L’aggressività (dal latino adgredior = avvicinarsi, assalire) è uno stato emotivo che spinge una persona a porre in atto comportamenti che arrecano danno agli altri mediante violenza fisica o verbale.
In genere, è un comportamento che ha lo scopo di procurare sofferenza o altre conseguenze spiacevoli a un altro individuo, procurandogli lesioni materiali o psicologiche.
Se si parte da una visione psichiatrica, psicologica o sociologica, l’aggressività è vista come un comportamento negativo semplicemente perché spesso si confonde con altri concetti come l’ira o la violenza criminale (nel senso che si viola la legge). Se però riflettiamo, non è difficile trovare situazioni in cui l’aggressività è un tratto positivo della personalità, per esempio perché ci permette di non avere una personalità debole. Il difficile è quindi capire quando l’aggressività è positiva e quando invece è negativa, tralasciando astruse spiegazioni come quella di Freud secondo il quale l’aggressività non sarebbe semplicemente un’emozione o un comportamento, ma la manifestazione di una pulsione, a sua volta espressione di un bisogno; a livello primordiale, si tratterebbe della reazione davanti all’impossibilità di soddisfare una pulsione, un bisogno che deriva dall’autoconservazione.
L’aggressività positiva
Se si legge la definizione iniziale, appare chiaro che per dar seguito alla nostra aggressività dobbiamo usare un certo grado di forza. Se la forza è giustificata e se si tratta di forza calma, l’aggressività è positiva perché il nostro stato emotivo non è negativo (come nell’ira) e noi non stiamo facendo altro che difendere i nostri interessi (in sostanza, l’aggressività migliora la qualità della nostra vita).
Nella stragrande maggioranza dei casi, l’aggressività è una forma intelligente e pacata di difesa (non c’è quindi ira, ma, se, per esempio, è verbale, ci sono ironia e sarcasmo pungenti pronti a ferire l’altro che ci ha attaccato; non c’è mai odio ecc.), ricordando la frase dello scrittore Arthur Bloch, “la miglior difesa è l’attacco!”.
L’aggressività negativa
In campo psichiatrico si studiano le cause dell’aggressività, per esempio cercando di capire se la genetica del soggetto possa essere una delle cause dominanti. Si può nascere con le stimmate di una marcata aggressività che contrassegnerà inesorabilmente tutta la propria vita? Come abbiamo visto, Freud ne individua l’origine soprattutto dall’autoconservazione e per questo sarebbe funzionale alla sopravvivenza del singolo.
In questa ipotesi trovano conferma molti comportamenti dei neonati che spesso manifestano aggressivamente la necessità di soddisfare i loro bisogni, soprattutto di nutrirsi e di ottenere accudimento. Questo loro atteggiamento di chi “non vuole sentire ragione”, va però in genere gradatamente riducendosi col passare dei mesi e dei primi anni di vita, così che le modalità si fanno via via più sfumate, fino a diventare espressioni di richiesta più normali, civili, non più delle pretese.
Quindi ci si aspetterebbe che il trascorrere del tempo, l’educazione e l’acquisizione di una maggior capacità di discernimento dovrebbero gradualmente e naturalmente far scomparire quasi del tutto i comportamenti aggressivi di tipo negativo.

In genere, l’aggressività è un comportamento che ha lo scopo di procurare sofferenza o altre conseguenze spiacevoli a un altro individuo, procurandogli lesioni materiali o psicologiche.
Quale ne sia la causa, l’aggressività negativa si manifesta con:
- violenza (criminale o no).
- Ira (rabbia) con nervosismo, agitazione, tensione muscolare, respirazione accelerata ecc.
- Malumore persistente con continua critica non costruttiva, sproloqui, risentimenti ecc.
- Autoisolamento con la difficoltà a instaurare normali relazioni.
