La bontà non è gratitudine (il figlio che ama la madre perché lo ha messo al mondo), non è patosensibilità (adottare un bambino a distanza), non è la non violenza (il pacifista che dice no alla guerra) o la predicazione dell’amore universale (madre Teresa di Calcutta); per il Personalismo la bontà è:
- la capacità di amare nel presente chi migliora la qualità della nostra vita (cioè il nostro mondo dell’amore), dando ciò che riceviamo;
- la capacità per libera scelta di non odiare nessuno.
Tutto ciò senza eccezioni, in modo continuo.
Può sembrare una visione molto riduttiva del concetto di bontà, persino semplice da attuare, ma in realtà sono poche le persone buone, tanto che a molti interessa più apparire buoni (come molti patosensibili) piuttosto che esserlo veramente.
Sul primo punto basti pensare che ogni volta che noi siamo violenti con chi diciamo di amare (non solo fisicamente, ma anche con le parole) o trascuriamo chi migliora la nostra vita (per esempio i figli che si dice di amare) non siamo buoni. Non si tratta di essere “santi” e immolarsi a chi migliora la nostra qualità della vita (che altrimenti peggiorerebbe!),
quanto di dare ciò che riceviamo.
Il concetto di presente è fondamentale. Una vecchia madre, per esempio, potrà ritenere ingrato un figlio che non la accudisce come lei vorrebbe, ma questo nulla c’entra con la bontà del figlio che evidentemente da quella madre riceve ormai un contributo esistenziale molto minore di quello che riceveva da ragazzo (c’è stato il distacco). Questo esempio da molti non sarà compreso, ma è molto importante perché si dà per scontato che il passato sia stato pareggiato (la madre ha dato molto amore al figlio, ma ha ricevuto anche un notevole contributo esistenziale dal suo essere madre) e conti solo il presente (si pensi al divorzio come esempio di un rapporto umano dove il passato non conta).
Analogamente sul secondo punto, si è proprio certi di non odiare nessuno? Si ricordi che l’invidia è l’odio degli stupidi!
In chi è buono esiste un processo di fusione con il mondo dell’amore (parziale o totale). In sostanza, ciò che per molte teorie altruistiche vale per il prossimo (mondo neutro), per il Personalismo vale per il mondo dell’amore:
quanto più una persona è nel tuo mondo dell’amore quanto più amala come te stesso perché la tua vita migliorerà.
Una madre si butta per salvare il figlio che sta andando sotto a una macchina. Il figlio fa parte del suo mondo dell’amore (non del mondo neutro) e ha un’importanza grandissima quindi appare razionale cercare di salvare sé stessa (magari con una semplice frattura) e il figlio perché perdendolo, di fatto, la qualità della sua vita scadrebbe.
Primo consiglio: chi sente di non esserlo, si sforzi di essere buono almeno un intero giorno al mese, poi un giorno alla settimana, poi per sempre.
Secondo consiglio: circondarsi di persone buone è un’ottima strategia.
La reciprocità – Ovviamente la bontà può portare anche a errori esistenziali, per esempio quello della madre che continua a rifornire di soldi il figlio che, in crisi di astinenza, glieli chiede per drogarsi (un comportamento più intelligente è cercare di dargli, non quello che chiede, ma quello di cui lui ha bisogno, cioè un aiuto per disintossicarsi).
Non bisogna mai dimenticare che una persona dovrebbe essere nel nostro mondo dell’amore quanto più migliora la qualità della nostra vita e che amare chi non ci ama è semplicemente… folle!

La bontà è la capacità di amare nel presente chi migliora la qualità della nostra vita
Bontà e qualità della vita
La bontà è una condizione facilitante nei confronti della qualità della vita. Ovvio che sia preferibile una condizione dove non si odi nessuno. Però, come molte condizioni facilitanti, ha una curva di rendimento; per capirlo ci si rifaccia alla ricchezza, condizione facilitante che si scopre avere comunque un massimo che non coincide con il diventare sempre più ricchi: a volte ricercare di incrementare la propria ricchezza a ogni costo diventa un boomerang per la qualità della vita.
Analogamente, la bontà è una grande condizione facilitante quando le condizioni in cui viviamo ci permettono da persone equilibrate di non odiare nessuno; è però ovvio che, se in presenza per esempio di chi continuativamente ci fa del male, noi subiamo e vogliamo a tutti i costi essere buoni, la nostra qualità della vita decade. Ecco perché in una persona equilibrata, bontà e gestione del mondo dell’odio devono essere sincronizzati.
Condizionamenti
Non si deve confondere la bontà con i condizionamenti di cui sono vittima, per esempio, i sopravviventi. I condizionamenti portano l’individuo a “dover essere buono”, a ingrandire senza motivo il proprio mondo dell’amore oppure a supervalutare chi vi è. La bontà diventa cioè una schiavitù, mentre in realtà dovrebbe essere la normale risposta a un nostro oggetto d’amore.
Poiché un oggetto d’amore non abbassa la nostra qualità della vita, ogni qualvolta facciamo un’azione “buona” per dovere, con fatica, in realtà non siamo buoni, siamo “condizionati”. Si legga a tal proposito l’articolo Lacrime e sacrifici olimpici.