La cultura è un fattore facilitante che aiuta nella comprensione del mondo e permette di arrivare alla più concreta definizione di intelligenza (è intelligente chi comprende la realtà che lo circonda).
Ritenere la cultura una condizione sufficiente o necessaria alla felicità è dunque una posizione distorta che esalta eccessivamente il valore esistenziale della cultura. Fra i non equilibrati, solo pochi la ritengono sufficiente alla qualità della vita, rientrando nella personalità romantica (l’idea dominante è cioè la cultura, l’arte ecc.). I contemplativi sono invece coloro che la ritengono necessaria alla piena espressione dell’individuo, alla massima qualità della vita. La loro posizione è potenzialmente rischiosa perché la cultura tende a diventare un surrogato dell’intelligenza.
Infatti la cultura non è un valore, ma ha valore a seconda di come viene impiegata. Questo articolo vuole appunto insegnare come usarla.
La cultura è un valore?
No, la cultura è una condizione facilitante; se si vuole capire fino in fondo il significato di questa affermazione, conviene rifarsi alla ricchezza, altra condizione facilitante.
Penso che nessuno stimi di più o di meno una persona guardando quanti soldi ha. Eppure per la cultura, spesso si parla di valore. Chi non ha un livello culturale elevato guarda con ammirazione (i ricchi si guardano con invidia) chi è colto e a volte cerca di farsi culture raffazzonate e veloci con dubbie scorciatoie.
Si parla sovente di valori culturali di un Paese (mentre si dovrebbe parlare di ricchezza culturale) e si alza la stima per una persona se questa è colta. Se si riflette, è assurdo apprezzare maggiormente una persona perché è colta. Si può apprezzarla perché in lei la cultura ha generato frutti positivi, ma sono una ricaduta della condizione facilitante. Fermarsi solo alla cultura è sbagliato come fermarsi al solo conto in banca di chi ci è di fronte.
La cultura infatti può generare anche frutti negativi (in quella che il Personalismo definisce personalità contemplativa), distogliendo il soggetto dall’attenzione al mondo, convinto di aver già tutto per stimarsi e per essere sul piedistallo. Molti contemplativi hanno anche una personalità parzialmente svogliata e/o dissoluta perché non sentono altre motivazioni che quella culturale. Tutti presi nella loro missione culturale non hanno altre risorse da dedicare al miglioramento di una parte della loro esistenza. La loro autostima poggia totalmente sulla cultura: a che serve impegnarsi in altro?
La cultura e gli oggetti d’amore
È evidente che ogni materia può diventare un oggetto d’amore e come tale migliorare la qualità della vita del singolo. Più difficile motivare il fatto (come fanno i contemplativi) che “lo studio di una certa materia è utile a tutti”. In realtà c’è qualcosa di vero in questa affermazione, ma nella sua genericità rischia di creare solo incomprensioni o facili ottimismi. Infatti ogni persona tende a esagerare la portata universale dei suoi oggetti d’amore (“se migliorano la qualità della mia vita perché non dovrebbero migliorare la vita degli altri?”); questo errore di generalizzazione diventa un boomerang quando la cultura è “imposta” e il ricevente non vede reali frutti pratici.
La cultura e la coscienza culturale
In matematica sapere tutto della funzione zeta di Riemann non penso proprio che possa definirsi utile a chi non deve usarla per lavoro, mentre saper maneggiare il sistema sessagesimale è sicuramente utile a tutti.
In medicina, conoscere la tecnica operatoria di un trapianto non serve per la qualità della vita, avere le idee chiare sul colesterolo sì perché potrebbe allungarci l’esistenza. È abbastanza facile capire che per ogni materia esiste una netta demarcazione fra ciò che è utile solo come oggetto d’amore e per il proprio lavoro e ciò che è utile a tutti, al di fuori del fatto che si ami quella materia o che la si usi per lavoro. Basta chiedersi: “questo argomento di questa materia serve a tutti nella vita?”.
Non valgono risposte generiche del tipo “sì, perché fa diventare più intelligenti” oppure “sì, perché fa crescere lo spirito”: siffatte risposte le ho abolite da quando a scuola volevano convincermi che “il latino apriva la mente”. In realtà, persone che non sanno nulla di latino o non apprezzano i quadri degli impressionisti possono aver capito tutto della realtà attorno a loro.
Con grande sorpresa si troveranno materie che hanno un reale peso pratico nella vita quotidiana e altre che ce l’hanno solo se sono nostri oggetti d’amore (scandalizzando probabilmente qualcuno, Mozart è quindi utile come l’ultimo cantante rock che ha venduto milioni di dischi) o se le usiamo nel lavoro.
Generalizzando
ogni materia ha una coscienza che è quell’insieme di quelle nozioni la cui comprensione è utile a tutti.
Nel sito si parla di educazione alimentare (in riferimento alla scienza dell’alimentazione), ma si potrebbe parlare di coscienza matematica, tecnologica, letteraria, giuridica, economica ecc.

Il concetto di cultura è complesso ma viene troppo spesso ostentato come semplice ornamento
Scuola e coscienze
Compiti prioritari della scuola dovrebbero essere:
- formare le coscienze delle varie materie;
- approfondire quelle che servono per il futuro lavoro di chi ha scelto quell’indirizzo scolastico.
Se il secondo compito è da anni recepito (magari mal realizzato, ma nessuno lo metterebbe in dubbio), il primo sicuramente no, perché i programmi scolastici sono datati e non conoscono ancora, né sono in sintonia con il concetto di coscienza.
Alcune domande agli addetti del mondo dell’educazione della scuola media:
- Come è possibile vincere il sovrappeso se negli studenti non si forma una educazione alimentare?
- Come è possibile evitare che la gente si rovini se negli studenti non si forma una coscienza economica?
- Come è possibile migliorare la sanità se negli studenti non si forma una coscienza medica?
L’elenco sarebbe infinito…
Per molte materie la scuola è sufficiente per formare la coscienza culturale (pensiamo alla coscienza storica), ma per altre sicuramente no. In alcuni casi passano le scuole medie superiori studenti che sanno tutto di Ippolito Nievo, ma non sono in grado di scrivere un tema senza gravi errori di ortografia e di sintassi (aspetti che appartengono alla coscienza letteraria). Quando queste persone dovranno presentare un curriculum che servirà loro il saper commentare le Confessioni di un italiano?
La coscienza medica
Come esempio di coscienza, citiamo quella medica (cui è dedicata la sezione Salute del sito). Per il Personalismo
ognuno deve essere il primo medico di sé stesso.
Non è un atto di accusa verso i medici, ma un pratico consiglio che consente di migliorare la salute giorno per giorno. Chi non ha sufficienti competenze mediche non è in grado di affrontare i problemi di salute quotidiani, né di svolgere un’efficace prevenzione. Inoltre se non si sa valutare la gravità della propria condizione patologica non si può nemmeno scegliere oculatamente se andare o non andare dal medico e soprattutto quale medico scegliere.
La prevenzione è poi un concetto irrinunciabile per una vita lunga e sana: se non ci si informa su tutto ciò che riguarda la salute come è possibile prevenire le malattie? Non si può certo sperare di avere un medico al fianco ventiquattro ore al giorno!
Non pensiate che per occuparsi della propria salute occorra essere laureati in medicina: per fortuna i concetti fondamentali della scienza medica sono recepibili senza la necessità di avere una formazione medica universitaria. Gli sforzi che da anni facciamo nel sito per aumentare la coscienza medica dei visitatori sono stati premiati da tante persone che hanno fatto un netto salto di qualità nella comprensione di ciò che è essenziale dal punto di vista medico.