Da Il test di personalità di Albanesi (un test del sito in cui si può verificare se si possiede una personalità equilibrata o se si hanno delle criticità) emergono statisticamente i seguenti dati: su 32.899 soggetti che hanno completato il test (al luglio 2020), solo il 5,51% risulta avere una personalità equilibrata e, tra le altre criticità che emergono, ben il 60,07% (!) dei soggetti risulta avere personalità violenta! (che non vuol dire necessariamente criminale).
Per spiegare il punto 1, basta ricordare che la personalità violenta annovera tra le proprie modalità espressive anche l’aggressività. Violenza e aggressività non sono dei sinonimi, ma spesso vi è un’interazione tra le due allo scopo di raggiungere l’obiettivo di ottenere vantaggi arrecando danno al prossimo.
Quindi, non considerando i casi eclatanti in cui il problema dell’aggressività è così evidente da essere patologico (per cui necessita di un intervento del medico specialista), la strada maestra per eliminare l’aggressività negativa dalla propria personalità è quella di acquisire una personalità equilibrata perché è evidente che chi è aggressivo in senso negativo non è equilibrato e non può aspirare ad avere un’ottima qualità della vita.
Dalle statistiche di cui sopra emerge inoltre che chi non ha una personalità equilibrata ha più di una criticità (mediamente 3,6 criticità differenti per ciascun partecipante al test); pertanto c’è anche un’interazione tra più criticità, il che rende la personalità complessiva ancora più problematica e spiega perché l’aggressività negativa non necessariamente è legata alla personalità violenta.
L’irrazionale può diventare aggressivo in tutti quei casi in cui la sua irrazionalità lo porta a valutare una situazione come estremamente dannosa per lui senza che lo sia oggettivamente.
L’apparente diventa aggressivo quando c’è un “attentato” a ciò che lo rende superiore agli occhi degli altri; si pensi a chi aggredisce il malcapitato che, per errore, ha appena urtato l’auto nuova e fiammante dell’apparente.
Il debole può diventare aggressivo con chi è più debole di lui, giusto per “sentirsi normale”.
Raramente il dissoluto è aggressivo, ma può diventarlo quando gli si toglie la “droga” che gli serve.
Il fobico diventa aggressivo per spirito di conservazione, quando le sue paure lo spingono a reagire per una “soggettiva” legittima difesa.
L’inibito può diventare aggressivo quando è l’unico modo per liberarsi delle sue inibizioni (si pensi all’aggressività di un figlio che, sempre stato succube dei genitori, un giorno cerca la liberazione con l’uso di una forza eccessiva; oppure all’aggressività di uno stupratore che vuole “finalmente” avere una sessualità).
L’aggressività dell’insoddisfatto si rivolge soprattutto a chi può “comandare” ed è un modo per esprimere il proprio desiderio di perfezione.
Quella dell’insofferente è dovuta all’assenza di un piano B che lenisca la delusione per la mancata aspettativa, quando è facile trovare un “colpevole” per il flop di quanto sperato.
L’aggressività del mistico si manifesta quando quest’ultimo diventa integralista.
Persino il patosensibile può diventare aggressivo quando evidenzia chiaramente dei colpevoli per il dolore insopportabile che vede nel mondo.
Il romantico diventa aggressivo quando crolla l’idea dominante; circa la metà dei femminicidi non è imputabile a soggetti violenti, ma a soggetti romantici che vedono andare in fumo la loro idea dominante (amore finché morte non vi separi) e uccidono la persona amata e poi, mostrando aggressività anche verso sé stessi, si suicidano (il femminicida violento non si suicida).
Il vecchio può diventare aggressivo se, nella sua condizione di vecchiaia, non gli vengono riconosciuti presunti diritti.
In conclusione: avere una personalità equilibrata non solo consente di eliminare i comportamenti aggressivi, ma anche di non incappare nella maggior parte delle cause dell’aggressività perché esse sono sostanzialmente eliminate.
Tu hai verificato se sei equilibrato? (fai il test Il test di personalità di Albanesi).
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Tino Gallinari
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