La crisi del matrimonio è purtroppo un fatto molto comune. Molti matrimoni falliscono, è un dato di fatto e il report più recente dell’ISTAT (febbraio 2021) relativo alla situazione di matrimoni, divorzi e separazioni nel nostro Paese lo testimonia. L’anno preso a riferimento è il 2019. Vediamo quali dati emergono dalle indagini svolte dall’Istituto di Statistica.
Crisi del matrimonio – I dati Istat
Nel 2019 sono stati celebrati nel nostro Paese 184.088 matrimoni, circa 14.690 in meno rispetto all’anno precedente (-6%). Diminuiscono anche le seconde nozze o successive (-2,5%), ma aumenta la loro incidenza sul totale: circa il 20% dei matrimoni è relativo alle seconde nozze. Il picco dei matrimoni si ebbe nel 1970 con circa 395.000 matrimoni.
Continua l’aumento dei matrimoni celebrati con rito civile. Sono passati dal 2,3% del 1970, al 36,7% del 2008 fino al 52,6% del 2019, con 96.789 matrimoni celebrati: i matrimoni con rito civile sono 2 su 3 al Nord e circa 1 su 3 al Sud”. Ovviamente, il rito civile riguarda le seconde nozze (94,8%) e i matrimoni con un cittadino straniero (90,3%). La scelta del rito civile si sta affermando rapidamente anche nei primi matrimoni (dal 27,9% del 2008 al 41,6% del 2019).
Per quanto riguarda invece l’instabilità coniugale, i dati del 2015 risentono degli effetti delle recenti variazioni normative. In particolare, l’introduzione del cosiddetto “divorzio breve” fa registrare un forte aumento del numero di divorzi, che ammontano a 82.469 (+57% sul 2014). Più contenuto è l’incremento del numero di separazioni, pari a 91.706 (+2,7% rispetto al 2014).
I matrimoni in Europa
Ecco i dati di nuzialità del 2018 di alcuni Paesi europei (ogni 1.000 abitanti).
- Romania – 7,4
- Danimarca – 5,6
- Austria – 5.3
- Svezia – 5
- Grecia- 4,4
- Spagna – 3,5
- Portogallo – 3,4
- Italia – 3,2
Dal 1990 al 2018 l’età media delle donne al primo matrimonio è cresciuta di 6,5 anni (32,4 anni), quella degli uomini di 6,3 (35 anni).
Crisi del matrimonio – Quanto dura?
Dati aggiornati l’ISTAT non ne ha forniti. Ci si riferisce ancora al 2015. La durata media del matrimonio al momento della separazione è di circa 17 anni. In media i mariti hanno 48 anni, le mogli 45 anni.
Nel 2015 le separazioni con figli in affido condiviso sono circa l’89% di tutte le separazioni con affido. Soltanto l’8,9% dei figli è affidato in modo esclusivo alla madre.
La quota di separazioni in cui la casa coniugale è assegnata alla moglie sale al 60% e arriva al 69% per le madri con almeno un figlio minorenne. Si mantiene stabile la quota di separazioni con assegno di mantenimento corrisposto dal padre (94% del totale delle separazioni con assegno nel 2015).
I numeri sopra riportati, già abbastanza significativi, lo diventeranno probabilmente ancora di più dal momento che stanno diminuendo sempre più i condizionamenti sociali (per “amore dei figli”) e religiosi (il “vincolo indissolubile”) per cui “si deve stare insieme”.
D’altro canto, è pur vero che molti matrimoni durano per sempre e che una piccola percentuale di essi (circa il 10%) dura in modo felice.

L’alta percentuale di fallimento dei matrimoni è uno dei motivi dello scetticismo di molti giovani nei confronti di questa scelta di vita
Crisi del matrimonio: quando un matrimonio non funziona
Perché un matrimonio fallisce? Sembra troppo facile rispondere che si è infranta sin dall’inizio una delle regole per il buon matrimonio. Sono 30 regole pratiche: in tutti i matrimoni falliti esaminati almeno una era disattesa. Poiché le regole espresse nel sito sono comparse in Rete anni fa (ed erano state anche pubblicate su un giornale femminile) abbiamo ricevuto molte mail di persone che sottolineavano fossero corrette, “ma chi poteva pensare che una sola regola che infrangono tutti volesse dire una catastrofe!”. Premesso che nella frase c’è un errore di generalizzazione perché c’è chi non sottovaluta quelle regole e quindi il “tutti” è arbitrario, può darsi che 30 regole siano troppe. Allora limitiamoci a tre punti (sono i più importanti, ma non sono gli unici!) nella speranza che almeno su questi si rifletta.
Matrimonio: tre punti importanti
Bontà – Sicuramente l’aspetto più importante per evitare la crisi del matrimonio.
Il partner deve entrare nel nostro mondo dell’amore (e viceversa) nel modo più pieno possibile.
Dobbiamo trattarlo come tratteremmo noi stessi. Bontà non significa sottomissione (molti rapporti “funzionano” perché uno è “sottomesso” all’altro) né cancella la necessità di un’autosufficienza (prima di cercare un partner bisogna star bene da soli).
Fin qui sicuramente tutti saranno d’accordo, parlando genericamente di amore. In realtà, perché un matrimonio funzioni è necessario che l’eventuale fase di innamoramento iniziale sia sostituita da un costante volersi bene. Il termine eventuale è utilizzato in relazione alla negatività del concetto di innamoramento classico (tipicamente romantico), in cui ognuno non riesce a vedere con oggettività il partner: quanto più una persona è innamorata, tanto più è cieca sulle difficoltà di un rapporto a lungo termine (non per niente si dice che “ha perso la testa per”).
