente che nessun trentenne conserva questa priorità di valori. Quindi è giusto che si diverta come un bambino si divertiva con un giocattolo per bambini, ma non può sperare di non crescere!
Il passaggio dall’adolescenza alla maturità è critico proprio perché si riescono a ottenere i migliori risultati solo se il genitore ha un dialogo costante e distaccato (ecco perché i consigli, ma non gli ordini). Se il dialogo è saltuario e non preventivo oppure è troppo coinvolto (il genitore ordina “per il bene del figlio”), i risultati possono essere molto deludenti.
Amicizia, dialogo, distacco significano anche evitare di volere un figlio fotocopia dei propri sogni. Se si sognava il figlio grande sportivo e ci si accorge che ama suonare per ore il pianoforte, se si sognava il figlio grande medico e lui decide di fare il commerciante o viceversa, il buon genitore lo sostiene comunque e con piacere.
Nell’adolescenza diventa fondamentale un fattore prima trascurabile: il tenore di vita dell’adolescente. Se il figlio chiede troppo, prima di colpevolizzarlo, verificate che la vostra priorità al denaro non sia troppo alta e non sia stata trasmessa. In altri termini, genitori che sbavano per una vita fatta di lusso e di ricchezza, saranno poi massacrati (giustamente!) dalle richieste dei figli che hanno ereditato questa propensione a un alto tenore di vita.
Molti genitori sottovalutano le problematiche derivanti dalla numerosità della famiglia, dimenticando che se si hanno quattro figli, a ognuno di loro va solo un quarto di quello che gli spetterebbe se fosse figlio unico. Una volta ciò era piuttosto ininfluente, oggi può cambiare la vita di un giovane che entra nel mondo.
Il tenore di vita della famiglia esula dal rapporto fra figli e genitori e quindi non è possibile inquadrarlo in modo semplice in questo articolo, ma
è importante creare le giuste aspettative e un’educazione corretta è quella nella quale il figlio chiede ciò che la famiglia riesce a dare.
La fine del viaggio
Per il Personalismo la maturità dei figli è raggiunta solo con il distacco dai genitori, un concetto che purtroppo non è dai più ancora recepito e distrugge rapporti che erano stati ottimali fino all’adolescenza. Si consulti l’articolo corrispondente e si cerchi di capire se siamo veramente disposti ad aprire la gabbia ai nostri figli e a farli volare verso la vita.