Per il Personalismo il concetto di distacco dai genitori è fondamentale e non deve essere visto come qualcosa che semplicemente accade “per natura”. Alcuni visitatori mi hanno inviato alcune e-mail di apprezzamento per la sezione Felicità, ma anche di critica per la sottosezione sulla famiglia. In realtà, leggendo attentamente le e-mail, si comprende come la critica non nasca da un fondamento razionale, ma dal tentativo di accordare delle soluzioni familiari senza in realtà cambiare nulla. Tutti i problemi fra genitori e figli nascono dal fatto che per l’educazione ricevuta o per egoismo nessuno accetta il proprio ruolo e pretende ciò che in realtà non gli è dovuto, si mischiano cioè diritti e doveri senza avere la chiave per capirli e separarli secondo giustizia. Questa chiave è il concetto di distacco che sarà fondamentale nel terzo millennio: una coppia ha un figlio, lo educa, il figlio accetta la coppia come genitori, poi, a una certa età, incomincia a fare la propria vita, finché si distacca da loro.
Detto così sembra che non ci sia nulla di nuovo. Il problema è che le famiglie (genitori e figli) non riescono a comprendere che tutti i loro rapporti, i loro conflitti e anche il loro amore sono in funzione del distacco. Nel secondo millennio il concetto di distacco era assente o era addirittura negato: si pensi a quanti genitori hanno preteso che i figli vivessero con loro anche dopo che si erano sposati. Il risultato erano incomprensioni a non finire.
Il distacco è il momento in cui un figlio decide di fare la propria vita, di camminare con le proprie gambe, senza l’aiuto dei genitori.
È un momento netto, proprio come per il bimbo che impara a camminare: finché si va ancora carponi non c’è distacco. Un ragazzino è ancora pesantemente influenzato dai genitori; un adulto fa le sue scelte, magari sbaglia, ma cerca di camminare con le sue gambe e i genitori, senza insistere, possono al massimo dare consigli. La differenza fra un bambino e un uomo è questa.
Grazie al concetto di distacco i rapporti fra genitori e figli diventano chiari: esistono due fasi, prima e dopo il distacco.
Prima del distacco i genitori decidono della vita dei figli – Se un figlio maggiorenne vuole continuare a studiare servendosi dell’appoggio dei genitori non può nemmeno pretendere di vivere la sua vita. Questa pretesa non è che una forma dello sfruttamento dell’amore dei genitori (pensiamo al figlio ultratrentenne che studia ancora!).
Ovviamente fra i doveri dei genitori c’è quello di dare un’istruzione al figlio e quindi di “mantenerlo agli studi”. Finché c’è questo mantenimento (che poi non potrà essere rinfacciato al figlio dai genitori perché è un loro dovere), il ragazzo “è ancora in famiglia”. Se un ragazzo vuol fare la propria vita si cerchi un lavoro e si distacchi dai genitori; fra le altre cose imparerà sicuramente a crescere e a conoscere la vita, cosa che non potrà certo fare se l’unica preoccupazione della sua giornata è chiedere i soldi per acquistare la macchina, per andare in vacanza o per uscire il sabato sera con gli amici. Un figlio che non ha il coraggio di distaccarsi non può pretendere di insegnare ai genitori come educarlo. Se i genitori sbagliano se ne vada, se non sbagliano accetti la loro educazione, anche se non collima con i suoi desideri.
Dopo il distacco i genitori non hanno più voce in capitolo sulla vita dei loro figli – Terminati gli studi ed entrato nel mondo del lavoro, il ragazzo deve essere autosufficiente; è chiaro che l’amore resta immutato, ma deve trasformarsi, si devono elargire utili consigli, non dare ordini. Il caso più classico è quello dei genitori (spesso la madre) che continuano a interferire nella vita dei figli dopo che questi hanno deciso di staccarsi, spesso con la motivazione: “Lo faccio per il tuo bene”. Ogni attenzione che il genitore offre ai figli è ora un “regalo” (che, se veramente autosufficiente, il figlio non può pretendere): l’auto o la casa donata al figlio possono essere accettati solo se sono chiaramente un regalo che una persona molto facoltosa fa al figlio, non una cambiale che un giorno il figlio dovrà restituire con gli interessi. Diverso è il caso della cura dei nipoti: un nipote non è un pacco, non è un regalo e la pretesa che i nuovi genitori hanno che i nonni accudiscano i loro figli è chiaro sintomo di carenza di distacco. Così, il figlio che lavora, ma vive ancora nella casa dei genitori, se è autosufficiente, si preoccupa di versare loro vitto e alloggio.
