L’educazione dei figli può essere motivo di scontro fra moglie e marito: come punire un figlio, ormai adolescente, che inganna i genitori per passare la notte in una località di mare in compagnia di un amico e di due loro “amichette”?
Bugia del figlio – Il commento
Quando in famiglia un minore sbaglia, si sbaglia tutti.
I genitori – Sicuramente essere permissivi e sdrammatizzare non è il massimo perché non educa a nulla. Vuol solo dire sperare che il “figlio cresca bene, in fondo io non sono poi venuto così male”. A volte può essere un modo per fuggire tensioni o confronti. Il punto critico di questa strategia è che funziona con gli errori veniali, ma certi sbagli di minori sono “irreversibili”.
Anche essere molto severi non ha senso perché in fondo è un modo per scaricare sul ragazzo tutte le colpe di un mancato dialogo (che si fa sempre in due). Questo atteggiamento, se è iniziato già da tempo, può aver giustificato in parte la scelta del ragazzo.

Educare i figli è un fattore non trascurabile per chi è genitore e vuole migliorare la propria vita e quella dei suoi familiari.
Il figlio – Il suo errore è che crede di aver capito tutto della vita, è nella fase “i miei genitori non capiscono nulla”.
Io cercherei un dialogo con il ragazzo senza partire dal fatto.
“Spiegami perché ho fallito come genitore”. Lui (spero) minimizzerà, dicendo che “ha sbagliato, ma…”, che “vi vuole bene…”, che “l’avete educato bene” ecc. Il genitore scuote la testa e gli fa capire che “i genitori non dovrebbero servire solo per dargli da mangiare e per andare a scuola”, ma per essere i migliori amici prima che spicchi il volo verso la vita. Da lì il discorso scivola lentamente verso la sua immaturità, magari con ironia. (“ma c’era bisogno di fare tutta quella strada per andare con due ragazzine???”), cercando di intuire tutti gli errori che un adolescente commette in quella situazione, cercando di ristabilire la propria leadership che è stata oscurata da quella dell’amico. Se un ragazzino di 16 anni (l’amico) diventa il punto di riferimento del proprio figlio, non c’è da stare allegri.
Ovviamente questo funziona se si può essere (o diventare) un vero amico per il proprio figlio. In altri termini, si conoscono le sue musiche preferite, i suoi hobby, le sue aspirazioni, il tipo di ragazza che cerca, si “vive” con lui? Insomma, non si ignori la sua strada. E soprattutto il genitore cerchi di diventare o almeno si mostri al figlio come una persona equilibrata.
Consideriamo una madre apprensiva che vuole distogliere il figlio dal tornare tardi al sabato sera. Non ce la farà mai perché la sua ansia verrà vista dal figlio come la principale preoccupazione, qualcosa che esagera il reale pericolo. Davanti al telegiornale che mostra la solita carneficina post discoteca, un genitore può chiedere al figlio cosa ne pensa di quel massacro. Conosce già cosa risponderebbe suo figlio? Che è destino? Che a lui non succederà mai perché…? O altro? L’unica risposta sensata è che quei giovani sono stati solo stupidi, l’unica risposta da adulto. Se con la forza calma si smontano altre risposte falsamente intelligenti (“uno di noi non beve e guida”*) si acquista leadership e la prossima volta il figlio chiede al genitore, non all’amico ancora inesperto di vita. Un genitore può continuare a essere un capobranco oppure perdere leadership e diventare solo un caro vecchio con un piede già in un ospizio.
Quando capita l’occasione, occorre parlargli della vita e di quello che noi abbiamo capito. I genitori quando siamo piccoli ci raccontano le favole. Peccato che poi smettano e non ci svelino il fascino dei segreti con cui si vive al meglio.
* Spero che ogni genitore che legge questo scenario sappia smontare una risposta pseudointelligente come questa.