Pochi giorni fa stavo correndo con un amico, valente runner, stimato e intelligente professionista. Eravamo impegnati nella seconda ripetuta sui 1000 metri, sul mio solito circuito, io davanti e lui dietro. A un certo punto ci affiancano due camion che strombazzano, rasentandoci, facendoci chiaramente segno di correre sulla ciclabile (il circuito rettangolare di 3,3 km per un quarto dispone di una ciclabile, francamente impraticabile per chi corre, tanto è ondulata). Non so se il mio amico li abbia o meno mandati a quel paese (questa sarà la versione ufficiale della controparte), sta di fatto che i camion accostano 50 m più avanti. Uno dei camionisti scende. Capisco che cerca “giustizia” (in fondo noi eravamo dei criminali che infrangevano il codice della strada –qui non mi è chiaro se in presenza di pista ciclabile il pedone è obbligato a usarla- e andavamo puniti, se non con la pena di morte, almeno con orribili torture) e uso una tattica collaudatissima da anni di scontri: mi tengo a distanza, se l’altro vuole parlare lo faccia da 4 o 5 m (fra l’altro il galateo insegna a stare per lo meno a un braccio di distanza dall’interlocutore). Invito pertanto il mio amico ad andarcene, ignorando l’altro.
Lui “non ci sta” e si ferma ad affrontarlo. Vola qualche ceffone in due riprese, con il camionista che ha leggermente la peggio con un labbro dolorante. Riesco a convincere l’amico a desistere e finiamo il mille a 3’38”, un tempo da favola considerato l’handicap della veloce rissa. Siamo fermi a rifiatare, io parlo con gli occupanti del secondo camion, cercando di spiegare loro che è assurdo usare le mani per così poco e in effetti ottengo un certo riscontro. Purtroppo però l’altro camionista ridiscende dal camion con una spranga (forse è un nuovo metodo di allenamento e voleva stimolarci a fare il terzo 1000 a 3’20”) e viene verso di noi. Convinto dalla spranga, l’amico mi segue per una strada di campagna: ormai il programma è saltato e faremo un ampio giro, in tranquillità.
Dopo circa un km, stiamo commentando l’accaduto quando avvertiamo alle spalle l’arrivo di una vettura: è un pick up bianco che ci insegue sgommando alla massima velocità. Il camionista ha chiamato rinforzi e vuole “giustizia”. La scena mi ricorda tanto quelle puntate di Walker Texas Ranger in cui nello sperduto paese del Texas viene organizzata la caccia al povero “negro” di turno. Non c’è però tempo per le reminiscenze televisive e io e il mio amico dobbiamo dividerci, io mi butto a sinistra, lui a destra. Il nipote del camionista è un ragazzo atletico, ma probabilmente solo nell’aspetto perché regge per non più di trenta metri e si ferma quasi subito, lanciando un minaccioso “tanto ti prendiamo”. Risalgono sul pick up e, sfruttando il mezzo, cercano di tagliarci la strada. In fondo è divertente perché si può trasformare il tutto in un test: se la conoscenza vale qualcosa, visto che i campi in cui sono li conosco a memoria, deve essere banale seminarli. Infatti, intuisco le strade che sono intenzionati a fare per chiuderci e non ho difficoltà a evitarli, finendo il mio allenamento con un lungo lento in boschi di pioppi e campi arati pronti ad accogliere il riso.

Assassini nati – Natural Born Killers è un film del 1994 diretto da Oliver Stone, interpretato da Juliette Lewis e Woody Harrelson
Arrivo a casa, non c’è nessuno, chiamo mia moglie sul cellulare e vengo sapere che il mio amico è barricato in una casa di una frazione vicina con zio e nipote che “lo aspettano fuori”. Dalla casa ha chiamato rinforzi (noi) e i carabinieri che arrivano poco prima del mio arrivo. Molto professionalmente separano i contendenti e sentono le versioni (ne esce che il mio amico avrebbe rotto gli occhiali al camionista –occhiali mai visti- che si è nel frattempo dimenticato della spranga e di tutti gli insulti che ci ha gettato dietro). Chiedo di poter parlare con il camionista e con il nipote (cosa tristissima: questo non c’entrava nulla, non era nemmeno presente, ma, chiamato per l’onore della famiglia, si era sentito in dovere di unirsi alla caccia); a malincuore (da questo capisco che i carabinieri in queste occasioni trovano veramente pochissima gente che sa mantenere la calma) il maresciallo me lo consente. Chiedo semplicemente perché ce l’avevano con me, perché volevano farsi giustizia da soli, se domani quando mi rivedranno correre mi tireranno sotto con il camion. Disarmati dalla calma, diventano le persone più buone del mondo, il camionista si scusa raccontando la storia di un suo ribaltamento per colpa di un pedone disattento, mi dà del tu, sorride e si stupisce della mia ipotesi di un futuro investimento: in fondo lui è una brava persona!
Riassumiamo. Il mio amico è un pacifista convinto, ha una fiducia e una speranza nell’umanità quasi utopistiche però non ha saputo astenersi dal conflitto, adducendo la giustificazione che quando gli mettono le mani addosso lui non ci sta; l’altro è una brava persona, ma questo non gli ha impedito di scendere dal camion armato di una spranga e di innescare una lunga caccia all’uomo.
Morale. Più d’una.
1) Correre è lo sport più semplice, ma comincia a diventare difficile se le donne vengono aggredite/apostrofate da idioti o da maniaci; se si è aggrediti da cani più o meno pericolosi; se si entra in rotta di collisione con automobilisti che non hanno mai fatto sport seriamente ecc. Per correre bene è necessario usare strategie intelligenti, senza avere la pretesa che gli altri si adeguino a noi.
2) In un Paese civile possedere un’arma non deve essere un diritto (sto pensando agli USA). Sostituiamo (come purtroppo è successo) alla spranga la pistola; sostituiamo il nipote dotato solo della sua gioventù con una persona dotata di fucile. Alla fine anche una “brava persona” può uccidere.
3) È abbastanza inutile essere brave persone o pacifisti se poi nell’animo si è violenti. Ritengo che almeno il 90% della popolazione, poco o tanto lo sia: basta osservare la violenza sulle donne, sui minori, nei posti di lavoro, ma anche e soprattutto la tendenza a usare la forza quando non serve e la tendenza a farsi giustizia da soli (l’estremista è sempre un violento perché l’unica civiltà possibile è quella che passa attraverso la legge). Tempo fa un runner, molto amico del sito, mi scrisse di aver provato il test di personalità di Albanesi e di essere stato giudicato “violento”. Lo disse scherzando, ma se leggerà questa pagina, vorrei che riflettesse sul fatto che nell’episodio che ho raccontato un giorno potrebbe trovarsi lui nei panni della brava persona.