Dopo il distacco il genitore deve capire che il figlio ha ottenuto la sua piena libertà (è quindi anche libero di suicidarsi!), non è più un essere che deve essere guidato fra i meandri della vita. Se sbaglia, è una sua libera scelta, comunque derivata dall’educazione ricevuta. Anziché continuare a ordinare, il genitore dovrebbe chiedersi dove ha sbagliato nell’educazione. Praticamente questa intrusione la si trova ogniqualvolta i genitori interferiscono nella formazione della nuova famiglia dei loro figli. Il caso della suocera è classico. Nel terzo millennio non ha più senso che la nuova coppia viva con i genitori di lui o di lei: la pratica dimostra che ci sono sempre problemi. Chi accetta l’interferenza dei genitori suoi o di quelli del compagno/a ha già messo la prima pietra della propria infelicità. La cosa più comune è che si cerca di risolvere il problema con continui compromessi, quando la soluzione è banale: ognuno per conto suo!

Per il Personalismo il concetto di distacco dai genitori è fondamentale e non deve essere visto come qualcosa che semplicemente accade “per natura”
Il cellulare: un indicatore
La cosa più difficile per un genitore è accettare serenamente il distacco; anche quelli che giurerebbero di esservi riusciti, nei fatti poi molto spesso hanno comportamenti che sono la negazione di quanto affermano.
Il cellulare è un buon indicatore del distacco. Se il genitore fa 10 telefonate al giorno ai figli, non tanto per controllarli, ma semplicemente per essere messo al corrente della loro vita, difficilmente si può parlare di distacco. Telefonate tipiche ai figli adolescenti (diciamo dai 16 anni in su) o, peggio, ormai maturi sono:
- “Hai studiato oggi (la materia X)?”
- “Che film vai a vedere con…?”
- “Ricordati che devi passare da…”
- “Che fai oggi da mangiare?”
fino alla generica, ma allucinante:
- “Che stai facendo?”.
Ci sono genitori che sentono il bisogno di telefonare ai loro figli mentre guidano, mentre sono a cena con amici, addirittura mi è capitato il caso di un amico che stava telefonando mentre lo starter di una gara podistica stava dando il via!
Tutto questo solo raramente è indice di possessività (che di solito si manifesta con divieti e paletti nella vita dei figli), ma più spesso è semplicemente il desiderio che loro rimangano nella loro vita, di fatto un’incapacità di accettare il distacco.
Il falso distacco dei figli
Sono sicuro che molti lettori approveranno le righe soprastanti, ma una buona percentuale non ha capito! Perché? Perché ha trascurato la parte finale della definizione, quel “senza l’aiuto” che è fondamentale.
Si dirà “che male c’è se i genitori ci danno un aiutino per farci vivere meglio? Se ci tengono i figli perché noi siamo troppo occupati? Se ci pagano una parte del mutuo della casa? Se ci regalano l’auto nuova?”. Nessuno, ma non si sta camminando con le proprie gambe (quindi si è, esistenzialmente, handicappati), si è ancora bambini incapaci di spiccare realmente il volo. Il risultato è un legame ancora troppo forte che, di fatto, si tradurrà in un’incapacità di essere veramente adulti, veramente sé stessi.
Provate il test Genitori e figli per sapere se avete una visione moderna della famiglia o se vivete ancora nel medioevo.
Per approfondire: Mamma son tanto felice perché ritorno da te… – Una bellissima nave che salpa…