Navigando in Internet, mi sono ritrovato su questa citazione sulla delusione: “la delusione è un’esperienza negativa che segna tutti prima o poi, fa parte della vita di ognuno di noi e bisogna imparare a convivere con essa”.
Si tratta del consueto approccio di psicologi “normali” che tende a rendere come inevitabile qualcosa che è invece un campanello d’allarme. Francamente, non ricordo momenti di delusione nella mia vita e, osservando chi è molto equilibrato, trovo che sostanzialmente si deve ritenere la delusione un evento molto raro in chi ha un’ottima personalità.
Il diagramma a blocchi della delusione ha due grandi strade: la delusione da sé e la delusione da altri, a seconda che il fatto scatenante il sentimento riguardi come soggetto la nostra persona o altri. Nel primo caso pensiamo ai classici esempi in cui abbiamo perso una scommessa importante, una gara sportiva è andata male, non abbiamo fatto una buona impressione ecc., non siamo riusciti insomma a raggiungere il nostro obiettivo. Nel secondo caso rientrano praticamente quei casi in cui, consciamente o inconsciamente, diciamo ad altri la classica frase “mi hai proprio deluso”.
Come evitarla
Prima di analizzare i due tipi di delusione, è importante evidenziare subito l’antidoto contro di essa:
per evitare la delusione, occorre equilibrare la propria personalità.
Infatti, quanto più si è equilibrati, tanto più si è immuni da questo virus esistenziale. Una persona positiva non può accontentarsi di convivere con essa, ma è necessario che si dia da fare per migliorare la propria personalità, rimuovendo le personalità critiche che sono la causa di tante nostre delusioni. L’alternativa (e non è una grande alternativa) è dare ragione a T. Fueller: “Siamo nati piangendo, viviamo lamentandoci, e moriamo delusi“.
Come vedremo, le personalità critiche sono coinvolte in vario modo, ma una è particolarmente facilitante per la delusione: quella dell’insofferente. Non avendo un piano B alternativo, quando l’aspettativa è mancata, l’insofferente ne resta deluso e la sua delusione assume poi i contorni della rabbia, della fuga, della depressione ecc.
Sembrerebbe quindi che il miglior modo di immunizzarsi sia quello di avere un piano B per ogni nostra situazione; sicuramente una buona strategia, ma con il rischio di diventare sopravviventi che si accontentano qualunque cosa succeda. In altri termini, un piano B ci vuole, ma poi bisogna anche capire perché il piano A non ha funzionato, senza mummificarsi in un’improduttiva delusione.
La delusione da sé
Quando non si raggiunge un obiettivo la persona equilibrata non ha tempo per essere delusa, ma si mette alla ricerca delle cause e si concentra sulla rimozione di esse. Se vogliamo “consolare” una persona che non ha raggiunto il suo obiettivo, non usiamo approcci da bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno (tipo: “può succedere…”), ma aiutiamola a capire le cause, a migliorare.
Anziché ricercare le vere cause del fallimento, in genere chi prova delusione da sé, ha tre grandi cause, sempre per lui “vere” e quindi spesso non pertinenti al caso specifico:
- La sua inefficienza – Chi ha una scarsa autostima trova sempre il modo di tradurre la sua frustrazione in condanna verso la propria persona. Un atteggiamento che genera sentimenti financo depressivi e sicuramente il più negativo perché, di fatto, se il soggetto non riesce a sottrarsi alle prossime prove (come sul lavoro), alla fine diventa un macigno esistenziale. Più raramente, ma accade, è la rabbia a dominare, un sentimento rivolto contro sé stessi e la propria inettitudine.
- La sfortuna – Chi crede nel destino, nella sfortuna (fino ad arrivare a casi più estremi come il malocchio non troverà di meglio che considerare l’evento che ha provocato la delusione come frutto di una forza invincibile che lui non possiede o non è in grado di controllare. Se l’episodio è occasionale, la delusione è come un’influenza, poi passa, ma se il soggetto si ritiene “marchiato a vita” (“sono nato sfortunato”) allora, anche in questo caso, la delusione sarà uno dei motivi dominanti delle sue battaglie.
- Gli altri – Chi ha una buona autostima e non crede molto nella sfortuna spesso commette l’errore di attribuire la colpa del suo insuccesso agli altri, con la delusione che può quindi anche trasformarsi in rabbia (o invidia) verso chi ci ha tolto il “premio”.
Se l’insofferente può essere associato a tutti e tre i gruppi, le altre personalità in genere propendono per uno o al massimo due di essi.
Per quanto riguarda il primo, possiamo dire che è tipico dei succubi (si sentono inadeguati verso le aspettative dei genitori), dei deboli (sentono di non avere abbastanza forza per controllare la situazione), degli insufficienti (quando costretti a fare da sé), dei vecchi (“non ho più l’età per…”), degli insoddisfatti (per loro il perfezionismo dovrebbe essere la regola della vita e quindi ogni obiettivo dovrebbe essere raggiunto).
Il secondo punto è tipico degli svogliati (“non è colpa mia, è stata solo sfortuna”), dei mistici (qui la sfortuna è sostituita da presunte volontà divine), degli irrazionali (ovvio che con destino, fato e cose simili vadano a nozze), dei sopravviventi (“può capitare a tutti è capitato a me”), degli indecisi (“ah, se avessi scelto l’altra strada”), dei romantici (per chi crede nei sogni è normale fallire l’obiettivo e spesso ci si rifà sul destino).
Il terzo punto è tipico dei sopravviventi (caso classico “è stato raccomandato, altrimenti il posto l’avrei avuto io, succede sempre così!”) e dei violenti (ovvio, la colpa di quanto succede non è mai derivante da loro scelte).
