L’adozione è un istituto giuridico in virtù del quale, un soggetto privo di genitori naturali, o da questi non riconosciuto o non educabile, può diventare figlio legittimo di altri genitori.
Nel nostro ordinamento giuridico l’adozione è disciplinata dalla legge 184 del 4 maggio 1983; il suo scopo principale è sostanzialmente quello di assicurare una famiglia a un bambino.
La legge sopraccitata prevede sia la possibilità di adottare un bambino sul territorio nazionale (si parla quindi di adozione nazionale) sia quella di adottarne uno proveniente da un Paese estero; in quest’ultimo caso si usa l’aggettivo internazionale.
Affinché un bambino possa essere adottato è necessario che questi venga dichiarato “adottabile”, è cioè indispensabile che ne venga accertato lo stato di abbandono.
L’adozione nazionale
Di seguito, illustreremo a grandi linee come funziona l’iter burocratico relativo a un’adozione nazionale.
È opportuno premettere che la legge italiana che la disciplina prevede che vengano rispettati diversi requisiti; quelli fondamentali sono tre.
Innanzitutto i genitori che fanno richiesta di adozione devono essere uniti in matrimonio da almeno 3 anni (che possono essere conteggiati anche considerando un eventuale periodo di convivenza pre-matrimoniale more uxorio, locuzione quest’ultima che significa “secondo il costume matrimoniale”), in secondo luogo devono poter essere in grado di educare, istruire e mantenere i minori che intendono adottare e, infine, non deve sussistere uno stato di separazione personale (nemmeno di fatto).
Se questi e tutti gli altri requisiti previsti dalla legge sono soddisfatti, può iniziare la cosiddetta procedura adozionale. L’iter burocratico è articolato in quattro tappe: domanda, accertamento della capacità della coppia, affidamento preadottivo e dichiarazione di adozione.
La domanda deve essere presentata al Tribunale per i minorenni; ricevuta la domanda, il Tribunale dispone vari accertamenti che hanno lo scopo di stabilire se la coppia richiedente è idonea all’adozione; fra le altre cose devono essere valutate le capacità educative della coppia, le possibilità economiche, le motivazioni della domanda ecc. Le indagini vengono affidate ai servizio socio-assistenziali degli enti locali in collaborazione con la ASL; i servizi sociali dovranno poi stendere una relazione conclusiva che deve essere inviata al Tribunale.
Terminata la fase relativa agli indagini, il Tribunale esaminerà la relazione e, in base a quanto in essa riportato, stabilirà se sussiste o no l’idoneità della coppia all’adozione di un minore.
Se il Tribunale ritiene che i richiedenti siano idonei, disporrà l’affidamento preadottivo; è necessario il consenso del minore che abbia compiuto i 14 anni di età; se il minore ha un’età superiore ai 12 anni, ma inferiore a 14, non è necessario il consenso, ma deve comunque essere sentito (questo può accadere anche per soggetti di età inferiore, qualora il giudice lo ritenga opportuno).
L’affidamento preadottivo ha durata annuale e può essere prorogato per un altro anno; qualora si verificassero gravi difficoltà nella convivenza tra richiedenti e minore, l’affidamento può essere revocato.
Terminato il periodo dell’affidamento preadottivo, il Tribunale verifica la sussistenza delle condizioni previste dalla legge e, previo consenso del maggiore di 14 anni (o sentito il maggiore di 12), valutati informazioni e risultati, ascoltati i soggetti indicati dalla legge, può formulare il decreto di adozione.
L’adozione ha due importanti effetti: effetto legittimante ed effetto risolutivo.
In virtù del primo, il minore adottato acquisisce lo status di figlio legittimo della coppia adottante di cui assumerà il cognome; in virtù del secondo cessano i rapporti giuridici tra il minore e la famiglia di origine (fatta eccezione per gli impedimenti matrimoniali).
L’effetto legittimante non può essere revocato, fatta eccezione per il caso in cui il minore non si trovi di nuovo in stato di abbandono; in questo caso il precedente legame adottivo verrà estinto e potrà essere iniziato un nuovo procedimento di adozione.
Nell’ambito dell’adozione esistono i cosiddetti casi particolari (adozione particolare, art. 44 e seguenti L. 184/83); in questi casi il Tribunale deve accertare che l’adozione risponda all’interesse del minore; anche nel caso di adozione particolare è necessario il consenso del minore che abbia compiuto i 14 anni di età; il maggiore di 12 anni deve essere sentito personalmente dal giudice.
L’adozione particolare può essere revocata in caso di indegnità dell’adottato o di indegnità dell’adottante.

I tempi necessari per un’adozione possono variare, ma per l’adozione nazionale dovrebbero sempre aggirarsi sui 12-14 mesi
Riflessioni
L’adozione dovrebbe essere considerata un atto d’amore esattamente come la scelta di avere un figlio proprio. Per il Personalismo (e per la legge!) un figlio adottato è del tutto equivalente a un figlio naturale. Ben si comprende come il genitore debba essere un buon genitore.
Requisito fondamentale per esserlo è che l’adozione sia un atto d’amore verso il figlio e non un gesto egoistico. L’unica regola per approvarla deve essere quella che i genitori non la vogliano per sopperire a una loro mancanza di equilibrio. La domanda fondamentale è:
(1) se non avessi un figlio mio (adottato o naturale), potrei essere ugualmente felice?
Se la risposta è no, il soggetto non è equilibrato e dovrebbe astenersi dall’adozione, vista come mezzo della sua realizzazione e non come atto d’amore. Il figlio diventa cioè un mezzo con cui si cerca la propria felicità e ciò è veramente deludente. In particolare diventerà sicuramente critico il momento del distacco.
Si deve sottolineare che la gran parte delle coppie che adottano un figlio non supera lo scoglio della domanda (1).
L’altra domanda a cui il soggetto deve rispondere è:
(2) avendo le possibilità economiche e di tempo, se avessi un figlio naturale, ne adotterei uno?
Anche in questo caso, se la risposta è negativa, meglio lasciar perdere perché è evidente che il figlio adottato non sarebbe mai percepito come “proprio”, l’adozione sarebbe solo un gesto caritatevole, poco legato alla capacità genitoriale del soggetto.