Termini come amicizia, parentela, vicinato ecc. sono spesso usati per descrivere i rapporti umani fra persone che frequentano lo stesso ambito; purtroppo nel linguaggio comune tendono ad assumere valenze e significati poco oggettivi, tanto che si sente il bisogno di utilizzare aggettivi o locuzioni che li caratterizzino meglio (amicizia occasionale, amico per la pelle ecc.).
Proprio per queste ambiguità il Personalismo non li utilizza per descrivere l’interazione con il prossimo; la visione dei tre mondi (amore, neutro, odio) descritta in La felicità è possibile tende a essere più coerente e meno caotica. Purtroppo siamo stati abituati a ragionare con molti dei termini sopraccitati ed è quindi necessario commentarli alla luce della nuova impostazione. Per esempio, può apparire molto complesso relazionare il termine amicizia nella sua accezione comune al mondo dell’amore del Personalismo.
L’amico
Il punto di partenza è sicuramente il mondo dell’amore: chiunque migliori la nostra qualità della vita fa parte del mondo dell’amore. Potremmo definirlo un amico. Questa definizione per esempio include anche i parenti positivi ed esclude, relegandoli nel mondo neutro, vicini o parenti che sono ininfluenti sulla nostra qualità della vita (i più maligni potrebbero essere tentati di mettere qualcuno di loro nel mondo dell’odio…). In genere siamo tutti propensi a giudicare amici coloro che ci aiutano in modo diretto a vivere meglio, quindi per ora nessuna sorpresa. La definizione è però ancora troppo vaga.
L’amicizia parziale
Tutti abbiamo ben presente che nel nostro mondo dell’amore non tutti i soggetti hanno la stessa importanza. Se per partner, figli, genitori ciò appare ovvio, cosa ci fa considerare un amico come speciale? Ogni amico può essere legato a un ambiente di frequentazione, almeno iniziale: ci si conosce a scuola, al lavoro, per un evento, una passione comune. L’amicizia può rimanere legata a tale ambiente oppure può estendersi a macchia d’olio ad altri aspetti della nostra vita.
In molti casi scopriremo che la sintonia con la persona non è totale, ma è legata solo a determinati ambienti, concetti, esperienze ecc. Quando la sintonia non è totale, siamo in presenza di un amico parziale. Gli amici parziali sono importanti relativamente all’ambiente in cui ci “sintonizziamo” con loro. Per sintonizzarci abbiamo bisogno di un sentire comune, una frequenza che ci mandi in risonanza con loro e questa frequenza non può essere che un oggetto d’amore.
Avere tanti oggetti d’amore ci consente di avere tanti amici parziali che, relativamente al vissuto della comune passione, sono “veri amici”.
Come definire persone con cui stiamo insieme, ma con le quali non abbiamo oggetti d’amore in comune, persone che però possono migliorare, anche di poco, la nostra vita perché ci fanno vivere meglio certi ambiti (pensiamo a un “buon collega di lavoro”)? Sono i conoscenti, persone con cui si hanno rapporti più o meno intensi di familiarità, ma senza un particolare legame affettivo. Si noti come il termine non indica persone che “non ci piacciono” perché un soggetto equilibrato non ha nessuna propensione a trattare con familiarità chi non apprezza: se deve conviverci si limita a trattarlo con distacco.
La vera amicizia (totale)
Quando la sintonia (o come si dice comunemente, il feeling) è abbastanza ampia da consentire positivamente di stare insieme nella nostra vita privata (quindi al di fuori dell’ambito iniziale e dell’oggetto d’amore), in genere si parla di vera amicizia. Il vero amico è un amico totale. Con un vero amico si può andare in vacanza, con un amico parziale magari non è opportuno perché nella vita privata emergerebbero le differenze e i contrasti che nell’ambito comune sono assenti. Molte persone sono amiche sul lavoro (nel senso che lavorano e collaborano bene insieme, tanto da migliorare reciprocamente le loro giornate), ma possono frequentarsi pochissimo o per niente nella vita extralavorativa.
Ricapitolando:
- Amicizia vera
- Amicizia parziale
- Conoscenti
- Mondo neutro.
Il passaggio da parziale a totale può essere fonte di notevoli problemi.

Quando la sintonia con una persona è abbastanza ampia da consentire positivamente di stare insieme nella nostra vita privata, in genere si parla di “vera amicizia”.
Amicizia: gli errori
Le definizioni sono chiare, ma dalle molte mail che ci arrivano sull’amicizia è altrettanto chiaro che le persone non sanno gestire bene i concetti di amicizia totale e amicizia parziale. Vediamo i problemi più comuni.
1) Si vogliono rendere totali amici parziali (forzare il passaggio da 2 a 1)- Non si accetta che l’amicizia sia legata solo a determinati ambiti (per esempio un hobby). Gli amici parziali andrebbero considerati per quello che hanno in comune con noi, senza pretendere che cambino per compiacerci oppure senza imporci di doverci adattare alle differenze.
Colleghi di lavoro o persone che condividono i nostri hobby vengono “inglobati” nella nostra vita e, quasi a forza, si cerca di renderli perfettamente compatibili a noi. A volte può essere per semplice ottimismo, altre volte per la “disperazione” di avere qualcuno nei momenti più intimi della nostra vita privata. Quando i nodi vengono al pettine, l’amicizia è avvertita come un peso e il tentativo di costruirne una vera degrada un’amicizia parziale che poteva essere comunque molto positiva.