La delusione da altri
“Mi hai proprio deluso” classica frase che personalmente metto in relazione con una personalità che, in qualche modo, pretende di dominare la vita dell’altro quasi fosse una macchina che deve seguire un percorso indicato. Premesso che la frase sopraindicata dovrebbe rivelare a chi la pronuncia la pochezza delle sue capacità psicologiche (non ha saputo analizzare bene le reali capacità/intenzioni di chi ha di fronte), l’aspettarsi qualcosa da qualcuno quasi fosse un debito che l’altro deve saldare indica un controllo diretto o indiretto sulla vita dell’altro. Non a caso, la frase è pronunciata spesso nell’ambito di un rapporto gerarchico (un superiore o un inferiore che si aspettavano dall’altro qualcosa di completamente diverso); anche quando in teoria il rapporto è paritetico (come fra marito e moglie), la frase sottintende un obbligo dell’altro a rispettare certi standard (“dovevi amarmi per tutta la vita e invece mi hai tradito”) e quindi di fatto si trasforma in una gerarchia dove entrambi sono padroni e schiavi a un tempo.
La delusione da altri sfocia spesso in rabbia o in depressione, dipende dalla propensione violenta del soggetto. Anziché prendere l’episodio come esperienza di vita, come punto di riferimento per il prossimo obiettivo, con l’analisi di cosa deve “cambiare”, ecco che rabbia o delusione prendono il sopravvento, a seconda che il soggetto di senta incolpevole (la colpa è dell’altro) o colpevole (la colpa è sua). Caso di rabbia classico è quello del genitore che arriva a picchiare il figlio che l’ha deluso, mentre caso classico di delusione è quello del genitore che di fronte al fallimento del figlio si deprime nella convinzione di essere un genitore fallito.
Come dice il proverbio, piangere sul latte versato non ha senso, meglio capire i motivi che hanno spinto gli altri ad agire così e porvi riparo per la prossima volta. Anziché delusione, investimento delle proprie energie con uno sguardo al futuro per vivere meglio.

Qual è l’antidoto contro la delusione?
La rabbia
Ecco un’analisi di G. Penco sul problema.
L’origine della rabbia è legata all’essenza della delusione, che corrisponde appunto a un’attesa mancata, a un comportamento che non avevamo previsto, che di conseguenza cozza contro la valutazione che avevamo dato di quella persona, delle sue capacità o della sua integrità morale. In fin dei conti quindi la delusione verso un’altra persona è principalmente dovuta a una scarsa capacità di giudizio o meglio di pre-giudizio sulla persona stessa, quindi a ben guardare la colpa è nostra! Non si tratta di assolvere l’altro dalle sue responsabilità oggettive, ma di comprendere se quell’azione o risultato non erano davvero prevedibili fin dal principio. Le persone sono imprevedibili, certamente, ma entro un certo livello: spesso siamo noi a non voler vedere nell’altra una reale mancanza di capacità oggettiva (voti non brillanti, perché non accettiamo che non tutti possano arrivare al 10) o una personalità insoddisfatta (il “mai-contento” nonostante tutti i nostri sforzi…) o una natura violenta (il bullo o il violento con la moglie) o un “parassita” (che ci “succhia” le nostre energie e non ci dà niente in cambio).
Non ci delude mai una persona che non conosciamo o che conosciamo poco, ma bensì una persona che riteniamo di conoscere bene e/o che stimiamo. Imparare a giudicare correttamente la persona con cui abbiamo una relazione vuol dire anche non aspettarsi che possa avere dei comportamenti molto lontani dalle sue inclinazioni o dai “difetti” personali: un ritardatario cronico potrà tutt’al più limare qualche minuto, ma arriverà sempre tardi a un appuntamento e quindi o si evita di frequentarlo o, se comunque è una persona che aumenta la qualità della nostra vita, lo si accetta senza farsi venire il mal di pancia ogni volta (magari il trucco in questo caso può essere dare un orario anticipato dell’incontro stesso…).
La seconda osservazione è che la delusione è legata alla fiducia che si ripone nell’altro e che sentiamo come tradita. Questo non vuol dire avallare il famoso motto “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio!”, perché la fiducia è alla base di molti rapporti. Il punto anche in questo caso è affinare la capacità di giudizio sull’altro e capire dove e in cosa l’altro è affidabile, e dove invece è più saggio evitare. Per semplificare al massimo, non darò in mano un oggetto fragile a un bambino piccolo, mentre posso dargli delle caramelle e fidarmi che le condividerà con i suoi amici, se gli ho insegnato il valore dell’amicizia e della condivisione.
Delusione – Frasi famose
- Le lezioni della delusione, dell’umiliazione e dell’errore colpiscono più a fondo di quelle di mille maestri. (Johann Heinrich Füssli)
- Opportunità. Occasione favorevole per acquistare una delusione. (Ambrose Bierce)
- Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione. Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita, una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita cioè dal voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo. E a subirla ti senti ingannato, beffato, umiliato. (Oriana Fallaci)
- L’entusiasmo serve a “lanciarsi”. Se non è d’aiuto, si può sfruttare la delusione con buona pace della coscienza. (Karl Kraus)
- La vita è una grande delusione. (Oscar Wilde)
- Il modo più giusto di concepire la vita sarà quello di vedere in essa un desengaño, una delusione: tutto, è anche troppo evidente, mira a ciò. (Arthur Schopenhauer)
- Non ci può essere profonda delusione dove non c’è un amore profondo. (Martin Luther King)