La cherofobia è la paura della felicità. Il termine è spesso male interpretato come “il desiderio di essere felici, ma la rinuncia a esserlo per paura che poi la felicità possa svanire”. Questa interpretazione è collegata al pessimismo della persona e, sebbene relativamente comune nella popolazione, non è corretta, né ha qualcosa di patologico. Il tormentone (2019) di Martina Attili ha portato in auge il termine cherofobia. Non è dato sapere che successo avrà in futuro la cantante, potrà essere una nuova star, una meteora oppure uno di quei cantanti (come Max Pezzali) che si portano con sé una parte dei vecchi fan per tutta la carriera, fan che non si sono aggiornati (il non adattarsi ai cambiamenti musicali è un fenomeno tipico della personalità vecchia). Certo che il pezzo rivela tutta l’immaturità di un’età nella quale, spesso, non si è ancora imparato ad affrontare la vita. Si potrebbe identificare la cherofobia con la paura che molti adolescenti (e non solo) hanno di rivelarsi all’altro che si ama: in realtà non si tratta di paura della felicità quanto di paura dell’infelicità; non teme la felicità del sì, quanto l’infelicità di un rifiuto e preferisce sopravvivere nella speranza di un sì (che non arriverà mai se non si dichiara!) piuttosto che nella certezza di un no. Questo molti commentatori del pezzo non l’hanno proprio capito.
In realtà, la cherofobia è una vera e propria fobia, dove l’oggetto della paura (la felicità) è evitato perché visto come negativo: per esempio, chi è felice prima o poi verrà punito. Non a caso, questa forma di fobia è comune nelle culture orientali (sintetizzando molto certi aspetti del pensiero buddhista, “la vita è dolore”); in quelle occidentali prevale invece la paura dell’infelicità e la cherofobia in realtà è una conseguenza dello stile di vita: il soggetto ha paura di essere infelice e quindi evita tutto ciò che potrebbe renderlo felice se il meccanismo che porta alla felicità potrebbe non attivarsi o potrebbe “rompersi” in seguito. Si rinuncia a X (che potrebbe renderci felici) perché X potrebbe subito o in seguito venirci a mancare.

La cherofobia è una vera e propria fobia, dove l’oggetto della paura (la felicità) è evitato perché visto come negativo: per esempio, chi è felice prima o poi verrà punito
In genere, il cherofobico è particolarmente predisposto all’ansia e all’insicurezza; in altri casi, raggiunge un certo equilibrio semplicemente convincendosi che la felicità non esiste, che nessuno può essere felice ecc., arrivando a sostituire la felicità con la serenità.
Più rare sono altre motivazioni della cherofobia. Il cherofobico patosensibile ritiene che esprimere la felicità sia moralmente deplorevole (estremizzando, essere felici quando nel mondo c’è tanto dolore; sorridere con un amico a un funerale di un conoscente comune ecc.); il cherofobico mistico può ritenere che la felicità renda malvagi (per esempio non essere attenti alle sofferenze altrui) oppure che predisponga a ricevere come punizioni eventi infelici.