Elaborai il principio di ripetibilità, pensando alla famosa canzone di Celentano, Il ragazzo della via Gluck: “perché continuano a costruire, le case e non lasciano l’erba… Eh no, se andiamo avanti così, chissà come si farà, chissà…”.
Il principio di ripetibilità che mi portò a formulare molte mie posizioni. All’inizio era semplicemente un’intuizione, ma, con il passar del tempo, divenne una solida base razionale.
Funziona così:
- Si deve analizzare una certa situazione.
- La situazione è ripetibile moltissime volte?
- Se sì, la si approva senza se e senza ma, altrimenti si deve procedere a una chiara limitazione.
Importante capire cosa si intende per moltissime volte. I detrattori del principio scambiano la locuzione con “infinite volte” e ovviamente nessuna situazione sarebbe approvata. Moltissime volte sottintende “in base alle variabili reali che sono in gioco”, ripetibile quante volte può essere realisticamente ripetuta.
La canzone di Celentano ci diceva chiaramente che l’ambiente sarebbe stato massacrato se avessero continuato a costruire; la situazione non era ripetibile. Non c’è stata nessuna limitazione e l’hinterland milanese è ecologicamente morto. Poi c’è chi loda i progressi di Milano come città, sempre più vivibile e magari verde (certo, ora ha anche le palme in piazza del Duomo), ma, l’ho detto più volte, è come chi non distingue l’amore con una prostituta da un vero amore. L’ambiente attorno a Milano è morto. Oggi esistono associazioni (come Salviamo il paesaggio) che tentano di applicare la limitazione, ma ormai, almeno in questo caso, è troppo tardi.
Su questioni più complesse il sito applica il principio di ripetibilità: così, per quanto riguarda l’accoglienza, è a favore di un’accoglienza limitata compatibile con la nostra identità culturale, la nostra economia e la nostra società; sull’ambiente è per una limitazione della popolazione (riduzione dell’antropentropia) perché è ridicolo che al G7 si parli di come riciclare i rifiuti senza capire che ogni politica fallirà se la popolazione nei prossimi 100 anni aumenterà del 50% (e quella che ora è povera vorrà, giustamente, vivere con più spazi a disposizione).
Chi non conosce la limitazione soffre di miopia temporale.
Onde evitare polemiche su grandi temi, vorrei applicare il principio su aspetti su cui tutti siamo d’accordo: il senso civico e la buona educazione.
In genere l’incivile – o il maleducato – (e fra gli italiani purtroppo ce ne sono moltissimi) che fa? Lui diventa l’eccezione che conferma la regola, si prende il diritto di “derogare”.
Così tutti sanno che non si dovrebbero mandare sms al cellulare mentre si guida, ma “per cause di forza maggiore, ho dovuto farlo. Poi, dai, mica sono imbranato, IO”.
Così tutti sanno che non si parcheggia in doppia fila, ma “se il comune è incapace di trovare parcheggi che ci posso fare? E poi, è solo per 10 minuti, che vuoi che sia…”.
Un altro esempio; alcuni giorni fa, sulla spiaggia del Ticino, una signora, all’apparenza civile, mi ha chiesto perché non lasciavo il cane libero, ma lo tenevo al guinzaglio e mi facevo il bagno portandolo a spasso nell’acqua bassa. Se fosse stata libera, Dolly avrebbe potuto giocare con il suo ecc. Risposta applicando il principio di ripetibilità: “premesso che porto qui Dolly perché non posso portarla in campagna perché è il periodo delle spighe e che se la lasciassi libera inseguirebbe le anatre e probabilmente la recupererei solo nelle Valli di Comacchio, qui siamo nel parco del Ticino e i cani non possono essere lasciati liberi; se tutti facessero come lei (principio di ripetibilità) e venissero qui liberando i loro cani, ha presente il fastidio per i bagnanti, per i ciclisti o per chi sta facendo jogging? Perché lei si autorizza a farsi le “sue” leggi?”.
Un altro esempio è offerto dall’abuso del concetto di “pubblico” sui social network. Molte persone confondono il fatto che un account privato sia visibile a tutti con il fatto che sia “di tutti”. “Pubblico” riferito a un account significa che è visibile a tutti, ma non che tutti possono gestirlo alla pari (infatti il titolare ha privilegi come il blocco, il silenziare, il segnalare ecc. che altri non hanno). Così capita che su un post che sostiene X si scatenino le reazioni di chi a X è contrario.

Il principio di ripetibilità dovrebbe essere una guida nelle scelte che hanno effetti a lungo termine e ad ampio raggio
Certo, la frustrazione di non contare nulla, la violenza di voler mettere a tacere una tesi che si ritiene assurda o l’ambizione di salire in cattedra e “insegnare come si vive” sono spesso le vere molle del comportamento, ma in molti casi c’è il puro tentativo di dialogare (senza capire che quando le posizioni sono distanti il dialogo è inutile, soprattutto per via scritta e con spazio limitato).
Applichiamo il principio di ripetibilità: se tutti coloro che sono contrari alle tesi di un account lo intasassero di obiezioni o di “confutazioni”, l’account diventerebbe ingestibile (e di fatto se ciò accadesse su ogni account i social media morirebbero). Ecco perché sia Facebook sia Twitter danno la possibilità all’utente di cancellare o di bloccare chi continua in maniera stucchevole a voler pretendere il dialogo.
Quindi, ricapitolando, quando siete in dubbio se una vostra azione sia corretta o no, chiedetevi: esiste una limitazione alla stessa e, se non esiste, se tutti la facessero, sarebbe corretta ugualmente o provocherebbe danni e/o fastidi?