Il termine neet indica una persona, soprattutto giovane, che non ha né cerca lavoro né si dà da fare per costruirsi una formazione professionale capace di assicurargli un futuro.
Il termine è l’acronimo inglese di Not (engaged) in Education, Employment or Training.
Chi sono i neet – La neet generation
Ne parlo perché finalmente l’Italia è prima in qualcosa: lo certifica un recente rapporto diffuso dalla Commissione europea, secondo il quale nel 2016 in Italia in Italia i neet erano il 19,9% del totale nella fascia di età 15-24 anni. In classifica, dietro di noi, ci sono Bulgaria (18,2%); e Romania (17,4%). La media dell’Unione Europea è dell’11,5%, in Germania è del 6,6%, in Gran Bretagna e Francia rispettivamente del 10,9% e dell’11.9%.
Questi dati smentiscono tutti coloro che vedono gli stessi problemi italiani negli altri Paesi europei perché incapaci di analisi quantitative: negli altri Paesi si sta meglio semplicemente perché la popolazione è migliore. Anche altrove ci sono reati, fannulloni, corrotti ecc., ma la percentuale è decisamente inferiore a quella italiana. Semplice.
Ora la domanda è: come può un politico essere tanto fiducioso nel futuro dell’Italia quando un giovane su cinque è una zavorra, una palla al piede? È come fare una staffetta dove un frazionista è un obeso settantenne. Come si può essere competitivi?
Ma chi è il neet? Non necessariamente è un fannullone, uno scansafatiche o al peggio un drogato o un poco di buono. Spesso è semplicemente un giovane educato in modo troppo permissivo, vittima di quei lassismo e buonismo che hanno dominato gli ultimi decenni italiani.
Diciamo subito che un neet non è un disoccupato; è uno che non cerca nemmeno lavoro, se non per le pressioni della famiglia (quindi è una ricerca fittizia). Molti giovani sognano di fare i calciatori, i cantanti, di entrare nel mondo della moda o del cinema: saranno magari ingenui, ma almeno hanno in testa qualcosa.
Il neet no. Non ha interessi, non ha particolari passioni, se gli chiedi che lavoro vorrebbe fare non sa risponderti, a lui andrebbe bene tutto, anche se questa accondiscendenza alla fine diventa un alibi per la sua inazione.
A scuola non ha mai brillato, ma non è mai stato un lavativo, un diploma magari strappato coi denti, una laurea con il minimo sforzo o mai raggiunta perché la materia “non faceva per lui”. Nessun particolare interesse a valorizzarsi.
I genitori sono i classici nemici dell’aut aut che sperano sempre che il figlio diventi l’amministratore delegato di Telecom o di FCA e che quindi mai si sognerebbero di spiegargli che “o ti dai una mossa o è meglio che vai a fare…” segue elenco di lavori molto umili (ma rispettabilissimi) che al genitore che pensa di avere un figlio genio suonerebbero come offese personali.
In tutti i colloqui che il neet è spinto a fare, l’interlocutore capisce subito l’assenza di interessi e passa al prossimo candidato.

Un sondaggio Eulab indica che 30,8% dei neet è fiducioso di trovare lavoro, il 25,4% è disimpegnato (ha interrotto gli studi e s’impegnano pochissimo nella ricerca del lavoro), il 19,4% è sfiduciato (hanno una visione negativa del lavoro e non credono di trovarlo), il 7,8% è esigente (attendono un lavoro pari alle proprie aspettative), il 7,6% è agiato (si può permettere di non lavorare) e il 5,2% è un sognatore (sperano di trovare il lavoro desiderato, ma non fanno nulla per diventare competitivi).
Dura vita per i neet, oggi che la raccomandazione è passata di moda. Anni fa il neet era il classico raccomandato che entrava con un posto fisso nella pubblica amministrazione, una zavorra mantenuta dalla società che lavorava, magari diligentemente, ma con la lentezza di un bradipo. Oppure era quello che vivacchiava con il negozio apertogli dai genitori, sopravviveva grazie a condizioni economiche favorevoli; oggi che c’è crisi pochi scellerati genitori investirebbero in figli la cui più grande domanda esistenziale è “cosa fare oggi?”.
Ora non c’è più nemmeno la leva obbligatoria a svegliare i neet che comunque mai si sognerebbero di fare domanda per entrare nella Polizia o nei Carabinieri.
Insomma: essere neet è dura, ma è più dura per un Paese che, in un modo o nell’altro, li deve mantenere.