Ma parla per te è una locuzione che in questi tempi molte persone dotate di spirito critico dovrebbero usare spesso.
Prendiamo in considerazione alcuni eventi di questi ultimi giorni che i media hanno commentato in modo ampio e spesso eccessivamente retorico.
La nazionale – “Tutti gli italiani tiferanno per la nazionale che sta dando una grande prova, utile in questi momenti difficili per risollevare il nostro Paese”. Tutti? Al massimo il 70% della popolazione guarda la partita della nazionale e, oggettivamente, molti si accorgono che le sorti della squadra non influenzano minimamente la loro vita; perché includere tutta la popolazione in un delirio collettivo quando almeno la metà di essa è fredda o del tutto indifferente al risultato?

In riferimento al tifo sportivo, da parte dei media, molto spesso, si commettono errori di generalizzazione
Il papa –”Tutti gli italiani stanno seguendo la degenza del Santo Padre e sperano che ben presto possa affacciarsi per darci la sua benedizione”. Tutti? Ma se al massimo il 30% della popolazione e cattolico praticante e almeno un 20% non è credente? Quanti si chiedono: chi paga l’operazione del Papa? Avrà forse ricevuto un trattamento di favore rispetto a un povero diavolo ottantenne che ha la stessa patologia? Poi perché essere in ansia per la sorte di una persona che, tranne appunto per i veri praticanti, ha un peso marginale rispetto alla nostra vita? Non dovremmo forse essere in ansia per migliaia di persone che negli ospedali soffrono per malattie ben più gravi, tutto sommato ininfluenti sulla nostra vita esattamente come le sorti del papa? Personalmente, visto che ritengo il papa uno dei più grandi dispensatori di fake news, quando un Tg parte con il servizio, io giro canale, esattamente come quando si parla di astrologia: quando i media si accorgeranno che il papa non fa più audience, ne limiteranno il peso.
Raffaella Carrà – “Tutti gli italiani hanno provato un misto di dolore e commozione alla notizia della scomparsa di Raffaella Carrà”. Tutti? Ma se molti sono talmente giovani che ritengono il personaggio facente parte di un passato che a loro non appartiene; se molti, pur avendo di tanto in tanto assistito ai suoi show, non sono mai stati coinvolti oltre misura nelle sue prestazioni artistiche… Quando muore un personaggio importante, si deve valutare il suo concreto peso nella nostra quotidianità.
I condizionamenti omofobi
Come i più svegli avranno capito, usando termini come tutti, ognuno di noi ecc. i media non fanno altro che un lavaggio del cervello, portando gli ascoltatori verso condizionamenti classici: solidarietà, patosensibilità, romanticismo ecc. Ma cosa c’è dietro quel “tutti”? Sostanzialmente, c’è un atteggiamento omofobico. Stupiti di questa affermazione? Se io dico che “tutti i maschi vogliono trovare la donna della loro vita” automaticamente escludo quella parte di omosessuali che non cercano minimamente una donna, quindi di fatto, magari inconsciamente la mia visione sta propinando un condizionamento, una condanna dei maschi che cercano per esempio un uomo.
Un condizionamento è sempre un po’ omofobico perché di fatto tende a far apparire come non normali tutti coloro che escono da quanto affermato.
Se dico “tutti gli italiani desiderano andare al mare” è ovvio che boccio chi va in montagna (e magari “odia” il mare) e questo è chiaro per tutti gli ascoltatori; ma in molti casi (come in quelli soprariportati) il lavaggio del cervello è molto meno evidente.
Quando si commette (volutamente o no) un errore di generalizzazione, ecco che stiamo innescando un condizionamento; negli esempi sopra riportati si tende a distruggere ogni forma di indifferenza) quindi di fatto si tende a condannare il Neocinismo e tutte quelle correnti di pensiero che non danno grande importanza a eventi “lontani” dalla (cioè ininfluenti sulla) nostra vita.
Quindi, ricordatevi che a chi vuole buttarci nel calderone del “tutti” la risposta più semplice è: “ma pensa per te e non venirmi a infinocchiare con concetti di una retorica infantile e spesso superficiale”.
La vittoria dell’Italia
Qual è il modo più equilibrato di rapportarsi a un evento tutto sommato unico come la vittoria dell’Italia?
Cominciamo con l’escludere il “tutti gli italiani”: una minoranza non ha guardato la partita, preferendo programmi già registrati o la scarsa concorrenza che i canali che non trasmettevano la partita hanno offerto.
Ridicoli poi termini come “eroi” ecc. Altrettanto ridicole tutte le affermazioni che cercavano di stabilire un nesso causale fra vittoria dell’Italia e Italia grande Paese, Paese che si risolleva ecc. Ma chi le afferma non si accorge che non esiste nessuna relazione fra grandezza di un Paese e il calcio? Basta ricordare le tante vittorie del Brasile e il Brasile un grande Paese non lo è mai stato; oppure il fatto che USA, Cina e Russia nel pallone non hanno mai vinto nulla; oppure che la Norvegia, il Paese con il più alto reddito pro capite e sempre in testa nelle classifiche delle felicità, egualmente non ha mai vinto nulla.
Eppure, la politica, tramite i media, coltiva la dabbenaggine dei cittadini facendo credere loro che una vittoria valga il sogno di una vita. Fra gli oltre 400 licenziati via mail della Gkn di Campi Bisenzio chi non avrebbe barattato il ritorno sul posto di lavoro a tempo indeterminato per la vittoria dell’Italia? Idem fra chi ha difficoltà ad arrivare a fine mese: preferisci una sconfitta dell’Italia o un futuro economicamente roseo? Chi continua a scegliere la vittoria dell’Italia è da psichiatra.
Dietro al nazionalismo c’è sempre l’ombra del razzismo; esagerato? Ma se fra Italia e Gran Bretagna scelgo Italia solo per patriottismo, perché fra assumere un lavoratore italiano e uno extracomunitario (magari inglese, visto che ora anche loro sono extracomunitari), se scelgo l’italiano solo perché è italiano, sono definito razzista?
Analogamente, fra Berrettini e Djokovic, posso scegliere il primo non perché è italiano, ma magari perché è più simpatico, sono convinto che giochi meglio, è più equilibrato in campo, è più divertente ecc. Ma non certo solo perché è italiano.
Il modo migliore di essere tifoso della nazionale è quello espresso da Mancini (un soggetto che appare comunque equilibrato) ai Tg prima della partita, implicitamente bacchettando quei tifosi scalmanati soliti ad annegare le loro frustrazioni nella vittoria della loro squadra: “dobbiamo continuare a divertirci, in fondo è solo una partita di calcio”.