Secondo la definizione di Comte (1830), l’altruismo è l’atteggiamento di chi orienta le proprie azioni al benessere dei propri simili. In realtà, tale definizione è troppo generica e sarebbe opportuno arricchirla di un aggettivo:
- altruismo irrazionale, cioè “servire gli altri”, mettendo a volte in secondo piano sé stessi, anche quando l’altro è un perfetto sconosciuto ed è al di fuori del proprio mondo dell’amore;
- altruismo equilibrato, cioè quando si dà agli altri quanto si riceve da loro in termini di qualità della vita.
L’altruismo equilibrato è contrapposto all’egoismo che è l’atteggiamento di dare agli altri meno di quanto si riceva da essi.
In altri termini, chi dà meno di quanto riceve è un egoista, chi dà di più è uno sprovveduto che, condizionato da morali poco “umane”, sacrifica sé stesso probabilmente per avere una buona autostima (“faccio del bene, quindi valgo”, concetto tipico del patosensibile idealista).
Dobbiamo allora chiederci: come valutare gesti di altruismo disinteressato verso il prossimo che tutti sembrano prima o poi compiere, anche coloro che non si possono certo dire patosensibili? Occorre distinguere fra altruismo sociale e altruismo professionale.
Altruismo sociale e altruismo professionale
La professionalità – L’altruismo professionale è rappresentato dalle azioni verso il mondo neutro che noi svolgiamo durante la nostra professione: temporaneamente persone del mondo neutro sono trattate come se appartenessero al nostro mondo dell’amore. Interagire con gli altri, eventualmente aiutandoli, con il proprio lavoro è uno dei capisaldi della convivenza sociale. Un uomo che in tempo di guerra chiede di sacrificarsi al posto di un’altra persona in una rappresaglia non è un santo: è uno stupido. Un pompiere che muore fra le fiamme nel tentativo di salvare un bambino non è uno stupido: è un eroe. Qual è la differenza, visto che sempre di sacrificio si tratta? La risposta è semplice: nel secondo caso il pompiere stava eseguendo il suo lavoro e probabilmente aveva valutato che c’erano delle possibilità di salvezza per entrambi; poi, si sa, le cose non vanno sempre come si pensa.
Senza scomodare medici, pompieri e poliziotti, un cameriere si dimostra molto gentile con un cliente e fa di tutto perché il suo pranzo sia piacevole semplicemente perché è il suo lavoro. Qual è il limite dell’altruismo professionale? Semplice: l’annientamento del proprio mondo dell’amore. Un medico o un poliziotto che per lavoro trascurano sé stessi e la propria famiglia hanno superato il limite razionalmente accettabile. Un esempio di annientamento è l’aneddoto del medico.
La legalità – Come il lavoro, anche la legge può estendere temporaneamente il mondo neutro. Si pensi al caso in cui si assiste a un incidente stradale, una ragazza esce di strada con la sua auto, proprio davanti a noi. Devo fermarmi perché me lo impone la legge (altrimenti è omissione di soccorso).
Appartengo a una società e ciò fa migliorare la qualità della mia vita, quindi devo rispettarne le leggi perché va anche a mio vantaggio che tutto funzioni a dovere. Ho detto più volte che nelle leggi c’è la civiltà di un popolo. Non a caso per il Personalismo la solidarietà è un sentimento sociale e non individuale. Del resto, se vedessi la stessa ragazza che cerca inutilmente di cambiare una gomma sotto un acquazzone, non mi fermerei per il semplice fatto che se una persona guida una macchina dovrebbe saper cambiare una gomma (autosufficienza; nota: molti si fermerebbero per la ragazza, ma non per un robusto camionista: galanteria, romanticismo, patosensibilità? In ogni caso: incoerenza). E non mi riterrei uno squallido egoista.

