La disposofobia, scientificamente definita “disturbo da accumulo e accaparramento patologico seriale e compulsivo”, rientra tra i disturbi psicologici ossessivo-compulsivi.
Il termine comprende in parte la contrazione del verbo inglese to dispose (buttare via, disfarsi di qualcosa) e la parola greca phobos (paura, fobia). La disposofobia è anche altrimenti definita sillogomania.
Chi soffre di questo disturbo manifesta gravi difficoltà a separarsi e/o liberarsi di oggetti (o anche animali) che col tempo ha accumulato progressivamente nell’abitazione in maniera eccedente lo spazio disponibile, rendendo la casa stessa praticamente invivibile.
Disposofobia – Cause, comparsa dei sintomi ed evoluzione
Non esiste a oggi una teoria condivisa che individui con certezza le cause della disposofobia, ma secondo le ipotesi più accreditate, possono ricondursi a:
- uno o più eventi traumatici (l’ansia conseguente al trauma troverebbe parziale rimedio attraverso l’acquisto/accumulo di beni materiali);
- fasi della vita con gravi difficoltà economiche che spingono il soggetto a limitare in modo eccessivo ogni spreco fino a perdere il senso tra ciò che è effettivamente utile o ciò che non lo è;
- predisposizione familiare: un’eredità ricevuta da un membro della famiglia che ha sofferto di questo stesso disturbo;
- un’infanzia con abusi psicologici e/o caratterizzata da trascuratezza da parte dei genitori;
- cause genetiche: non è stata esclusa l’ipotesi che l’accumulo compulsivo di oggetti possa trarre origine da cause organiche.
Spesso chi soffre di disposofobia presenta tratti di personalità più o meno disturbati anche in direzione di:
- perfezionismo o, al contrario, marcato disordine;
- difficoltà relazionali;
- sintomi depressivi;
- incapacità di pianificare e di organizzarsi;
- difficoltà a separarsi anche temporaneamente dai propri oggetti per timore che altri possano gettarli via.
Inizialmente i sintomi possono essere lievi in modo da non poterli correlare specificamente al disturbo, ma molto spesso, col tempo, vi è un progressivo peggioramento e con esso crescono ansia e angoscia già al solo pensiero di potersi separare dai propri oggetti e dalla smania di accumulo. In genere, i sintomi possono comparire già durante l’adolescenza fino a diventare progressivamente patologici e a volte gravi intorno ai 30 anni. La ripetizione di questi comportamenti finisce col rendere impossibile un regolare andamento delle attività quotidiane col concreto rischio di danneggiare la vita propria e quella delle persone conviventi.
Il disturbo da accumulo è diffuso in tutto il mondo ed è ormai considerato alla stregua di una categoria diagnostica indipendente: ne sarebbe afflitto circa il 4-5% della popolazione.
Tipologia degli oggetti accumulati
Ciascun soggetto presenta delle caratteristiche sue proprie, ma sulla base dell’esperienza è possibile indicare alcune tipologie di oggetti che sono più frequentemente oggetto dell’accumulo patologico:
- libri, giornali e riviste che vengono stoccati ovunque nell’abitazione fino a occupare spazi che diventano di fatto inutilizzabili (tavoli, sedie, poltrone, parti del letto…);
- capi di abbigliamento, a volte nuovi e mai utilizzati, riempiono armadi e si accatastano su divani e altri mobili;
- dischi, cd, dvd stoccati su scaffali, sul pavimento…;
- oggetti di valore;
- animali da compagnia (tipico è il caso di soggetti che arrivano a possedere molti gatti trasformando la casa in un ambiente maleodorante, malsano e dannoso anche per la salute degli animali stessi).
Queste modalità comportamentali hanno come conseguenza la progressiva impossibilità di utilizzare spazi sempre più ampi dell’ambiente rendendo praticamente impossibile anche l’esecuzione delle normali pulizie domestiche, delle attività di gestione della casa, della tinteggiatura delle pareti ecc. L’ambiente va incontro a un progressivo degrado e lo spazio effettivamente utilizzabile diviene sempre più ristretto.
In contesti simili è anche intuitivo immaginare come possa diventare la qualità dei rapporti tra le persone conviventi e le molto probabili conseguenze negative sui figli i quali, oltre a correre inconsapevolmente il rischio di diventare “eredi” di un simile comportamento, eviteranno anche accuratamente di portare a casa amici o compagni di scuola per la vergogna che una tale situazione comporta.
