Nella frase non c’è nessun errore.
A sorpresa (l’80% degli italiani lo scrive con l’apostrofo), qual è si scrive senza apostrofo perché trattasi di troncamento e non di elisione. Alcuni linguisti (Fochi) suggeriscono di accettare anche la forma con apostrofo, ma vi siete almeno posti il problema? Perché passare per ignoranti, visto che i grammatici condannano la forma apostrofata?
Dà (voce del verbo dare) si scrive con l’accento per distinzione dalla preposizione (da).
Fa si scrive senza accento perché non si può confondere con altre unità linguistiche (i nomi delle note non sono unità linguistiche; per coerenza chi scrive fa con l’accento dovrebbe scrivere anche rè per indicare il monarca).
Per lo stesso motivo sto si scrive senza accento.
Il tempo è 4’35″/km. Per un approfondimento.
Le vitamine sono composti organici essenziali per la nostra vita, presenti nelle cellule solo in tracce (piccolissime quantità).
Deve valere l’AND delle due condizioni, cioè entrambe devono essere vere. Molte sono le sostanze organiche (quindi i singoli elementi, come i minerali, sono esclusi) essenziali, ma la gran parte sono presenti in dosi non minimali. In passato sostanze definite come vitamine (come la colina, ex-vitamina B7, e gli acidi grassi essenziali, ex-vitamina F) furono poi escluse dal gruppo proprio perché non soddisfacevano il secondo punto.
L’errore è la parola uguale che non può essere usata per comparare superfici. Un matematico mai la userebbe. Le superfici sono equivalenti, non uguali. Pensiamo a due stanze di superficie equivalente, ma di forma diversa: non sono “uguali”. Anche le somme di superfici non sono uguali: se abbiamo un quadrato Q e un triangolo equilatero T di superficie equivalente (stessa area), se sommiamo due quadrati Q otteniamo un rettangolo, se sommiamo due triangoli T, un rombo.
Per due ragioni:
- La pupilla non è un organo, è semplicemente un orifizio circolare al centro dell’iride; è, volgarmente parlando, un foro.
- Quando è “eccitata” (cioè la luce colpisce l’iride), si restringe, non si espande!
Non ha nessuna importanza la grandezza del testone di Titti (Quello di: “Opps, mi è sembrato di vedele un gatto… – N.d.R.). Basta che il baricentro dell’uccello cada sul trespolo e l’equilibrio è assicurato. Se volete, provate a costruire l’asinello acrobata.
Se ci si limita a “riproporre il problema”, banalizzandolo, non si risponde alla domanda! Per esempio: “la camera costava 25 euro, infatti loro hanno i 3 euro indietro e gli ultimi 2 al facchino”. Questo è ovvio! Il difficile era rispondere alla domanda: dov’è finito l’altro euro? Cioè spiegare dove il ragionamento proposto era errato.
A cosa serve l’indovinello? – A sottolineare che quando parlate con un interlocutore è importante fargli capire dove il suo ragionamento è sbagliato, non riproporre il problema in altro modo (magari il vostro!). Tutte le soluzioni arrivate ridescrivevano il problema, senza smontare la trattazione originale. Cosicché uno poteva poi chiedere all’infinito: sì, ma dov’è finito l’euro?
La soluzione – La frase “dov’è finito l’altro euro?” esprime una sorta di teorema di conservazione dei soldi. Ovviamente tutti danno per scontato la verità del teorema: i soldi iniziali (30 euro) devono essere uguali a quelli finali, considerando tutti gli attori della scena. Cosa accade però se usiamo una logica scorretta (tipo quella de “la pulce a cui ho tagliato le gambe non salta quando le dico di farlo, quindi è sorda”) per esprimere il teorema? Che cadiamo in confusione.
Infatti si suppone che il teorema di conservazione dei soldi sia espresso dalla somma pagata dai clienti + i soldi del facchino. Sbagliato, ecco l’errore dell’originaria formulazione del problema! Perché somma pagata dai clienti significa soldi rimasti nelle tasche del portiere + soldi rimasti nelle tasche del facchino, cioè gli attori esterni ai clienti. Quindi abbiamo che i soldi rimasti nelle tasche del facchino sono contati due volte e si dimenticano invece quelli rimasti nelle tasche dei clienti dopo il pagamento.
La conservazione dei soldi (30 euro) si può esprimere in due forme:
- Soldi rimasti nelle tasche dei clienti + soldi rimasti nelle tasche del portiere + soldi rimasti nelle tasche del facchino
oppure
- Soldi pagati + soldi rimasti nelle tasche dei clienti.
Un caso evidente di come esprimere la realtà con leggi sbagliate porti a domande e conclusioni insensate. Per esempio potrei dimostrare che il denaro passato di mano si distrugge e che quindi non conviene eseguire movimenti: stesso indovinello, ma il portiere decide di omaggiare la stanza ai tre (cioè fa restituire dal facchino i 30 euro ai clienti), il facchino è onesto e non si tiene nulla. I tre clienti hanno quindi pagato zero euro per la stanza, il facchino non si è tenuto nulla, dove sono finiti i 30 euro? Sono rimasti nelle tasche dei clienti. Da questo esempio si capisce subito il grossolano errore di esprimere il totale dei soldi a operazione conclusa come somma pagata + soldi per facchino.
NOTA – Può sembrare che questa spiegazione sia troppo complessa, ma il problema è più complesso di quanto si pensi. Per risolvere la domanda occorre prima capire quale legge applicare (conservazione dei soldi), cosa non banale. A posteriori, dopo aver letto la soluzione, tutti capiscono che il totale dei soldi deve rimanere invariato. Ma quanti hanno capito a priori che l’indovinello descriveva tale legge in modo assurdo?