Esistono diversi tipi di altruismo e non tutti sono salutari, né per i singoli, né per la società
L’altruismo sociale – Un condizionamento importante è rappresentato dall’altruismo sociale, che tende a far annegare il singolo nella società. In realtà, esiste già ciò che compone gli egoismi individuali: la legge (che per esempio sancisce il principio di omissione di soccorso). L’altruismo sociale non è un modo con cui si cerca di convincere i patosensibili e i deboli a sacrificarsi per la società. Altrimenti perché non trasformarlo in legge? Per esempio: qualunque persona che ne veda una in pericolo deve intervenire per salvarla, anche a costo della sua vita.
Questa legge non ci sarà mai perché i non patosensibili sanno benissimo che è sbagliata. Un uomo vede un bambino annegare in mare. Non sa nuotare. Si butta lo stesso e muore.
Secondo l’altruismo sociale è un eroe, secondo il Personalismo è uno stupido. Da questo punto di partenza si può modificare lo scenario cambiando le variabili modificando anche il giudizio finale.
1) L’uomo sa nuotare. Vuol dire che valuta la possibilità di salvare il bambino senza rischiare la vita. Se le probabilità sono alte (al limite l’uomo può sentirsi così sicuro di non rischiare nulla, al massimo di arrivare troppo tardi, di non salvare il bambino), l’uomo può decidere di buttarsi; ovvio che può aver valutato male (vedasi il prossimo paragrafo La sicumera), ma scelte sbagliate fanno parte della vita; quello che conta è che abbia valutato il rischio prima di agire.
2) Il bambino non è uno sconosciuto. Se fa parte del suo mondo dell’amore (caso limite: è il figlio), diminuisce la soglia di probabilità di cui in 1.
3) L’uomo è un operatore sociale (poliziotto, pompiere ecc.). Anche in questo caso diminuisce la soglia di cui in 1 perché l’altruismo sociale si trasforma in altruismo professionale. Pensiamo a persone come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Frank Serpico che hanno dato la vita per la società. Sicuramente non erano suicidi (probabilità nulla di sopravvivere), perché altrimenti resta il giudizio di stupidità. Il poliziotto, il pompiere, il soldato ecc. accettano una dose di rischio in cambio di una professione che piace e che dà da vivere. Non sono né eroi (e allora quelli che non sono morti, ma hanno fatto il loro stesso lavoro, eroi non sono?), né stupidi: sono persone innanzitutto “normali”. Va valutato il loro lavoro; alla luce di questa valutazione possono essere persone veramente eccezionali (per esempio è eccezionale chi ha contribuito a far arrestare grandi criminali). Ma non sono persone eccezionali solo perché sono morti!
La sicumera
La sicumera (sicurezza di sé) può portare a un altruismo sociale distruttivo. Può capitare che siano possibili azioni verso il prossimo senza alcuno scadimento della qualità della nostra vita. Alcune sono ascrivibili alla semplice gentilezza (sono fermo a una fermata dell’autobus e una persona cui si è guastato l’orologio mi chiede l’ora; si noti la differenza con chi mi chiede un’informazione mentre mi sto allenando correndo sul ciglio di una strada: perché dovrei fermarmi, interrompendo il mio allenamento?), altre invece dipendono dalla sicumera con cui noi affrontiamo una situazione.
Data una situazione, possiamo valutare che un nostro intervento non faccia scadere la qualità della nostra vita, ovvio che se sbagliamo, non si può parlare di altruismo, ma di errore, fino a una vera e propria stupidità. Il caso classico è quello del nuotatore visto sopra. Se la persona in difficoltà è uno sconosciuto, a meno che non sia un aspirante suicida, chiunque si tuffi deve dare per scontato che ce la farà, se è razionale. Se non lo è e affoga, perché premiarlo con una medaglia? Perché era un aspirante suicida, perché era talmente patosensibile che si sarebbe sentito in colpa per tutta la vita se non si tuffava, perché ha lasciato la famiglia che amava e da cui era amato per un banale errore di valutazione?