Parlando in termini comuni, il Personalismo va controcorrente e sostiene che:
l’innamoramento non è una condizione facilitante la riuscita del matrimonio, il volersi bene sì.
Le persone più equilibrate danno subito una fondamentale importanza al volersi bene, a differenza di chi punta tutto solamente sull’innamoramento, salvo poi accorgersi che… l’amore è finito. In realtà le persone “si amavano”, ma non si volevano bene.
Il volersi bene è attuato tramite la bontà definita come sopra. La bontà è quell’ingrediente che fa sì che il matrimonio possa trasformarsi in un’atmosfera che allieta la nostra vita; un buon matrimonio dovrebbe proprio essere questo: una stupenda colonna sonora sul film dell’esistenza.
Come fare per capire se il partner è buono? Tralasciamo i casi in cui è banale scoprire che non lo è: difficilmente si definisce “buono” un partner violento (ricordate che la gelosia è una forma di violenza!), sempre assente (l’amore si dimostra con le azioni) o con difetti della personalità che penalizzano il rapporto e con nessuna volontà di rimuoverli ecc. Nei casi “normali” come valutare se ciò che chiediamo al partner non vada oltre il concetto di bontà e sia tutto sommato una richiesta egoistica? Nelle persone possessive o eccessivamente romantiche ciò è quasi la norma con il terribile concetto di prova d’amore: se mi ami rinuncia a questo o a quest’altro! Un crudele modo per complicare la vita a sé stessi e al partner.
La soluzione per verificare la bontà del partner sta proprio nel valutare come si comporta quando gli chiediamo cose che, tutto sommato, non gli costano poi molto. Si può discutere su aspetti importanti della vita di coppia (il partner vuole uno yacht…), ma gli egoismi escono sulle cose da poco.
Contromisure – Applicate il test delle “piccole cose” e se la bontà è parziale, preferite sicuramente la convivenza, a meno che non scegliate la via della sottomissione (tipica del sopravvivente o dell’insufficiente).
Sesso – In realtà dovrebbe essere al primo posto perché di fatto in una coppia dove non c’è sesso si può parlare al più di amicizia e stare insieme come coppia è semplicemente un mentire a sé stessi, mentre in una dove ci sono tradimenti viene meno il requisito di stabilità.
Va al secondo posto perché c’è un grande concorso di colpa di chi non si sente soddisfatto perché ha dato per scontato una serie di cose che la realtà disattende puntualmente. Leggete l’articolo Sesso e matrimonio per capire che se il partner è “ipoattivo” (inteso come “scarsamente interessato al sesso”) o “poligamo”, al più si convive, fino a che la “passione” non si spenge o si attua un tradimento, portando alla crisi del matrimonio o alla continuazione per inerzia.
Contromisure – In genere l’ipoattività o la poligamia del partner si possono scoprire nella fase precedente il matrimonio. Nei casi dei soggetti che poi alla lunga risulteranno ipoattivi sessualmente non è difficile riconoscere spesso i tratti delle personalità svogliata, vecchia o inibita. Poiché però altre personalità possono essere coinvolte, basta il “test della soglia”: il sesso deve essere vissuto come situazione normalissima in qualunque situazione anche ripetuta e ravvicinata; se il soggetto richiede che si superi una soglia di eccitazione sessuale (atmosfera, condizioni particolari ecc.) alla lunga tale soglia si innalzerà sempre più e la vita sessuale della coppia si azzererà.
Per la poligamia non è necessario aspettare il tradimento, basta non sottovalutare la filosofia di vita del soggetto: se passa una bella donna e un uomo si gira a guardarla, sbavando dalla testa ai piedi, non sarà certo propenso alla monogamia!
Genitori e suoceri – Il terzo e grave problema che causa liti e a volte la crisi del matrimonio. Qui basterebbe applicare il test della mamma per scoprire che una buona parte di chi si sposa continua a ritenere equivalente (o addirittura inferiore!) il partner ai genitori, cioè non si è ancora distaccato (personalità succube).
Ci sono poi le convenzioni sociali che impongono una vicinanza, in barba alla regola di “non andare a vivere con i tuoi genitori né con i suoceri”. Certo, ci possono essere casi in cui questa convivenza è possibile, ma statisticamente si tratta di casi in cui uno dei due coniugi si è sottomesso.
Quando ci si sposa non si sposano i genitori del partner né il partner deve sposare i nostri.
Con una battuta, se è già difficile andare d’accordo in 2, andare d’accordo in 6 è praticamente impossibile a meno che uno dei due coniugi sia sottomesso o abbia una naturale, ma poco efficiente (per la qualità della vita) propensione a sopportare gli altri.
Contromisure – Non è difficile prevedere l’invadenza di genitori e suoceri: quando vogliono ordinare anziché consigliare (una sola volta però!) è il caso di preoccuparsi. Spesso l’invadenza nasce proprio nella fase prematrimoniale con l’arcaica “benedizione” da parte dei genitori dei novelli sposi. Poi continua con la cerimonia (un caso allucinante: si sposa la figlia e i genitori invitano i loro amici che la figlia nemmeno conosce!).
Per valutare se il partner si è distaccato dai suoi genitori, basta vedere come reagisce il partner alla proposta di “andare a vivere da soli per essere più liberi”.
Ora andate a rileggervi le 30 regole!