Il termine bovarismo trae origine dalla famosa Madame Bovary, protagonista del romanzo omonimo dello scrittore francese Gustave Flaubert (1821-1880).
Il romanzo, tratto da fatti realmente accaduti, narra le vicende di un’attraente donna della provincia francese che sognava a occhi aperti una vita impossibile, ricolma di vagheggiamenti irrealistici derivanti dalla lettura di storie romantiche (una vita vissuta nella grande metropoli, un rapporto coniugale nell’ambito di un grande amore romantico, residenze principesche, agiatezza, feste, divertimenti, amici di rango elevato…); questi sogni si scontravano brutalmente con la mediocrità, la ripetitività e la noia del suo quotidiano. La percezione di questo grande divario, peraltro da lei stessa costruito, le procurava grande insoddisfazione che si accumulava sempre più fino a trasformarsi in sofferenza e frustrazione. I suoi tentativi di contrastare tutto ciò andavano però nella direzione sbagliata (relazioni extraconiugali e una vita vissuta al di sopra dei propri mezzi) con il risultato che la situazione si aggravò ulteriormente nel tempo fino a condurla al suicidio.
Prendendo spunto proprio dalle vicende del romanzo, nella seconda metà dell’800 nacque una corrente di pensiero definita appunto bovarismo che definiva inizialmente la tendenza di molti artisti a rifuggire la vita di provincia, giudicata monotona, per proiettarsi metaforicamente, attraverso la lettura o altre forme d’arte fuorvianti, verso la metropoli. In questa visione, la metropoli assumeva quasi le sembianze di un vero e proprio paradiso terrestre.
Attualizzando la definizione, il bovarismo può essere descritto come quell’insieme di inquietudine esistenziale, insoddisfazione e frustrazione provocate dalla percezione del grande divario esistente tra le proprie condizioni di vita reale e le proprie aspirazioni/sogni.
In estrema sintesi, il bovarismo (anche: sindrome di madame Bovary) rappresenta un’insoddisfazione emotiva cronica che deriva dal non accettare la realtà.
Un’altra faccia del bovarismo è la tendenza a costruirsi una personalità fittizia e sostenere un ruolo che non corrisponde alla propria condizione sociale; cercare di svincolarsi da una realtà insoddisfacente tendendo verso una virtuale second life.
Una malattia dello spirito che può trasformarsi anche in una malattia del corpo.

Omaggio a Delphine Delamare, la donna a cui si ritiene sia ispirato il personaggio di Madame Bovary
Personalità critiche coinvolte
In alcune personalità critiche, la sindrome di madame Bovary trova un terreno più fertile.
Apparenti: la mancanza di semplicità, tipica di questa personalità, e la “necessità” di avere/possedere (lusso, moda, status symbol…) piuttosto che di essere, pongono l’apparente ad alto rischio di insoddisfazione. Molti degli oggetti del desiderio sono spesso impossibili da raggiungere così come il tenore di vita tanto desiderato rimane a volte solo un sogno; in queste situazioni la delusione/frustrazione è dietro l’angolo.
Insoddisfatti: tipicamente, non sanno appagarsi di ciò che hanno perché si pongono obiettivi troppo alti rispetto alle concrete probabilità di raggiungerli. Spesso non sanno porsi e neppure appagarsi di obiettivi intermedi e diventano prigionieri di un’immagine fittizia di sé, a dispetto di quella reale.

Gli insoddisfatti sono una delle personalità in cui la sindrome di Madame Bovary ha maggiori probabilità di manifestarsi
Romantici: un amore romantico (come quello tanto desiderato da madame Bovary), se idealizzato e posto all’interno di una cornice concretamente irrealizzabile, ha molte probabilità di diventare la causa di una profonda insoddisfazione esistenziale. Ma anche altri ideali romantici (la famiglia, il patriottismo…) possono costituire ambiti ad alto rischio di frustrazione quando non riescono a corrispondere nella realtà al sogno idealizzato. Il vero coraggio di vivere è farlo senza sognare e il romantico spesso non lo comprende.
Sopravviventi: subiscono il peso di grandi condizionamenti: la famiglia, i figli, i genitori, il lavoro, la religione… A questi ambiti, a volte a più di uno contemporaneamente, si connettono obiettivi il cui raggiungimento diventa praticamente un must perché per il sopravvivente sono valori assoluti. Quando diventano impossibili da realizzare, cosa frequente, la frustrazione è dietro l’angolo.
Bovarismo – Come evitarlo
Non sempre la vita risulta soddisfacente e le aspettative possono andare frustrate, anche perché i risultati di ciò che si fa non sempre dipendono solo dalle proprie azioni. Quando le cose stanno così, si può agire in due modi:
- accettare la situazione così com’è, dopo aver valutato che non è possibile ottenere di meglio, sia in considerazione delle proprie capacità che delle possibilità di intervento;
- ci si possono prefiggere nuovi obiettivi e mettere in atto comportamenti adeguati per raggiungerli, dopo aver valutato che sussistono concrete probabilità di ottenerli. In questi casi è opportuno premunirsi di un piano B per evitare frustrazioni e problemi connessi con l’insoddisfazione per l’eventuale mancato raggiungimento dell’obiettivo principale.
Nel caso 1) insoddisfazione e frustrazione non avranno più ragione di esistere mentre nel caso 2) è fondamentale che si tratti sempre di obiettivi (magari sfidanti) e non di sogni che invece, per loro natura, sono quasi sempre frutto di voli pindarici distanti dalla realtà e concretamente non raggiungibili (vedi sogni e obiettivi). I sogni, fra l’altro, sono proprio la causa principale delle sofferenze connesse al bovarismo; più i sogni sono distanti dalla realtà, più sono concrete le probabilità di restare delusi e frustrati.
Come si vede, così come avviene per la gran parte dei problemi e dei disagi che si hanno, anche per il bovarismo è necessario evitare di costruirsi la trappola con le proprie mani.