In genere questo errore è commesso da chi non ha amici veri (partner incluso!) e, più o meno inconsciamente, desidererebbe averne. Oppure l’errore deriva dalla strategia dello struzzo: si vedono i punti in comune, ma non quelli che ci dividono, salvo poi scoprirli in modo deludente quando si cerca di rafforzare l’amicizia.
2) Si rendono parziali semplici conoscenti (forzare il passaggio da 3 a 2) – Un caso più grave del precedente. Le persone che ci sono attorno vengono considerate “amiche” senza che ci sia nemmeno una grande sintonia su qualcosa, ma solo perché “potrebbe esserci”. Così si pretende di coinvolgere nei propri hobby persone che ne sono distantissime oppure si cercano momenti di evasione che per l’altro non sono tali (esempio: invitare a una festa una persona che è molto schiva). Di solito l’errore può derivare dalla solitudine esistenziale o, più spesso, da chi non ha coltivato a sufficienza i suoi oggetti d’amore da entrare negli ambiti che sono tipici (e quindi trovare amici parziali); per esempio, se a me piace il tennis non cercherò di coinvolgere a tutti i costi un conoscente sedentario a questo sport, ma mi iscriverò a un circolo di tennis.
3) Si hanno amici convenzionali (forzare il passaggio da 4 a 2)– La situazione di quando trattiamo qualcuno che di fatto ci è indifferente con fare “amichevole”. Il Personalismo è molto critico nel valutare le false amicizie. Per motivi vari, del resto facilmente intuibili a partire dalle definizioni, le personalità svogliata (pigrizia), mistica (motivi religiosi), debole (per evitare gli scontri), sopravvivente (per la propensione ad accettare ciò che ha intorno), insufficiente (per la speranza di un possibile aiuto) e patosensibile (perché ipersensibile al dolore altrui) tendono a inserire nel mondo dell’amore persone che dovrebbero stare nel mondo neutro.
A prescindere dalla personalità, il risultato è sempre lo stesso: oneri aggiuntivi per gestire rapporti tutto sommato improduttivi. A volte, tale comportamento genera addirittura malintesi che portano poi a scontri personali anche accesi. Infatti un rapporto umano coinvolge sempre almeno due persone per cui, se trattiamo da amico una persona che ci è indifferente, pretendere in una successiva occasione di ignorarla è abbastanza difficile. Un esempio classico è chi si prodiga in tanti piccoli aiuti a colleghi, vicini, conoscenti e si lamenta poi di “non avere tempo per sé”.
4) Si ignorano gli amici parziali (forzare il passaggio da 2 o 3 a 4) – Ci sono persone (quasi sempre insofferenti, insoddisfatti o romantici) che tendono a “pretendere” che esistano solo amici totali; gli amici parziali vengono visti non nell’ambito di confronto, ma in qualunque aspetto della propria vita privata: non superando l’esame vengono bocciati e lasciati. Ovvio che un tale comportamento possa restringere moltissimo i rapporti umani, arrivando al limite di una vita senza amici. L’ovvia soluzione è accettare la parzialità del rapporto d’amicizia legato al solo ambito che l’ha generata: se in una mia passione ho un ottimo feeling con Tizio (e non ho “danni” durante questo mio rapporto), che importanza può avere se negli altri aspetti della vita è “molto diverso da me”? Perché sprecare l’intesa parziale per un giudizio globale assolutamente inutile al di fuori dell’ambito in cui lo frequento? Ovviamente non cercherò di vivere con Tizio momenti al di fuori di questa passione (altrimenti si ricade nell’errore 1), ma non sprecherò la sintonia parziale che c’è.
Il dinamismo
Se ci si sofferma sulla definizione di amico ben si comprende come il nostro mondo dell’amore sia comunque variabile (e quindi anche quello neutro). Persone che erano amiche tempo fa, oggi possono diventare neutre o viceversa. La cosa vale sia per l’amicizia parziale sia per quella totale (pensiamo alla frase comune “non è più lui, è cambiato”). Esempio classico quello dei compagni di scuola (fra i quali veri amici o per lo meno amici) che si incontrano dopo tanti anni: molti di loro non avvertono più lo stesso feeling perché la vita li ha profondamente cambiati; altro esempio è rappresentato da persone che perdiamo di vista perché noi o loro abbiamo abbandonato un ambito comune.
Dinamismo non significa però “confusione fra i mondi”. Troppe persone non sanno valutare correttamente coloro che hanno attorno, semplicemente perché non se lo chiedono. Questa mancanza di valutazione (che invece è comune per il partner verso il quale è normale chiedersi se lo amiamo, quanto lo amiamo ecc.) non consente di definire il rapporto che abbiamo con l’amico (o il conoscente del mondo neutro) senza contraddizioni.
Di fronte a una persona,
ognuno di noi dovrebbe essere facilmente in grado di stabilire se è un semplice conoscente, se è un amico parziale o se è un vero amico!
IL COMMENTO
In cerca di amici
Oggi finalmente qualcuno mi ha ascoltato;
era un rospo, brutto e viscido, ma mi ha ascoltato.
“Essere o non essere, questo è il problema”.
Se n’è andato.