Se ci si mette in una condizione in cui le probabilità di un evento negativo sono alte, dal punto di vista esistenziale, non certo legale, una parte della colpa dell’evento è della vittima.
Molti non riescono a vedere le proprie colpe (concorso di colpa esistenziale) dietro certe situazioni problematiche e il richiamo alla colpe altrui o al destino è un facile alibi. Il concorso di colpa esistenziale scatta quando ci si pone in scene in cui aumenta moltissimo la probabilità di un evento negativo.
Questo articolo si riferisce a fatti avvenuti nell’autunno del 2017, ma sui giornali ogni giorno si leggono situazioni di concorso di colpa esistenziale. I giornalisti spesso prendono le difese della vittima e i lettori li santificano in una crociata contro il criminale di turno. Il problema è che chi non conosce il concorso di colpa esistenziale difficilmente avrà la massima qualità della vita perché non ha un grande senso statistico e farà molte scelte sbagliate.
Partiamo con un esempio facile. Vado nel Bronx (o in un qualsiasi quartiere malfamato di una grande città; uso il Bronx perché se citassi un esempio italiano molti “benpensanti” si risentirebbero…) e cammino per le strade sfoggiando un magnifico Rolex al polso. Mi rapinano. Secondo voi qual è il mio grado di intelligenza esistenziale? Certo, i giornali porranno correttamente l’accento sulla criminalità che dilaga nel Bronx, che “si deve fare qualcosa” ecc. Tutte considerazioni giuste, ma chi avrà il coraggio di dire che “me la sono cercata?”.
Se ci si mette in una condizione in cui le probabilità di un evento negativo sono alte, dal punto di vista esistenziale, non certo legale, una parte della colpa dell’evento è della vittima. Si noti bene: questa non è un’attenuante per chi ha commesso il delitto, ma è un’aggravante esistenziale per la vittima.
Veniamo a fatti concreti.
Asia Argento ha dichiarato di aver subito violenza sessuale da parte di Weinstein. Che il produttore abbia infranto la legge e che si possa pensare (per somma di reati) di rinchiuderlo in prigione e buttare la chiave, ci sta, ma che l’Argento ora voglia fare la parte dell’eroina per aver denunciato il fatto con 20 anni di ritardo e si indigni se qualcuno le dice che “se l’è cercata” rivela una scarsissima comprensione della realtà. Certo, si può obiettare che a 21 anni una persona non è abbastanza matura per capire come vanno le cose (un po’ come se io con il mio Rolex non sapessi che il Bronx è un quartiere malfamato di New York), ma allora perché crede a 21 anni di essere matura per diventare una star con tutte le pressioni del caso? Quindi ammetta: o se l’è cercata o è stata una grandissima ingenua (concorso di colpa esistenziale). E un ingenuo non è un eroe.
Il giornalista di Nemo viene preso a testate da un capoclan di Ostia, infastidito da qualcuno che voleva mettere in dubbio il suo potere nella zona. Dubitando che il governo voglia fare veramente qualcosa (in uno Stato serio a Ostia sarebbe andato l’esercito) e sperando che il fermo dell’aggressore si trasformi in qualcosa di più, c’è anche da dire che il giornalista ha fatto solo il suo mestiere. Un po’ come il corrispondente di guerra che va al fronte: certo è il suo lavoro, ma le probabilità che si faccia male non sono minime; se pretende di non avere rischi, il suo comportamento, come quello dell’Argento, è “ingenuo” e, se gli accade qualcosa, il concorso di colpa esistenziale è indiscutibile. Infatti, sono state rimarchevoli le parole dell’aggredito, Piervincenzi: “dietro al clamore della vicenda vedo molta ipocrisia, si parla di me, ma non delle tante aggressioni che avvengono a Ostia”. Come dire, “per me è normale, ho fatto solo il mio lavoro, ma i poveri cittadini spesso inermi che devono subire?”. Per essere ancora più chiari: se un poliziotto viene aggredito mentre fa una retata in un quartiere malfamato, giustissimo condannare i colpevoli, ma chi proverebbe stupore per una cosa simile? Solo chi pretenderebbe di vivere in un mondo ideale dove si possa scegliere senza tener conto delle condizioni in cui ci muoviamo.