Altra criticità della disposofobia è che buona parte dei soggetti non ammette di avere questo disturbo ed è difficile riuscire a fare loro iniziare un adeguato percorso terapeutico di guarigione.
Disposofobia, collezionismo e il risvolto della medaglia
Non bisogna confondere il collezionista da una persona che soffre di disposofobia. Entrambi hanno infatti la tendenza ad accumulare oggetti di un determinato tipo, o di più tipi contemporaneamente, e questo potrebbe indurre in errore. In realtà, tra le due figure vi è una differenza sostanziale:
- il collezionista accumula e collezionaoggetti perché attribuisce loro valore al momento dell’acquisto e valuta che tale valore possa essere mantenuto o accresciuto nel tempo, oppure perché hanno un significato storico o affettivo: segue insomma una precisa logica, lo guida una passione;
- l’accumulatore seriale invece si procura gli oggetti spesso senza un criterio preciso, ma con il solo pensiero che un giorno, anche lontano, potranno avere una qualche utilità per cui li conserva a tempo indeterminato. Quasi sempre non ha uno specifico interesse nei loro confronti e non dedica loro particolare cura; lo guida solo la necessità di sentirsi rassicurato dalla loro presenza.
Può succedere, in particolari casi, che il disturbo da accumulo abbia come altra faccia della medaglia la situazione opposta: ci sono persone che per presupposti e sofferenze simili a quelle elencate per chi soffre di disposofobia, hanno la necessità di trovare una mediazione con la loro sofferenza attraverso la liberazione dagli oggetti: li buttano via anziché accumularli. Persone che hanno perso progressivamente la lucidità necessaria per valutare ciò che abbia effettivamente un valore o una vera utilità da ciò che non lo ha.
Per queste situazioni patologiche, le possibilità di miglioramento o anche di completa guarigione vanno ricercate nell’aiuto di uno psicologo. Spesso, come detto, il grande problema è che il soggetto non ha l’esatta consapevolezza della situazione, non la considera un vero problema ed è quindi difficile che si rivolga spontaneamente a uno specialista. Sono infatti più frequenti i casi in cui sia un altro componente della famiglia a contattare lo psicologo per segnalare il problema. La tipologia di intervento psicologico che ha fino a ora consentito i migliori risultati è la terapia di tipo cognitivo-comportamentale.
Disposofobia e personalità critiche
Riuscire a individuare delle connessioni tra le varie personalità critiche e la disposofobia è molto difficile anche perché il ruolo che giocano l’educazione e gli accadimenti della vita è fondamentale; nel corso dell’esistenza di ciascuno, tutti questi elementi si influenzano a vicenda per cui risulta spesso impossibile individuare precisi nessi causali.
Si possono tuttavia indicare alcune personalità critiche che potrebbero essere più predisposte di altre nei confronti del disturbo da accumulo patologico; alcune personalità che possono costituire in parte una sorta di condizione “facilitante” per la nascita e/o il mantenimento della disposofobia.
L’irrazionale e lo svogliato, per esempio, hanno caratteristiche compatibili con parte dei comportamenti adottati dall’accumulatore patologico se si considera che manca in effetti una capacità di valutazione razionale della realtà e nello svogliato è sicuramente carente la volontà anevrotica.
Il romantico, deluso dal mancato raggiungimento del proprio ideale al quale tuttavia non riesce a rinunciare, potrebbe costruirsi una realtà alternativa che riesca a dargli anche solo un surrogato di soddisfazione attraverso la conservazione e l’accumulo di oggetti attinenti a quel suo ideale.
Ci sono poi persone che hanno diverse personalità critiche contemporaneamente ed è realistico immaginare che in alcuni casi queste criticità possano fungere da facilitatore nella genesi di questi problemi e/o nel loro mantenimento nel tempo.
Una morale? La morale è quasi sempre la medesima: senza essere semplicistico e tenuto conto che la realtà è complessa e che non sussistono soluzioni semplici a situazioni e problemi complessi, sono certo che possedere una personalità equilibrata sia il miglior modo per ridurre al minimo (se non evitare del tutto) il rischio di sviluppare comportamenti che facilitino il sorgere di problemi.
E se la personalità non è equilibrata è possibile intervenire per modificarla, a qualunque età: per alcuni potrà trattarsi di un percorso più semplice, per altri più impegnativo, ma il risultato sarà sorprendente.