Veniamo al prete bolognese che ha postato su Facebook queste parole su una ragazzina vittima di stupro: Ciao tesoro, mi spiace, ma se 1) frequenti piazza Verdi (che è diventato il buco del c… di Bologna…) 2) ti ubriachi da far schifo! Ma perché? Se hai la (sub)cultura dello sballo sono solo ca… tuoi poi se ti risvegli la mattina dopo chissadove… 3) e dopo la cavolata di ubriacarti con chi ti allontani? Con un magrebino??? Adesso capisci che oltre agli alcolici ti eri già bevuta tutta la tiritera ideologica sull’”accogliamoli tutti”. Tesoro, a questo punto svegliarti seminuda direi che è il minimo potesse accaderti. Dovrei provare pietà? No, quella la tengo per chi è veramente vittima.
Premesso che l’aggressore va punito con il massimo rigore e che non ho nessuna simpatia per il prete (non ce l’ho perché chi si scusa di quanto ha espresso solo per le pressioni dei superiori non può vantare un grande spessore morale), cosa c’è di sbagliato nelle parole del sacerdote? Forse può condannarlo chi è cristiano perché non si è comportato come tale, ma io che non sono credente e rispondo solo al mio buon senso non trovo nulla di sbagliato. Ci sono tutti gli elementi per il concorso di colpa esistenziale. La ragazza frequenta un luogo non idilliaco (vedi Bronx) e si ubriaca perché ha scelto la cultura dello sballo. Già qui il concorso di colpa esistenziale è evidente. Poi si allontana con un maghrebino. Qui i benpensanti incominciano a pensare che il sacerdote sia razzista, ma se lo pensano davvero sono anche loro colpevoli di concorso di colpa esistenziale. Le statistiche dicono chiaramente che gli extracomunitari delinquono maggiormente che gli italiani, per cui, senza una vera conoscenza della persona (ci sono maghrebini rispettabilissimi), se dovessi scegliere a caso se passare una sera in uno scompartimento ferroviario con un italiano o con un maghrebino, entrambi sconosciuti, sceglierei l’italiano per semplice calcolo delle probabilità. Chi contesta questo ragionamento dovrebbe farsi registrare il cervello perché chi fa scelte irrazionali non può pretendere di dire che il suo cervello funziona bene. Infine il discorso sulla pietà. Sarà cristianamente dovuta, ma esistenzialmente lo è tanto meno quanto maggiore è il concorso di colpa esistenziale. E sinceramente qui provare pietà è solo patosensibilità o intellettualismo dell’ultima ora. Assolvere in pieno la ragazza vuol dire che nelle sue scelte non ha sbagliato nulla e ciò è assurdo.
Riassumendo…
Se una donna molto bella si esibisce in un costume succinto in una piscina pubblica di una grande metropoli occidentale, la probabilità di un evento spiacevole è molto bassa; se la stessa donna lo fa in una strada di un Paese islamico, il rischio di avere problemi è enormemente più alto. Stesso discorso per una donna che accetta un passaggio da uno sconosciuto a notte fonda: il rischio è elevato, mentre non lo è se passeggia in pieno centro di una città “civile”.
In conclusione, il concorso di colpa esistenziale non è una bocciatura morale, ma esistenziale. L’ingenuità nella vita si paga sempre.
Quante tragedie potrebbero essere evitate se la vittima in qualche modo (è l’alternativa che si deve ogni volta ricercare) non avesse agevolato il carnefice! Le nostre scelte possono cioè aiutare le persone malvage o il presunto destino ad abbatterci. Anche banali situazioni che esplodono molti anni dopo il loro innesco hanno sempre un concorso di colpa: basti pensare ai problemi cronici di salute in tanti over 50 che non hanno mai fatto nulla per arginare i piccoli campanelli d’allarme che il loro corpo lanciava.
Cerchiamo quindi di capire che
faber est suae quisque fortunae (ognuno è artefice del proprio destino)*
* Frase attribuita al console Appio Claudio Cieco in un’opera attribuita a Sallustio.